Politica

Covid, prima la surreale lezione Cotticelli poi Zuccatelli. Noi calabresi non ce la facciamo più

Chi ha drogato il generale Cotticelli? È questo il giallo che si tenta di risolvere in queste ore in Calabria. Perché se è vero che i calabresi sono abituati al malaffare, alla mala amministrazione, alla mafia, talvolta anche alla mala giustizia e a tutti i mali del mondo, lo spettacolo di cabaret a cui ci ha costretti l’ex commissario per la Sanità, Saverio Cotticelli, è un fatto decisamente nuovo che tuttavia deve indurci a più di qualche considerazione.

Già dopo la puntata di Titolo V di Rai 3 l’imbarazzo per noi calabresi era davvero considerevole. Perché l’ex generale dei carabinieri ha ammesso di non sapere che fra le sue competenze ci fosse anche quella di redigere il piano anti-Covid, in una regione dichiarata zona rossa non tanto per il numero dei contagi ma a causa di decenni di commissariamenti, di mala gestione amministrativa, della mancanza di posti letto e di misure adeguate in questo periodo di emergenza sanitaria. Tale dichiarazione ha di fatto provocato le sue dimissioni decise sapendo che “da qui domani mi cacciano”, giocando così solo di anticipo.

Tuttavia non potevamo immaginare che Cotticelli non sarebbe finita così. Perché il vero colpo di scena è arrivato domenica sera, durante la trasmissione Non è l’Arena di Massimo Giletti, quando ha tirato fuori un copione imbarazzante. Cotticelli ha detto che non era lucido nel momento in cui faceva l’intervista con l’inviato di Titolo V. Non solo: ha ammesso di aver avviato una indagine sulla sua persona e in una successiva intervista a Luca Telese ha dichiarato “sto valutando con il mio medico, sto ricostruendo quello che è accaduto il giorno dell’intervista, è tutto molto strano. Gli orari, le modalità… non torna nulla”.

E ancora peggio le sue allusioni: quelle relative alla masso-mafia che avrebbe frenato la sua azione legalitaria, il suo essere integerrimo servitore dello Stato. Ma perché in tutti questi anni non è andato a denunciare?

Cotticelli sicuramente è una brava persona che si è trovato completamente impreparato a svolgere il difficile incarico che gli è stato affidato. Sicuramente non ha alimentato la catena di collusioni e malaffare in cui più volte è stata travolta la sanità calabrese. Ma non basta essere onesti per ricoprire determinati incarichi. Servono delle competenze, delle professionalità capaci di dare risposte concrete ai bisogni della gente.

La lezione Cotticelli, che davvero ha preso una piega surreale, a quanto pare, però, non è bastata. Perché dopo qualche ora dalla revoca del suo mandato è stato nominato un nuovo commissario e anche questa volta non si è scelto in base al curriculum o per determinati meriti, bensì sulla base della stessa logica dei premi agli amici e amici degli amici. Il nuovo commissario è infatti in buoni rapporti con il ministro della Salute, Roberto Speranza, ed è stato candidato con Leu. Ma la frase che l’ha reso celebre non riguarda i suoi legami politici: il nuovo commissario Giuseppe Zuccatelli è una specie di negazionista o, meglio, un no mask. Lo scorso maggio ha dichiarato “ti becchi il virus solo se ficchi la lingua in bocca ad uno per 15 minuti. La mascherina non serve a un cazzo”.

Noi calabresi non ce la facciamo più. Chi scrive sa benissimo che ci sono delle persone capaci e competenti nella regione che possono ricoprire certi incarichi anche se non sono amici di nessuno. È ora di dire basta: basta con il racconto di una Calabria in cui c’è sempre la mafia come sfondo. Perché se diciamo che tutto è mafia allora niente è mafia. Basta lasciare che siano sempre gli altri a parlare di noi, abbiamo competenze e professionalità in tutti i campi che dobbiamo valorizzare. Spetta a chi la Calabria la conosce, in tutte le sue sfumature, raccontare quello che succede, contribuire a cambiare quello che non va. Siamo stanchi degli esperti di Calabria. Sappiamo di avere i nostri problemi ma sappiamo anche quali sono le nostre potenzialità.

Questa volta ci siamo arrabbiati per davvero. E ci arrabbieremo ogni volta che si usano luoghi comuni o che qualcuno si arroga il diritto di essere un esperto di ‘ndrangheta solo perché ha scritto quattro articoli sulla Calabria. Abbiamo dato pane a un sacco di gente che non avrebbe saputo di che vivere se non fosse stato per le nostre disgrazie. È ora che torniamo a riprenderci quello che ci è stato tolto.

Non abbiamo bisogno di figure – manifesto, di personaggi illustri o pescati non so dove. Abbiamo bisogno della normalità che non ci è mai stata concessa (almeno a quelli della mia generazione) degli esperti migliori della nostra terra, delle menti illuminate che pure ci sono, dei politici per bene, delle persone oneste, di quelle che sanno svolgere il proprio lavoro senza essere amici di nessuno.