Ieri sera, verso la fine della trasmissione di Formigli su La7 (circa all’una di notte), è arrivato il collegamento con gli Usa dove Donald Trump ha preso la parola per denunciare ripetutamente i numerosi “brogli” che stavano avvenendo negli Stati (Arizona, Nevada e Pensilvania soprattutto) dove lui si trovava in vantaggio nella conta dei voti e, dopo la chiusura dei seggi, improvvisamente hanno cominciato a pervenire migliaia di voti quasi tutti a favore di Biden.

Secondo lui è un evidente tentativo di truffa a suo danno per rubargli questa elezione. Lui non lo permetterà.

Si è poi calmato un attimo per citare i suoi sostenitori: dalla sua parte ci sono i poliziotti che svolgono un duro lavoro per difendere la nostra libertà. Dall’altra invece ci sono i soldi di Wall Street a sostenere la campagna di Joe Biden. Lui lavora esclusivamente per restituire all’America il suo posto di leader (naturalmente evita di citare i soldi che gli arrivano dai suoi compari, come lui padroni dei più grandi casinò del mondo).

Poi ha cominciato una lunga manfrina sulle illegalità commesse nello spoglio delle schede voto che sono arrivate ben oltre la chiusura delle urne (fingendo di non sapere che le regole, con qualche differenza da Stato a Stato, lo consentono). Per il voto (come il mio) che arriva per posta da oltre oceano, il voto è valido persino se arriva entro l’8 novembre).

Tutto questo, dice lui, è orchestrato sapientemente dai democratici che vogliono scippargli il risultato.

Poiché è invece tutto ampiamente previsto nelle regole che accompagnavano le istruzioni per il voto, la sua sceneggiata piena di accuse appare solo un furbesco modo per incitare la sua tifoseria a protestare pubblicamente, così da rendere inevitabile una lunga e puntigliosa rilettura di tutti i voti in quegli Stati dove il voto è in bilico.

Benché sia comprensibile a chiunque che, in una elezione fortemente condizionata dal pericolo di contagio pandemico, la scelta di votare per posta è del tutto naturale e che da molto tempo lui ha operato, in accordo coi repubblicani, per scoraggiare questa scelta (dovuta al noto fenomeno di forte astensione nel voto da parte dell’elettorato più povero, o di colore o “latino”) è risaputo che, da mesi, i repubblicani scoraggiavano fortemente la scelta del voto per posta, mentre i democratici sapevano che invece potevano vincere soltanto incoraggiando il maggior numero possibile di elettori a votare in qualunque modo fosse a loro consentito. Infatti anche il voto anticipato, nei seggi e nelle urne volanti, non è mai stato prima d’ora così alto.

Viene persino il sospetto che lui abbia volutamente tenuto un basso profilo nella prevenzione al contagio (no alla mascherina ecc.) proprio per tenere alta la paura e favorire così la rinuncia al voto per non rischiare. Questa scelta potrebbe essere confermata anche dalla sua decisione di abbandonare il censimento della popolazione, che negli Usa si svolge ogni dieci anni, quindi quest’anno. Anche questa appare essere una manovra dei repubblicani per evitare che, col censimento, venissero ridisegnate le circoscrizioni elettorali, il numero dei grandi elettori, ecc.

Quindi Trump ha proseguito per un buon quarto d’ora, o più, a denunciare ripetutamente i brogli e la corruzione in atto al solo scopo di cambiare il risultato del voto.

Il giornalista Federico Rampini, in collegamento con Formigli, ha subito commentato come “un mare di bugie” le affermazioni di Trump. E’ perfettamente noto che i voti arrivati per posta vengono scrutinati dopo quelli dati di persona nei seggi.

Ad un certo punto però, siccome Trump continuava a ripetere le sue accuse di brogli senza dire nulle di nuovo, le emittenti Tv hanno interrotto bruscamente il collegamento… e insieme anche quell’interminabile messaggio che ormai non aveva più niente da dire.

Ora però emerge in grande evidenza tutta la sua strategia: le accuse di brogli costringono i media a dare grande risalto alla questione, quindi, localmente nei seggi dove si fa lo spoglio delle schede, a fare maggiori verifiche (richieste a gran voce anche dal suo “esercito” di avvocati). Tutto questo richiederà tempi molto lunghi (forse anche di mesi). Ma siccome gli Stati Uniti non possono stare tutto questo tempo senza un governo in carica con pieni poteri, ecco che arriverà l’inevitabile richiesta di fa intervenire la Corte Suprema a decidere.

Proprio dove voleva arrivare Trump, da quando aveva cominciato a “fiutare” il pericolo della forte affluenza al voto.

Perciò: “Era già tutto previsto…” come diceva Riccardo Cocciante in una sua bella canzone degli anni 70. Anche Trump aveva già tutto previsto, e quando gli è arrivata l’occasione di poter eleggere alla Corte Suprema un altro giudice (la Barrett) non se l’è lasciata sfuggire.

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