Inutile girarci intorno: comunque finiranno le elezioni presidenziali statunitensi, il dato che emerge fin da ora è che se non fosse stato per la pandemia Donald Trump avrebbe stravinto. Ora, considerando che stiamo parlando del paese guida dell’Occidente cristiano, liberale e democratico, la lezione da trarne è una soltanto: stiamo assistendo al tramonto di quell’Occidente, perlomeno come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi.

Non si tratta di riconoscersi nei democratici o nei repubblicani, né di definirsi di destra o di sinistra, tanto per attingere alle categorie novecentesche. Il punto è un altro e riguarda i fondamenti stessi della nostra civiltà: culturali, politici, etici. Sì, perché si dà il caso che l’attuale presidente degli Stati Uniti è dichiaratamente e fieramente omofobo e sessista.

Ma non solo (e non tanto): ha innalzato un muro vergognoso al confine messicano, separando bambini dai genitori, persone dai propri amici e affetti. Ha infranto leggi, evaso le tasse, sigillato accordi oscuri e inquietanti con Vladimir Putin (non propriamente un democratico, liberale e cristiano della prima ora…).

Infine, ha visto il paese da lui governato, gli Stati Uniti d’America, devastato da oltre 230 mila morti per un virus che lo stesso presidente ha negato, attribuito ai cinesi, minimizzato, fino all’irresponsabile gesto di invitare i propri cittadini a non farsi condizionare la vita dal Covid-19. Insomma: reazionario, negazionista e incline a strizzare l’occhiolino ai movimenti suprematisti, razzisti e xenofobi.

Non c’è nulla, in Donald Trump, di cristiano, democratico e liberale. Eppure, il popolo del paese guida di un Occidente che pur si ostina a richiamarsi a quei valori, lo vota in massa, tanto che malgrado i fallimenti, gli scandali e le vergogne del suo mandato presidenziale, quello di Trump è un sostanziale testa a testa con il candidato democratico Joe Biden.

Ma sia chiaro, non è mia intenzione farne una questione morale, né tantomeno moralistica. Il punto è un altro. Siamo di fronte a un cambiamento di paradigma dell’Occidente come lo abbiamo inteso fino ad oggi. Come spiegare, infatti, che il popolo americano vota in massa un presidente con quelle caratteristiche, e che anche in Italia Matteo Salvini e Giorgia Meloni (in due rappresentano ormai quasi il 50% dell’elettorato, stando ai sondaggi) non si fanno alcuno scrupolo a sostenere di tifare per il candidato dai biondi capelli?

Qui arriviamo al punto che molti, specie a sinistra (per quello che ne è rimasto), non vogliono considerare: cioè il fatto che per molte persone peggio di Trump, quindi peggio di chi è appoggiato da nazisti, razzisti, suprematisti, negazionisti ed evasori fiscali, c’è soltanto Joe Biden e tutto quello che egli rappresenta. Ma allora la domanda è d’obbligo: cosa potrà mai rappresentare di peggio, l’esponente democratico, rispetto alle posizioni trumpiane appena elencate?

Voglio precisarlo subito: per me poco o nulla è peggiore della galassia ideologica e antropologica incarnata da Trump. Ma qui occorre spogliarsi dell’irrilevante posizione soggettiva, per fare i conti con l’assai più cogente dato oggettivo di un presidente (e in generale di idee, convincimenti e azioni pratiche) che ottiene largo consenso sia nel suo paese sia in molte altre nazioni del consesso occidentale.

Non v’è dubbio che democratici, laburisti e in generale di sinistra sono stati quei politici (e relativi governi) che a partire dagli anni Novanta del secolo scorso (quindi dopo il 1989) hanno promulgato la maggior parte delle leggi con cui banche, finanza e miliardari hanno acquisito il governo del mondo, e con cui, parallelamente, si smantellava il sistema keynesiano in vigore dalla fine della seconda guerra mondiale, insieme alle tutele e ai diritti dei lavoratori e delle classi sociali più disagiate.

L’aumentare della sofferenza economica e sociale che ne è derivata per una larga fetta della classe media, insieme all’aumento esponenziale della disuguaglianza e dei privilegi riservati ai ricchi e alle loro cerchie molto ristrette, ha creato quella situazione esplosiva che, per molti versi simile al periodo immediatamente successivo alla prima guerra mondiale, vede oggi molte persone preferire l’”uomo forte”. Come anche preferire toni xenofobi, razzisti, sessisti, sovranisti e negazionisti, se l’alternativa dev’essere una “sinistra” che ha smesso di occuparsi di diritti economici, di difesa del lavoro, di tutela della giustizia sociale.

Di tutto questo ci parla la sorprendente e scandalosa forza di politici come Trump, e prima sapremo vederlo (e correre ai ripari), prima potremo trovare un’alternativa valida e gradita alla popolazione. Perché sia chiaro, dopo il gravissimo errore di aver sottovalutato Trump e le politiche disastrose che lo hanno prodotto, il devastante errore successivo consisterebbe nel pensare che con la sua eventuale sconfitta il problema sarebbe superato.

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