Dopo gli attacchi di Parigi, Nizza e Vienna, il clima si è surriscaldato con le polemiche scoppiate fra il Presidente francese Emmanuel Macron e il suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan. Il Sultano si è erto a paladino dei musulmani in risposta a quelle che ha giudicato aperte accuse all’Islam da parte del capo dell’Eliseo, che aveva promesso una stretta sull’Islam radicale e una riforma per rendere compatibile la religione ai “valori della Repubblica”, e tra i due sono volate parole grosse. “Cos’ha il presiedente Macron contro l’islam? Dovrebbe farsi curare, vuole riprendere le Crociate”, ha affermato, tra le altre cose, il presidente turco. L’ombra della strumentalizzazione politica si staglia su questa presa di posizione così plateale a difesa del mondo musulmano. E dietro a questa mossa c’è una donna. É Gülnur Aybet, alto consigliere del presidente turco e membro del Consiglio Presidenziale per la sicurezza e la politica estera. In poche parole, il braccio destro di Erdogan.
In pochi giorni l’Europa è ripiombata nell’incubo del terrorismo islamico. Eppure non sono mancate le schermaglie fra capi di Stato, come fra il presidente Erdogan e Macron. Dovremmo essere tutti uniti contro il nemico comune, Daesh, non crede?
La Turchia, essendo l’unico membro della Nato che ha sofferto maggiormente gli attacchi terroristici sul suo suolo, soprattutto negli ultimi anni, condanna inequivocabilmente tutte le forme di terrorismo e ha fatto più della sua giusta parte nella lotta contro il terrorismo, sia in patria che all’estero. Sebbene la Turchia sostenga la libertà di parola, riteniamo che gli insulti gratuiti a ciò che è sacro per gli altri feriscano profondamente le persone e non servano ad altro che a seminare discordia e aumentare il problema già acuto della crescente islamofobia in Europa.
Non crede che questo clima ostile fra Stati teoricamente amici possa aver favorito gruppi come Isis? I toni utilizzati nello scontro politico non rischiano di avallare certe convinzioni su cui si fonda il radicalismo islamico?
L’Europa ha da tempo problemi di islamofobia. Le critiche del presidente Erdogan al presidente Macron erano dovute ai commenti sconsiderati del presidente Macron sull’Islam che hanno ferito profondamente la comunità musulmana in Europa e nel mondo. Qualsiasi tensione sorta negli ultimi tempi tra i due Paesi non ha aggravato i problemi già esistenti di islamofobia e intolleranza che l’Europa deve affrontare.
Quindi sta dicendo che è tutta colpa dell’Europa?
Le politiche attuate in alcuni Paesi europei come Francia e Austria, che discriminano la popolazione musulmana, stanno facendo diventare l’islamofobia una prassi dominante in nome dei “valori europei”. I valori europei dovrebbero essere basati sulla tolleranza e sul multiculturalismo, non sull’intolleranza e sul razzismo. I leader europei devono stare attenti a come gestiscono questa situazione poiché i loro commenti e azioni possono non solo alimentare tendenze razziste di estrema destra da un lato, ma radicalismo dall’altro. Le persone che soffriranno di più per le conseguenze di queste scelte saranno i musulmani che vivono in Europa. È questo ciò che vogliono i leader europei?
Immagino di no. Cosa dovrebbero fare allora, secondo lei?
Ciò che serve è un nuovo senso di responsabilità nell’affrontare l’islamofobia e il radicalismo da parte dei leader europei, piuttosto che una cieca intransigenza che difende mode antiquate di eccezionalismo culturale. È solo attraverso queste politiche responsabili che la cultura europea può essere ammirata ancora una volta in tutto il mondo per i suoi valori e il suo illuminismo.
La Turchia è presente in molti scenari internazionali, ricoprendo ruoli decisivi, come in Libia. In che modo si sta impegnando concretamente nella lotta al terrorismo internazionale?
La Turchia è l’unico membro della coalizione internazionale contro l’Isis ad aver ripulito in Siria più di 2mila chilometri quadrati dai terroristi di Daesh e lo ha fatto da sola (in realtà, gran parte dei territori in mano a Daesh nel nord-est del Paese sono stati riconquistati dalle Forze democratiche siriane a maggioranza curda supportate dall’aviazione della coalizione occidentale a guida statunitense, ndr). É stata anche l’unico membro della coalizione ad aver subito la maggior parte degli attacchi terroristici dello Stato Islamico sul suo territorio. É stata uno dei primi Paesi a esprimere solidarietà alla Francia dopo gli attacchi di Nizza e all’Austria dopo gli attacchi di Vienna perché conosciamo fin troppo bene il trauma che tali attacchi lasciano nella società. Ricordo che la Turchia ha subito 21 attacchi dell’Isis sul suo territorio che hanno provocato 315 morti. Senza contare che ha subito 35 anni di attacchi del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan, ndr) che hanno provocato 15mila morti.
A proposito di Siria. Proprio lì operano le milizie curde Ypg, l’Unità di autodifesa popolare, che sono scese in campo contro l’Isis. Eppure, recentemente il presidente Erdogan ha chiesto alla Nato di inserirle nel novero delle organizzazioni terroristiche. Perché?
Gli attacchi che la Turchia ha subito da parte del Pkk si sono esacerbati negli ultimi anni, da quando questo gruppo si è unito e viene aiutato dalle Ypg. Nella lotta al terrorismo la Turchia ha condotto tre operazioni in Siria, vicino al suo confine, per proteggere queste aree dall’Isis e dal Pkk che sono direttamente responsabili degli attacchi terroristici in Turchia. Eppure, mi faccia dire, in tutto questo tempo non abbiamo ricevuto quasi alcun sostegno nella nostra lotta contro il terrorismo dai nostri alleati europei. Anzi, al contrario, alcuni dei nostri alleati europei hanno apertamente sostenuto le Ypg e il Pkk che costituiscono una terribile minaccia alla sicurezza per noi. Tuttavia, siamo solidali con i nostri alleati europei, nella lotta contro tutte le forme di terrorismo.