Non riesco a far pace con questo ricordo. Riemerso la sera del 28 ottobre (il mio compleanno, tra l’altro), quando una tv nazionale ha ritrasmesso Il camorrista di Giuseppe Tornatore, la storia, romanzata ma non troppo, della vita di Raffaele Cutolo.
Il ricordo risale al 1981. Avevo 10 anni. Una sera di luglio di quell’anno mio padre scappò dal ristorante ‘La Pompeiana’ di Sorrento: ‘C’è Criscuolo, andiamo via’, quasi gridava a mia madre, mentre io piangevo per la pizza saltata. Ci ho messo quasi 40 anni per capire: avevo assistito a un frammento delle scorie della trattativa Dc-camorra-Brigate Rosse per la liberazione dell’assessore regionale campano Ciro Cirillo. Era stato sequestrato ad aprile e la sua liberazione avvenne poche settimane dopo, il 24 luglio.
Ho capito incrociando confidenze di mia madre e notizie apprese nel mio lavoro di cronista di giudiziaria del Fatto quotidiano. E ho capito che mio padre non aveva mentito quando con un mio amico si vantò di aver partecipato con qualche milioncino delle vecchie lire alla colletta orchestrata dalla Dc di Antonio Gava per pagare la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Era il ‘prezzo’ della mediazione con le Br, per mettere fine al rapimento Cirillo. Forse fu raccolto un miliardo e mezzo di lire in banconote, forse il doppio.
Mio padre si chiamava Pasquale Iurillo, è morto nel 2010 e non ha lasciato il ricordo di una persona la cui parola valesse oro colato. Per lui parla la sua storia di imprenditore a Castellammare di Stabia e Gragnano. Per lui parlano i nomi dei soci e delle amicizie che si scelse, gli affari compiuti con alcuni suoi parenti tra il territorio stabiese e il settentrione, e con altri sodali scelti tra ambienti discussi e discutibili, in vari campi: automobili, edilizia, assicurazioni Rc auto, informatica, call center.
Parla per lui la scelta di non aver versato un euro di contributi previdenziali, dopo aver depredato mia madre di un paio di appartamenti appartenuti ai suoceri (e provò, chiedendo false testimonianze in giro, a depredare anche le proprietà dei figli, ma non ci riuscì). Mia madre ora vive nella povertà della pensione sociale, dimenticata dai familiari di mio padre. Derubata e abbandonata.
Mio padre, purtroppo, aveva davvero pagato la Dc e la camorra. L’ho compreso da questo.
1) Quel Criscuolo era Giorgio Criscuolo, il capocentro dei Servizi Segreti, di Castellammare di Stabia, che su input del senatore gavianeo Francesco Patriarca (poi condannato per camorra) partecipò tra il 28 aprile e il 5 maggio 1981 a tre incontri in carcere ad Ascoli con Cutolo per la liberazione di Cirillo (è tutto scritto in una relazione della commissione Antimafia del 1993).
2) A quegli incontri partecipò con un lasciapassare del Sisde anche l’imprenditore stabiese Adolfo Greco. Greco era un prestanome di Cutolo nell’acquisto del Castello Mediceo di Ottaviano, e per questo fu condannato. Ora è agli arresti e sotto processo con nuove accuse di camorra.
3) Tra aprile e luglio avvennero numerose riunioni tra faccendieri di Gava, della Dc e della camorra ed imprenditori locali ai quali fu chiesto, suggerito, imposto di partecipare alla colletta per liberare Cirillo, promettendo piaceri e finanziamenti pubblici in cambio.
4) Mio padre corrispondeva al profilo: era in difficoltà economiche, si era indebitato per l’acquisto di una villa, gli fu garantito un finanziamento pubblico coi fondi post terremoto. Che non gli arriverà mai e l’azienda chiuderà. Era in società in una concessionaria automobilistica con un costruttore, Ludovico Imperiale, che qualche anno prima fu copresidente della Juve Stabia con Renato Raffone, uno dei boss del clan stabiese dei D’Alessandro.
Raffone molti anni dopo morirà mentre sconta una condanna per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti. Nel 2016 Imperiale tornerà agli onori della cronaca perché i finanzieri ritroveranno a casa sua a Castellammare di Stabia un paio di Van Gogh rubati. Erano stati ‘ricettati’ e nascosti lì dal figlio, Raffaele Imperiale, il superboss del narcotraffico internazionale, latitante a Dubai.
5) Nella sua concessionaria lavoravano fiancheggiatori e amici di Patriarca.
6) In circostanze troppo complicate per poter essere raccontate qui, nel 2012 ho visto coi miei occhi una foto della festa di matrimonio di Adolfo Greco: raffigurava Greco, la moglie, mio padre e mia madre. Greco era un imprenditore del settore caseario, gruppo Latte Berna-Cirio. Per qualche anno la squadra di basket femminile di Gragnano presieduta da mio padre fu sponsorizzata dal Latte Berna. Nelle stesse circostanze, oltre alla foto visionai una vecchia visura dalla quale risultava che mio padre fu socio di un altro condannato per favoreggiamento di Cutolo.
8) A metà degli anni 80 il basket Gragnano accettò l’invito a trascorrere la preparazione precampionato in una tenuta di Poggiomarino. Era una delle proprietà di Pasquale Galasso, il numero due del clan Alfieri.
Cosa successe quella sera al ristorante ‘La Pompeiana’? Forse mio padre voleva sfuggire all’obbligo di pagare, e fu costretto a farlo nei giorni successivi. Oppure aveva già dato, e non aveva piacere a incontrare ancora quelle persone. E’ certo che molti anni dopo si vantò di aver contribuito a quella colletta. E purtroppo tutto lascia ritenere che sia vero. E io in questi giorni ho compiuto 50 anni e ancora non riesco a far pace con questo ricordo.