Può ancora commettere abusi e per questo resterà in carcere Alberto Genovese, l’imprenditore milanese fermato nella notte tra venerdì 6 e sabato 7 novembre. Le accuse a suo carico sono di violenza sessuale, detenzione e cessione di stupefacenti, sequestro di persona e lesioni. Il 43enne, fondatore di Facile.it (azienda che ha ceduto e in cui non ha più alcun ruolo dal 2014) e fino a domenica presidente di Prima Assicurazioni, è accusato di aver stuprato una giovane di 18 anni, dopo averla resa incosciente con un cocktail di sostanze stupefacenti, durante una festa nel suo appartamento di Milano. Il giudice per le indagini preliminari, Tommaso Perna, ha convalidato il fermo e disposto la custodia cautelare in carcere dell’uomo, accogliendo la richiesta della procura.
Per il giudice, ci sono anche tutte e tre le esigenze cautelari, ovvero il pericolo di reiterazione del reato, di inquinamento delle prove e di fuga. Secondo gli investigatori, il 43enne aveva intenzione di fuggire con il suo jet privato, come risulta da una intercettazione telefonica, e raggiungere il Sudamerica. Inoltre il caso della 18enne non è l’unico: nei giorni scorsi un’altra ragazza si è presentata dai magistrati per raccontare di essere stata violentata da Genovese a Ibiza la scorsa estate, con le stesse modalità. Il gip Perna ha per questo respinto le richieste dell’imprenditore, che chiedeva i domiciliari a casa della madre o della compagna, e disposto la custodia cautelare in carcere.
Per il giudice l’indagato ha “manifestato una spinta antisociale elevatissima ed un assoluto disprezzo per il valore della vita umana, soprattutto di quella delle donne”. La sua personalità, alla luce degli atti, viene ritenuta “altamente pericolosa, giacché del tutto incapace di controllare i propri impulsi violenti e la propria aggressività sessuale. È, pertanto, elevato il pericolo che tale propensione (..) possa trovare ulteriore sfogo in altri fatti illeciti dello stesso tipo o di maggiore gravità” . Sempre secondo il giudice Alberto Genovese “ha agito prescindendo dal consenso della vittima, palesemente non cosciente (…), tanto da sembrare in alcuni frangenti un corpo privo di vita” di cui l’uomo ha “abusato, come se fosse quello di una bambola di pezza”. Ed anche quando “la vittima ha ripreso un barlume di lucidità, iniziando ad opporsi (…) sino ad implorare il suo aguzzino di fermarsi, lei non è stata ascoltata dal carnefice che, imperterrito, ha proseguito (…) a drogarla e a violentarla”.
Le indagini hanno permesso agli investigatori di ricostruire la dinamica degli eventi: secondo una prima ricostruzione, durante una festa organizzata da Genovese in ottobre la giovane è stata costretta a subire ripetuti rapporti sessuali e ad assumere cocaina e ketamina. La violenza si è consumata il 10 ottobre in un lussuoso appartamento con vista sul Duomo di Milano noto come Terrazza Sentimento. L’attico ora è sotto sequestro. Dalla ricostruzione, la vittima sarebbe stata violentata per ore e ore in una stanza a cui un bodyguard impediva l’accesso, anche all’amica che chiedeva di lei. Soltanto il giorno dopo la ragazza è riuscita a riprendersi e a dare l’allarme. Dopo di che sarebbe scappata in strada, semi svestita e senza una scarpa, per chiedere aiuto. Era dolorante e con segni sul corpo: al centro per le violenze sessuali della Clinica Mangiagalli le hanno prescritto 25 giorni di prognosi.
Una serie di testimoni hanno raccontato che Genovese era solito fare festini a base di alcol e droga messi a disposizione degli invitati. L’imprenditore, interrogato ieri dal giudice, aveva dichiarato: “Chiedo di disintossicarmi perché da quattro anni sono dipendente dalla cocaina. Quando sono sotto gli effetti della droga, non riesco a controllarmi e non capisco più quale sia il confine tra ciò che è legale e ciò che è illegale. Ho bisogno di cure“.