"Il risultato fa capire quanto sia importante migliorare tutti i passaggi della filiera - spiega Andrea Lanz, responsabile dell’area tematica Contabilità Rifiuti dell’Istituto, a ilfattoquotidiano.it - dalla progettazione di imballaggi con meno plastica alla raccolta, fino al riciclo e al riuso che oggi vedono ancora troppi ostacoli". Sulla base delle analisi merceologiche effettuate sul rifiuto urbano indifferenziato in ingresso agli impianti di trattamento, si stima mediamente la presenza di circa il 15% di plastica
Produzione, raccolta differenziata e riciclo. In ogni passaggio della filiera di gestione dei rifiuti di plastica qualcosa si perde e, ad oggi, tende ancora a concentrarsi nel rifiuto indifferenziato. Le ragioni sono diverse e gli effetti delle falle del sistema sono descritti in un’analisi effettuata da Ispra e illustrata da Andrea Lanz, responsabile dell’area tematica Contabilità Rifiuti dell’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale nel corso del convegno ‘La filiera della plastica nella gestione dei rifiuti urbani: confronto tra best practices a livello internazionale’ svoltosi nell’ambito di Ecomondo. I dati sono quelli dell’ultimo rapporto dell’Istituto sui rifiuti urbani, ma il focus è proprio sulla filiera dei rifiuti in plastica. “Il risultato fa capire quanto sia importante migliorare tutti i passaggi della filiera – spiega Lanz a ilfattoquotidiano.it – dalla progettazione di imballaggi con meno plastica alla raccolta, fino al riciclo e al riuso che oggi vedono ancora troppi ostacoli, di diversa natura, proprio per la plastica”.
Nella raccolta differenziata finisce solo un terzo – Il primo passaggio è quello della raccolta differenziata. La percentuale di raccolta differenziata sulla produzione nazionale di rifiuto urbano nel 2018 è del 58,1% (ossia 17,5 milioni di tonnellate) con una crescita di 2,6 punti rispetto al 2017. Al Nord si sale al 67,7%, al Centro è al 54,1% e al Sud 46,1%. Solo che i numeri della plastica sono diversi. Perché quando si passa dalla torta dei rifiuti urbani prodotti a quella dei rifiuti differenziati, quelli plastici rappresentano solo il 7,8 per cento del totale. Nel 2018 la frazione plastica della raccolta differenziata è stata pari a poco più di 1,3 milioni di tonnellate. È il 7,4% in più rispetto al 2017, ma circa un terzo della produzione totale. C’è da sottolineare che il 94% di questi rifiuti plastici raccolti in modo differenziato è costituito da imballaggi. “La raccolta differenziata è prevalentemente presente nella filiera degli imballaggi – ha spiegato Lanz – perché lì è presente un sistema EPR (di responsabilità estesa del produttore, ndr) e di corrispettivo ai Comuni per i maggiori oneri di raccolta differenziata”.
Il 15% dell’indifferenziato è plastica – Tale quota è stata stimata da Ispra sulla base delle analisi merceologiche effettuate sul rifiuto urbano indifferenziato in ingresso agli impianti di trattamento meccanico biologico, di discarica e di incenerimento, che hanno evidenziato mediamente la presenza di circa il 15% di plastica. Rispetto al totale di rifiuti plastici prodotti, solo il 40% viene avviato ad operazioni di riciclaggio (il 31% di rifiuto di imballaggio e un altro 9% di altri rifiuti in plastica). Tanto che la percentuale di riciclaggio dei soli rifiuti di imballaggio supera gli obiettivi finora previsti, ma non quelli del 50% fissati al 2025 dalla direttiva 2018/852/Ue, recepita nell’ordinamento nazionale. Tra ciò che non arriva al riciclo c’è anche la plastica esportata all’estero, prima in Cina, ora in altri Paesi del Sud-Est Asiatico, ma anche d’Europa. Sono diverse le criticità riconosciute a livello globale: dai bassi livelli di riutilizzo e di riciclaggio di plastiche a fine vita, soprattutto in confronto ad altri flussi di materiali (come carta, vetro o metalli), alle percentuali di smaltimento in discarica e negli inceneritori, ancora troppo elevate, fino alla scarsa domanda sul mercato di plastiche riciclate. “L’attuale sistema di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio individua la Responsabilità estesa del produrre (Epr) – ha spiegato Lanz – attraverso lo strumento economico del contributo ambientale, quale sostegno dei costi di raccolta e trattamento. E il recepimento delle direttive del pacchetto Economia circolare, prevedendo la possibilità di estendere il principio di Epr ad ulteriori flussi di rifiuti, rappresenta un’opportunità per creare un circuito di valorizzazione anche per le plastiche non da imballaggio”.