Da un lato le istanze dei costruttori per il sostegno a un mercato dell’auto messo al tappeto dalla pandemia. Dall’altro la volontà del Governo di confermare, attraverso gli ecoincentivi suddivisi per classe di emissione, una linea ecologista, anche a scapito dei volumi di vendita (e dell’Iva derivante). È questo lo scenario che si è venuto a creare dopo il Decreto Agosto, che ha suddiviso le risorse destinate agli ecoincentivi in quattro fasce ambientali.

I 100 milioni di bonus riservati alle auto con emissioni di CO2 comprese fra 91 e 110 g/km, che fanno il grosso dei volumi di vendita, si sono esauriti in appena una decina di giorni, facendo segnare al computo delle vendite di settembre un robusto +9,5%. Miracolo che, però, non si è ripetuto a ottobre, mese in cui le immatricolazioni sono rimaste sostanzialmente in linea con quelle di ottobre 2019.

Da qui sono scaturite le richieste dell’Unrae (l’Associazione delle Case automobilistiche estere, che in Italia rappresentano i ¾ del mercato) di superare gli “elementi di rigidità” degli ecobonus, nonché di poter “travasare le risorse da una fascia emissiva all’altra o di prevedere un fondo unico”. Il che andrebbe a vantaggio dei volumi di vendita, specie in considerazione del fatto che l’ecoincentivo per la fascia 91-110 è, anzi, era di 1.500 euro con rottamazione, più 2.000 di contributo del concessionario (e di 750 euro senza rottamazione, più mille di contributo del concessionario).

Mentre per chi compra un veicolo con emissioni comprese tra 0 e 20 g/km, cioè un’auto elettrica, l’incentivo è di 8 mila euro con rottamazione (a cui si aggiungono 2 mila euro di contributo del concessionario) e di 5 mila euro senza rottamazione (a cui vanno sommati 1.000 euro di contributo del concessionario). Nella fascia 21-60 g/km, cui appartengono le auto ibride ricaricabili (le plug-in), il contributo è di 4.500 euro con rottamazione (a cui si aggiungono 2 mila euro di contributo del concessionario), 2.500 euro senza rottamazione (a cui vanno sommati 1.000 euro di contributo del concessionario).

Va da sé che il gettone statale destinato alle vetture elettriche permetterebbe di incentivare l’acquisto di circa 6 auto termiche a basse emissioni, ovvero quelle della categoria 91-110. Nel caso del bonus per le plug-in, invece, questo equivale a 3 gettoni per le vetture termiche 91-110.

In altri termini, gli ecobonus riservati alle auto a bassissimo impatto ambientale, plug-in ed elettriche, fanno a cazzotti con il business dei costruttori. Gli stessi che, però, le hanno promosse e continuano a promuoverle come panacea al problema del riscaldamento globale, spesso spinti a loro volta dalla poca lungimiranza dei Governi.

Dalle scelte politiche, comunque, sono derivati i moniti dei costruttori sul rischio di lasciare inutilizzati parte dei fondi previsti dallo Stato, pur a fronte di “una quota di domanda che resta insoddisfatta”, ovvero la domanda di chi sceglie le auto 91-110. Lo scorso agosto l’Unrae, suggeriva che “l’introduzione di un plafond per ogni singola fascia incentivata non rispetta minimamente la reale capacità di assorbimento del mercato: il Centro Studi e Statistiche UNRAE stima che a fine anno avanzeranno svariate decine di milioni sulla porzione da 0 a 60 g/km”, quella delle vetture plug-in ed elettriche.

Stima che, però, si sta rivelando non troppo corretta: infatti, se è vero che a inizio ottobre rimanevano disponibili 35 milioni per le elettriche e le ibride plug-in della fascia 0-60 g/km e 61 milioni di euro per le auto con emissioni di CO2 comprese tra i 61 e i 90 g/km (le ibride), a inizio novembre gli incentivi per le auto con emissioni di anidride carbonica comprese tra 61 e 90 g/km sono esauriti, mentre dei fondi per le auto che rientrano nella fascia 0-60 g/km, cioè le elettriche e le ibride plug-in, avanzano circa 20 milioni.

Appare chiaro, dunque, che se è vero che i fondi per le vetture termiche tradizionali a basso impatto ambientale sono stati polverizzati in pochi giorni, quelli per le vetture plug-in ed elettriche si esauriscono in maniera più lenta ma altrettanto inesorabile. E, molto probabilmente, non ne avanzeranno svariate decine di milioni, come inizialmente teorizzato da Unrae.

Certo è che il settore – che occupa 160 mila addetti, solo nell’area commerciale, in Italia e fattura complessivamente oltre 50 miliardi di euro – va sostenuto ad ogni costo, anche quando si parla delle auto 91-110: “Appare evidente, nell’attuale fase di emergenza economica, che la scelta di non rifinanziare i fondi legati alla fascia di CO2 più importante dal punto di vista dei volumi ha immediatamente rifermato il mercato”, Michele Crisci, Presidente dell’Unrae: “A questo punto è chiarissima la necessità di dare maggiore continuità al sostegno del settore automotive, già a partire dalla prossima Legge di Bilancio”.

Vero, poi, che gli ecobonus hanno fatto impennare le richieste di rottamazione di veicoli con almeno 10 anni di anzianità: il che va nella direzione di una maggiore tutela ecologica, come richiesto dal Governo stesso, e dello svecchiamento di un parco auto circolante fra i più vetusti in Europa. Senza contare che “gli incentivi varati e già esauriti (della classe 91-110, ndr.), non solo hanno ravvivato un mercato in fortissima crisi e salvato posti di lavoro, ma hanno prodotto in poche settimane un maggiore incasso per lo Stato e contribuito positivamente al PIL”, sostengono Federauto (Federazione Italiana Concessionari Auto) e Unrae: “Le misure, che si sono complessivamente autofinanziate, hanno infatti fruttato ulteriori 58 milioni di euro incrementali in gettito IVA, oltre ai maggiori introiti legati all’immatricolazione dei veicoli, tra cui l’IPT”.

Ecco perché le richieste del settore automotive affinché il Governo rifinanzi gli aiuti statali nel 2021 sono più che fondate: “È indispensabile che nella prossima Legge di Bilancio, attualmente in fase di elaborazione, il Governo dia seguito a quanto dichiarato nelle scorse settimane di stanziare altri 400 milioni in aggiunta all’ecobonus”, afferma Crisci: “Non deve essere poi trascurato il fatto che ogni euro destinato al rinnovo del parco auto non è un regalo al settore ma piuttosto un investimento, che finora ha dato frutti positivi: sia in termini ambientali, con la rottamazione dei veicoli più inquinanti, sia come ritorno per le casse dello Stato in termini di gettito fiscale superiore allo stanziamento dedicato”.

Atteso che gli ecoincentivi fanno bene al mercato, all’ambiente e si “autofinanziano”, ora l’Unrae spinge affinché i nuovi fondi eventualmente stanziati vengano suddivisi secondo una logica più semplice (e anche più redditizia per il mercato): la speranza è quella di riuscire a dividere le risorse in una fascia di CO2 0-60 g/km e creare un plafond comune per le auto con emissioni fra 60 e 105/110 g/km.

Infine, da parte di Unrae esiste una certa apertura all’ipotesi che gli ecoincentivi vengano scadenzati su un lasso di tempo semestrale e che siano accessibili, addirittura, solo per chi rottama un’auto anziana. A loro volta le elettriche e le ibride plug-in (la categoria 0-60 g/km di CO2) potranno continuare a contare, fino al suo esaurimento e in aggiunta ai nuovi incentivi, anche sul rifinanziamento del vecchio ecobonus, pari a 111 milioni di euro.

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