I finanzieri hanno acquisito orari di ingresso ed uscita al lavoro, testimonianze dei lavoratori, intercettazioni telefoniche ed ambientali, che hanno confermato le gravi condizioni di sfruttamento. Attraverso un complesso sistema, i caporali falsificavano le buste paga per accedere alle commesse e alle gare per i cantieri spezzini
Turni massacranti da 14 ore di lavoro, una paga fissa di 4 o 5 euro l’ora. Poi minacce, offese e percosse. Così più di 150 dipendenti, soprattutto extracomunitari di origine bengalese, venivano sfruttati da un’organizzazione che opera nel settore dei cantieri di yacht di lusso a La Spezia. La Guardia di Finanza, coordinata dal procuratore Antonio Patrono, ha eseguito 8 ordinanze cautelari, sette in carcere e una ai domiciliari, e ha sequestrato preventivamente oltre 900mila euro tra La Spezia, Savona, Ancona e Carrara. Partendo da alcune anomalie, individuate e segnalate dalla Prefettura di La Spezia, i finanzieri hanno acquisito orari di ingresso ed uscita al lavoro, testimonianze dei lavoratori, intercettazioni telefoniche ed ambientali, che hanno confermato le gravi condizioni di sfruttamento a cui erano sottoposti gli operai, a volte con minacce e violenza, compiuto da un gruppo di caporali, formato da altri connazionali e da un italiano.
I “capi”, approfittando dello stato di bisogno, sotto-retribuivano gli operai con una paga fissa di 4 o 5 euro l’ora, impiegandoli in attività lavorative pesanti e anche pericolose, come la saldatura, la stuccatura e la verniciatura di grandi yacht. I lavoratori avevano turni massacranti, fino a 14 ore al giorno senza permessi e riposi, sorvegliati a vista dai caporali e spesso minacciati, offesi e percossi. Gli operai accettavano la sottomissione per la necessità di non perdere il lavoro, unico mezzo per mantenere le famiglie e unico modo per avere un valido permesso di soggiorno in Italia.
“Sto male, sto molto male, ho la febbre alta”, sono le parole di un operaio in una intercettazione telefonica. “Ah stai male? E tu vieni lo stesso… Intanto devi venire a lavorare”, è la risposta dello sfruttatore. Se si assentavano dal lavoro per malattia, anche di caso di positività al Covid-19, i lavoratori non percepivano alcun pagamento, perdendo l’unica fonte di reddito. Si sono anche verificati casi in cui, dopo un infortunio sul lavoro, i lavoratori erano costretti a fornire una falsa dichiarazione al pronto soccorso, stando attenti a non fare alcun riferimento al lavoro svolto.
Le fiamme gialle hanno svolto numerosi accertamenti bancari su conti correnti e su carte postepay intestate agli operai che hanno consentito di svelare il sistema adoperato dai caporali. Tutte le buste paga e i relativi versamenti risultavano, a un primo controllo, conformi. La posizione lavorativa delle maestranze era in perfetta regola e tutto veniva contabilizzato (permessi, turni festivi, ore di lavoro e bonifici per le retribuzioni). Ma in realtà, dopo aver fatto i bonifici, i caporali pretendevano, anche con l’uso della violenza e con minacce, la restituzione in contanti di parte della somma.
Il meccanismo era stato studiato da un membro dell’organizzazione, un consulente del lavoro di Ancona, che predisponeva false buste paga con il minimo dei contributi previdenziali, consentendo all’azienda di essere apparentemente in regola per poter ricevere le sostanziose commesse e accedere ai cantieri navali spezzini. Al termine delle indagini, su proposta della Procura, il gip ha disposto la custodia cautelare nei confronti degli otto membri della banda criminale ed il sequestro dei beni a loro riconducibili, per un valore di circa 1 milione di euro, tra quote societarie, immobili e autovetture. È stata anche disposta anche la misura cautelare del “Controllo giudiziario” nei confronti dell’azienda che sfruttava gli operai, che consente di rimuovere le condizioni di sfruttamento e al tempo stesso di salvaguardare la posizione lavorativa delle maestranze.