Quando i finanzieri si erano recati in Regione Friuli Venezia Giulia per sequestrare fatture, scontrini e ricevute riguardanti le spese dei gruppi consiliari, avevano trovato il capogruppo Danilo Narduzzi della Lega Nord intento a distruggere documenti con un tritacarte. Prova inequivocabile del tentativo di far sparire elementi a carico che avrebbero potuto dimostrare, come ora è stato, che nelle note spese dei consiglieri finivano giustificativi di tutti i tipi. Perfino i cenoni di Capodanno, il cibo per cani, cure estetiche, viaggi di piacere e regalini alla fidanzata. A distanza di oltre un lustro, Narduzzi è stato condannato a due anni e 6 mesi per peculato e concorso in peculato a causa delle “spese pazze” che non avevano nessun legame con l’attività istituzionale, ma che servivano semplicemente come pezze giustificative per ottenere il rimborso fissato dalle leggi della Regione autonoma.

A quell’epoca ai vertici della Regione c’era Renzo Tondo di Forza Italia, governatore dal 2008 al 2013, e lo scandalo non riguardò solo il gruppo leghista. La sentenza è stata emessa in Tribunale a Trieste dal gup Massimo Tomassini, mentre l’ex consigliere (è di Pordenone) era difeso dall’avvocato Alessandro Da Re.

L’indagine risale alla fine del 2012, quando le contestazioni riguardarono anche altri consigli regionali italiani, per l’allegro andazzo di giustificare con qualsiasi ricevuta quello che veniva rimborsato dalla Regione, facendolo diventare, di fatto, un automatismo che incrementava un già sostanzioso stipendio. Il lavoro della Finanza è stato meticoloso. Hanno acquisito scontrini e ricevute, controllandole poi una ad una. I consiglieri friulani si erano fatti rimborsare di tutto, anche il barbiere e i cambi gomme dell’auto, bottiglie di vino, biglietti aerei, e vacanze. Narduzzi si è così trovato anche a rispondere di quello che avevano fatto i colleghi di partito.

Nelle spese attribuite direttamente a Narduzzi c’erano, ad esempio, 6 euro per un ingresso in uno stabilimento balneare, 45 euro per uno swatch, circa 500 euro per un veglione di Capodanno, 38 euro per il cibo per gatti, 105 euro per un paio di scarpe da donna, schiuma da barba, cosmetici, sigarette e accendini. I finanzieri erano risaliti anche a chi aveva effettuato gli acquisti, visto che c’erano prodotti femminili, comperati da un’addetta del gruppo leghista e poi rimborsati a Narduzzi. Non manca neppure un mobile, qualche libro non propriamente di argomento politico (“Cinquanta sfumature di nero” e “Cinquanta sfumature di rosso”), guanti, foulard e strumenti musicali.

Narduzzi aveva patteggiato una pena di un anno e 10 mesi nel 2016, poi però la Cassazione aveva annullato la sentenza per mancata restituzione di quanto l’imputato aveva incassato. E così si è arrivati a un nuovo processo di primo grado, con una pena più severa.

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