Come si agitano disperatamente gli orfanelli italioti di Trump, sistematicamente ospitati nei complici talk show delle televisioni, perché ormai è chiaro che il loro faro guida è stato sconfitto alle elezioni più drammatiche, dirompenti e divisive che mai gli Stati Uniti abbiano affrontato. Ricorda, in un certo qual modo, lo scontro tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen, sconfitta durante uno scrutinio che i giornali francesi definirono “epocale”. Il tentativo di affondare la democrazia, allora come oggi, fu respinto in extremis dal popolo francese che – per citare Montanelli che usò questo termine ma Indro si riferiva ai democristiani…- si turarono il naso e votarono Macron pur non apprezzandolo.

Nel suo piccolo, il nostro Matteo Salvini ha contribuito ad affossare Donald Trump sfoggiando una mascherina che lo inneggia, poiché, ormai è assodato, ogni cosa che il ducetto legaiolo fa è destinata al fallimento… nonostante l’evidenza, i leghisti continuano a dire in tv (l’hanno fatto pure il 5 novembre) che il presidente americano ormai uscente non ha ancora perso, bisogna aspettare lo spoglio sino all’ultima scheda e verificare che non ci siano stati brogli – insomma, ripetono per filo e per segno quel che Donald ha sprezzantemente detto in tv prima che si delineasse la sconfitta, “io ho vinto perché lo dico io!”, e poi, aggiunge il coro europeo dei sovranisti che sta starnazzando nei social, c’è aria di brogli elettorali…

I giornaloni di casa, non quelli francesi e nemmeno quelli britannici, sostengono che il voto degli americani è stato contro Trump più che a favore di Joe Biden. Qualcuno ipotizza una sorta di fatwa covidiana, l’effetto negativo del coronavirus sui leader populisti, oggetto di un articolo del mensile Atlantic, prestigiosa testata fondata nel 1857 che si vanta d’essere schierata a favore “della libertà, del progresso nazionale, e dell’onore, sia pubblico sia privato”. Onore che mai come in queste ultime ore Trump ha dimostrato di non possedere.

E’ possibile prevedere, più nei tempi che nelle conseguenze, l’effetto Biden sul resto del mondo? Tanti gli scenari. Per esempio, il già traballante Boris Johnson perderà un appoggio fondamentale, immaginate di camminare grazie a due stampelle e di averne persa una. Mosca, per tradizione e per convenienza, accetterà il verdetto e lascerà dire alla stampa di regime, cioè quasi tutta, che la posizione russa nei confronti degli Stati Uniti resta immutata, e che certo verrà avviato un nuovo modo di confrontarsi sui punti caldi dell’emergenza mondiale: Covid, ovviamente (i vaccini, cioè il grande business), Mediterraneo, la strategia egemonica turca già problematica per la Nato, ma anche per la Russia perché Erdogan sta espandendo la sua influenza sulle repubbliche ex Urss, dal’Azerbaigian al Turkmenistan.

Biden, infatti, più volte ha affermato di voler far tornare l’America “leader del mondo libero”, e di voler cancellare questi quattro anni di perniciosa politica internazionale che ha portato gli Stati Uniti in rotta di collisione con il resto del globo, a cominciare dalla Cina e dall’Unione Europea. E’ dunque probabile che si contrapporrà, in modo deciso, contro i regimi illiberali che stanno infestando il pianeta, e che riconoscevano in Trump l’uomo della loro provvidenza.

Così, cercherà di ridare senso e peso al ruolo della Nato, svilito dal disinteresse (che tanto faceva comodo al Cremlino) di Trump che la ritiene un carrozzone troppo costoso, ridando dignità ai rapporti sfilacciati dalla precedente (e sciagurata) politica estera della Casa Bianca. Toccherà perciò a Biden un paziente lavoro di ricostruzione della reciproca fiducia coi partner europei (non credo che cancellerà gli “accordi di Abramo” in Medio Oriente. Agirà in nome della democrazia e della “pax americana”, nel solco classico della linea seguita da Washington. Insomma, il ritorno del “baluardo” Occidente).

Nessuna illusione, dunque, né sogni marcusiani: ma un lento ritorno alla normalità. Non a caso, appena si è delineato il successo di Biden, le Borse hanno reagito positivamente. Un segnale che Trump non ha digerito, perché lo condanna alla sconfitta, e perché esprime il biasimo di chi rigetta e ritiene indegne e indecorose le minacce di non volere accettare il responso del voto.

In fondo, l’America sa che difficilmente ci saranno, in tempi brevi, correzioni radicali nei contenziosi che riguardano la Cina, poiché sono in tutti o quasi i settori dell’economia, della tecnologia, della geopolitica (Pacifico, Via della Seta, Africa). Pechino, infatti, non si illude. Spera in un atteggiamento meno barricadiero di Washington: in fondo, conviene ad entrambi di ricalibrare i delicati rapporti. Così come conviene all’Unione Europea, vaso di coccio in mezzo a grosse botti d’acciaio.

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