Scuola

In chat e poi a scuola scatta l’ora X: mamme sul piede di guerra contro le mascherine in classe

Quando finalmente hanno realizzato che anche nelle zone gialle e arancioni la mascherina sarebbe stata obbligatoria per tutta la durata dell’orario scolastico, è scattato l’allarme.

Le prime a intasarsi sono state le chat, con vere e proprie fazioni contro l’uso della mascherina in classe perché “è dannosa”, “crea danni respiratori”, “è stretta”, “il bambino non riesce a respirare”. Qualcuna ha cercato di mettere insieme più mamme possibile per scrivere una petizione ed esonerare all’uso una specifica classe. Altre hanno detto che sarebbe stato meglio tornare alla didattica a distanza (?!?), altre promuovevano un’uscita anticipata.

Questa mattina, davanti a scuola, sembrava di ritrovarsi in mezzo a quei picchetti formatisi in questi giorni negli Stati Uniti davanti ai seggi elettorali. Una rabbia sorda sobbolliva, non ancora pronta a fare il botto, si spandeva a macchia d’olio. Bambini tirati nel mezzo, incerti se rassicurare loro stessi i famigliari o accettare l’investitura per una battaglia non loro.

Ho sentito mamme far ripetere frasi create ad hoc da loro, mandarli avanti a combattere contro un Golia che non esiste. Il nemico non è la maestra di turno, non è la ministra Azzolina e non può esserlo Conte. Sarebbe come incolpare “Iddu”, il vulcano di Stromboli, del suo continuo eruttare. Davanti a un fatto compiuto, – e questa pandemia con la sua seconda, virulenta ondata è inconfutabile – non si può pestare i piedi reclamando il mondo che esisteva un anno fa. Tornerà, forse, ma adesso bisogna ridisegnarlo e per farlo bisogna abbassare la testa e rimboccarsi le maniche.

Gli effetti della pandemia hanno colpito tutti, sia a livello materiale che a livello psicologico. C’è chi ha perso il lavoro, gli esigui risparmi in banca, le vacanze e il privilegio di farle, la possibilità di rivedere i propri famigliari lontani, chi ha perso un padre, una madre, un amico o un amore.

I bambini, a cui dovrebbero essere risparmiate – come dovere morale di un genitore – le brutture del mondo, vengono invece spesso messi in prima linea e usati come spugne sulle quali instillare le proprie paure. Se fai sentire al bambino la pressione che provi da adulto, l’incertezza per il futuro, quello stesso bambino subirà un transfert ansiogeno a sua insaputa. E non saprà come gestirlo.

Siamo d’accordo che la mascherina sia scomoda (più per noi che per loro), ma i bambini non sono ostaggi a Guantanamo e le maestre non sono replicanti dell’infermiera Ratched. Molti hanno forse dimenticato troppo in fretta che durante il lockdown, mentre gli adulti si autocelebravano facendo concerti sui balconi, postavano video di focacce e balletti demenziali, i bambini continuavano – in qualche modo – ad andare a scuola e non dicevano bau.

Quelle stesse mamme che sono sul piede di guerra ora, lo erano prima per le nuove regole anti-Covid che non permettevano più di avere un “compagno di banco”, il pranzo tutti insieme in sala mensa, l’educazione fisica come una volta, lo scambio delle merende. Erano quelle che si lamentavano perché i loro figli non avrebbero vissuto le stesse loro esperienze.

Fermo restando che nessuno ricalca le orme della generazione precedente (e meno male), dobbiamo partire dal presupposto che ad oggi, quello che sta accadendo non solo in Italia, non solo in Europa, ma nel resto del mondo, è un fatto eccezionale. Non poter più assaggiare la merenda del proprio compagno di classe (che per altro, accade ancora) non è neanche l’ultimo dei problemi, piuttosto la frazione di un atomo dei problemi.

Il grande, grandissimo rischio (oltre non essere in grado di superare questa orrenda pandemia) non è il metro tra un compagno e l’altro, ma ritornare a chiudersi in casa, è vivere la scuola con la sterile didattica a distanza. È privare i nostri figli di una quotidianità, certamente mutata, ma che ancora esiste e resiste.

Per questo è importante accettare, anche a malincuore, l’uso della mascherina. Tranquilli: è come il primo giorno d’asilo. Scalpitano, offrono interpretazioni da Juilliard School, sembrano morsi dalla tarantola, ma appena voltate l’angolo smettono di piangere. Allo stesso modo scorderanno di portare la mascherina, e questo perché sono cento volte più flessibili di noi, più avanti di noi. Perché loro lo status quo non sanno neppure cosa sia, il loro ieri è niente in confronto al loro domani. Fatevene una ragione, e imparate da loro.

E soprattutto, lasciate i bambini fuori dalle vostre scaramucce da “grandi”.