I dirigenti degli uffici scolastici regionali non ne hanno voluto sapere di imposizioni da parte dei sindaci sugli orari d’ingresso a scuola. Anzi, la maggior parte ha escluso la possibilità che potessero essere emanate delle ordinanze per modificarli. Poi ci sono i presidi, che hanno preferito fare da soli, mentre il ministero dell’Istruzione si è appellato alla necessità di lavorare insieme ai primi cittadini in modo tale da far combaciare i nuovi orari con le corse di autobus e tram. Risultato? Gli ingressi scaglionati, soprattutto alle superiori, non sono mai stati applicati o sono serviti a poco per salvare la didattica in presenza. Soprattutto nelle città in cui i mezzi pubblici non hanno potuto modificare le loro corse. Così il dpcm dello scorso 18 ottobre, intervenuto per permettere alle scuole secondarie di secondo grado in situazioni più critiche di far entrare i ragazzi a partire dalle ore nove, a due settimane dalla sua emanazione è rimasto praticamente lettera morta.

Tutto nonostante nei mesi scorsi la maggior parte sindaci era del parere di modificare gli orari di ingresso e uscita dagli istituti. Il primo cittadino di Firenze, Dario Nardella, a metà ottobre spiegava: “Garantiremo massima collaborazione al governo e al ministro De Micheli, perché abbiamo visto che solo in questo modo si possono trovare le soluzioni”. Anche Clemente Mastella il 17 ottobre scorso da Avellino sottolineava quanto fosse necessario scaglionare gli ingressi e le uscite dagli istituti per evitare assembramenti. E lo stesso sindaco di Bari e presidente dell’Associazione nazionale comuni italiani il 16 ottobre scorso aveva chiesto alla ministra dei Trasporti De Micheli di scaglionare gli orari di ingresso nelle scuole, visto che non si possono aumentare i mezzi pubblici”.

I primi cittadini, però, si sono trovati con le mani legate. E a quelle dichiarazioni non ha fatto seguito alcun provvedimento. A detta loro non possono disporre sugli orari delle scuole a causa dell’autonomia scolastica. Lo stesso Decaro anche in recenti e burrascose riunioni con la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha chiesto un intervento sul sistema scolastico, resistente a operare modifiche in questo senso: “Non possiamo – spiega il presidente dell’Anci – metter mano agli orari delle scuole. Per spostare di un’ora l’ingresso alle superiori è stato necessario fare un Dpcm. L’autonomia scolastica lascia questo potere nelle mani dei dirigenti scolastici. Nemmeno gli uffici scolastici regionali possono intervenire. Avevo posto il problema già lo scorso mese di maggio ma il governo non vuole toccare l’autonomia”.

Chi sta a capo degli uffici scolastici regionali rivendica invece la necessità che le scuole restino autonome. “Il sindaco – spiega il dirigente dell’Usr dell’Emilia Romagna – può fare un intervento sulla sanità, ma non può decidere sull’autonomia della scuola disponendo gli orari di ingresso e uscita delle scuole”. In Regione gli scaglionamenti sono stati messi in atto nella minoranza degli istituti, ma a detta di Versari la situazione è sotto controllo. Non cambia la musica per la direttrice dell’Usr del Veneto Carmela Palumbo: “Un’ordinanza da parte dei sindaci di questo genere sarebbe un provvedimento invasivo dell’autonomia delle scuole. Va detto che sono mancati degli accordi territoriali proficui. Il Dpcm del 18 ottobre scorso che aveva previsto l’entrata dopo le 9 non è stato recepito da nessuno. D’altro canto se tutte le scuole entrassero più tardi gli assembramenti si continuerebbero a fare”. Di diverso parere Rocco Pinneri che presiede l’Usr Lazio: “I primi cittadini potrebbero fare un’ordinanza di questo genere ma non ha senso firmarla. Dipende dai mezzi pubblici usati dagli studenti. È opportuno lasciare che siano i dirigenti a decidere”.

Resta il fatto che se un preside stabilisce un orario di ingresso per le superiori successivo alle nove, ma mancano i mezzi pubblici per consentire agli studenti di arrivare a quell’ora a scuola, il rischio è che tanti ragazzi siano costretti a partire da casa con le corse di sempre per poi attendere all’esterno il suono della campanella. La conseguenza è che agli orari di punta autobus e tram restano sovraffollati e il rischio contagio aumenta. È per questo che, sin dall’inizio, il ministero dell’Istruzione ha chiesto che tra istituti scolastici, uffici provinciali e sindaci ci fosse la massima collaborazione. “Abbiamo cercato di trovare soluzioni ma non è stato facile”, chiarisce il capo dell’Usr del Piemonte Fabrizio Manca. “Il sistema dei trasporti non riesce ad assicurare un’offerta tale per cui le scuole possono differenziare gli orari”. Ora che il nuovo dpcm ha diviso il Paese in tre aree, però, imponendo ovunque la didattica a distanza alle superiori, il tempo per trovare quella soluzione è scaduto.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

La didattica a distanza è necessaria, ma così si aggrava il disastro culturale creato da Internet

next
Articolo Successivo

In chat e poi a scuola scatta l’ora X: mamme sul piede di guerra contro le mascherine in classe

next