Produzione, raccolta differenziata e riciclo. In ogni passaggio della filiera di gestione dei rifiuti di plastica qualcosa si perde e, ad oggi, tende ancora a concentrarsi nel rifiuto indifferenziato. Le ragioni sono diverse e gli effetti delle falle del sistema sono descritti in un’analisi effettuata da Ispra e illustrata da Andrea Lanz, responsabile dell’area tematica Contabilità Rifiuti dell’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale nel corso del convegno ‘La filiera della plastica nella gestione dei rifiuti urbani: confronto tra best practices a livello internazionale’ svoltosi nell’ambito di Ecomondo. I dati sono quelli dell’ultimo rapporto dell’Istituto sui rifiuti urbani, ma il focus è proprio sulla filiera dei rifiuti in plastica. “Il risultato fa capire quanto sia importante migliorare tutti i passaggi della filiera – spiega Lanz a ilfattoquotidiano.it – dalla progettazione di imballaggi con meno plastica alla raccolta, fino al riciclo e al riuso che oggi vedono ancora troppi ostacoli, di diversa natura, proprio per la plastica”.

Nei rifiuti urbani prodotti, 4 milioni di tonnellate di plastica – I rifiuti si possono dividere in rifiuti urbani e rifiuti speciali e la plastica si trova in entrambi. La produzione nazionale dei primi supera i 30,2 milioni di tonnellate e nel 2018 (ultimo anno analizzato) è aumentata del 2%, riallineandosi al valore del 2016, mentre aveva subito un forte calo tra il 2011 e il 2012. Al Nord siamo a 14,3 milioni di tonnellate, al Centro a 6,6 milioni e al Sud 9,2 milioni. La produzione nazionale di rifiuti speciali si attesta a intorno ai 143,5 milioni di tonnellate (+3,3%). Lo studio si è concentrato però su quelli urbani, anche perché i rifiuti in plastica prodotti da questo circuito (sia da imballaggio sia da altra plastica, come gli ingombranti) rappresentano circa il 70% del totale. “Le plastiche – ha commentato Lanz – arrivano soprattutto da lì”. Se immaginiamo come una torta il totale dei rifiuti urbani prodotti in Italia, in base ai da dati sulla composizione merceologica dei rifiuti urbani indifferenziati e sulla raccolta differenziata, alla frazione organica (con i rifiuti biodegradabili da cucine e mese e il verde della manutenzione di giardini e parchi) andrebbe una fetta del 35,5%, carta e cartone costituiscono il 22,6%, mentre i materiali plastici rappresentano una quota del 12,9% (ossia 3,9 milioni di tonnellate). Il resto è composto da vetro, pannolini e materiali assorbenti, tessili, RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche), legno, metalli e altro ancora. Quella percentuale è il nostro primo dato: rappresenta quanta plastica c’è nella produzione di rifiuti urbani.

Nella raccolta differenziata finisce solo un terzo – Il primo passaggio è quello della raccolta differenziata. La percentuale di raccolta differenziata sulla produzione nazionale di rifiuto urbano nel 2018 è del 58,1% (ossia 17,5 milioni di tonnellate) con una crescita di 2,6 punti rispetto al 2017. Al Nord si sale al 67,7%, al Centro è al 54,1% e al Sud 46,1%. Solo che i numeri della plastica sono diversi. Perché quando si passa dalla torta dei rifiuti urbani prodotti a quella dei rifiuti differenziati, quelli plastici rappresentano solo il 7,8 per cento del totale. Nel 2018 la frazione plastica della raccolta differenziata è stata pari a poco più di 1,3 milioni di tonnellate. È il 7,4% in più rispetto al 2017, ma circa un terzo della produzione totale. C’è da sottolineare che il 94% di questi rifiuti plastici raccolti in modo differenziato è costituito da imballaggi. “La raccolta differenziata è prevalentemente presente nella filiera degli imballaggi – ha spiegato Lanz – perché lì è presente un sistema EPR (di responsabilità estesa del produttore, ndr) e di corrispettivo ai Comuni per i maggiori oneri di raccolta differenziata”.

Nel riciclo la plastica ancora più marginale – Infine c’è la terza torta: quella del riciclo. Negli ultimi anni, intanto, si è registrato un allargamento della forbice tra la percentuale di raccolta differenziata e tassi di riciclaggio. “La ripartizione del quantitativo avviato a riciclaggio per frazione merceologica mostra che il 40,7% è costituito dalla frazione organica – spiega Ispra – e il 25,8% da carta e cartone. Il vetro rappresenta il 16,3% del totale riciclato, il legno il 6,8% e la plastica il 5%”. Morale: tra la prima e la terza torta, l’incidenza della plastica va progressivamente calando, dal 12,9% al 7,8% (quasi tutto imballaggio) e infine viene avviato al riciclo solo il 5%. Parliamo di neppure 650mila tonnellate di rifiuti plastici. Eravamo partiti da 3,9 milioni. “Questo anche perché – spiega Lanz – anche se gli imballaggi vengono raccolti in maniera rilevante, non tutti hanno i requisiti per essere avviati alle varie forme di riciclo”. Di conseguenza, ad oggi, la frazione plastica tende ancora a concentrarsi nel rifiuto indifferenziato e una consistente quota non trova un corretto circuito di valorizzazione.

Il 15% dell’indifferenziato è plastica – Tale quota è stata stimata da Ispra sulla base delle analisi merceologiche effettuate sul rifiuto urbano indifferenziato in ingresso agli impianti di trattamento meccanico biologico, di discarica e di incenerimento, che hanno evidenziato mediamente la presenza di circa il 15% di plastica. Rispetto al totale di rifiuti plastici prodotti, solo il 40% viene avviato ad operazioni di riciclaggio (il 31% di rifiuto di imballaggio e un altro 9% di altri rifiuti in plastica). Tanto che la percentuale di riciclaggio dei soli rifiuti di imballaggio supera gli obiettivi finora previsti, ma non quelli del 50% fissati al 2025 dalla direttiva 2018/852/Ue, recepita nell’ordinamento nazionale. Tra ciò che non arriva al riciclo c’è anche la plastica esportata all’estero, prima in Cina, ora in altri Paesi del Sud-Est Asiatico, ma anche d’Europa. Sono diverse le criticità riconosciute a livello globale: dai bassi livelli di riutilizzo e di riciclaggio di plastiche a fine vita, soprattutto in confronto ad altri flussi di materiali (come carta, vetro o metalli), alle percentuali di smaltimento in discarica e negli inceneritori, ancora troppo elevate, fino alla scarsa domanda sul mercato di plastiche riciclate. “L’attuale sistema di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio individua la Responsabilità estesa del produrre (Epr) – ha spiegato Lanz – attraverso lo strumento economico del contributo ambientale, quale sostegno dei costi di raccolta e trattamento. E il recepimento delle direttive del pacchetto Economia circolare, prevedendo la possibilità di estendere il principio di Epr ad ulteriori flussi di rifiuti, rappresenta un’opportunità per creare un circuito di valorizzazione anche per le plastiche non da imballaggio”.

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