A colpo d’occhio lo scatto potrebbe sembrare quello di una cava, o di uno scavo archeologico. Ma non lo è. Rimossi gli scheletri delle abitazioni, a Pescara del Tronto rimane solo questo, il nulla. La foto è destinata a rimanere nella storia, di sicuro quella del sisma del centro Italia. Dopo oltre quattro anni tutte le macerie del centro della frazione di Arquata del Tronto, completamente distrutta dalle scosse del 24 agosto 2016, sono state rimosse. Proprio la frazione marchigiana, quella notte, fu tra le più colpite: 47 abitanti, tra cui alcuni bambini, persero la vita. A pubblicare lo scatto, realizzato da Francesco Riti, la pagina Facebook “Quando la terra trema”, che ha sottolineato come all’appello manchino ancora i resti di alcune abitazioni, sul lato destro, fronte paese. Ma la maggior parte del lavoro è stato portato a termine.
La richiesta di rimozione dei detriti era arrivata a più riprese nel corso degli anni, soprattutto perché parte di questi rallentavano i lavori dell’Anas lungo la via Salaria, percorribile in un solo senso di marcia, alternato grazie a un semaforo. Secondo il quotidiano locale Cronache Picene, infatti, a maggio, causa Covid, con il blocco di molte ditte subappaltatrici del consorzio Cosmari, responsabile della rimozione delle macerie, e a causa di mancati pagamenti di alcune fatture milionarie, mancavano ancora 44mila tonnellate di calcinacci da rimuovere.
Ora, appunto, le macerie sono state rimosse, ma quel che rimane è un paesaggio quasi spettrale. La frazione, ormai è certo, non potrà essere ricostruita sulle ceneri della precedente. Pescara del Tronto sorgeva su un substrato composto da travertino giovane e materiali di riporto, un mix che ha amplificato la scossa 6.0, causando danni gravissimi. Si pensa ad uno spostamento, ma a oggi nessuna ricostruzione è ancora cominciata. Intanto si attende la rimozione di tutte le restanti macerie sparse per le quattro regioni colpite, Marche, Abruzzo, Umbria e Lazio, dopo il blocco dovuto al Covid, e l’accelerazione promessa dal nuovo commissario straordinario, Giovanni Legnini.
Foto Francesco Riti