Scienza

La sfida umana al Covid 19, giovani volontari cavie esposti al virus per testare i vaccini. “Accelerare non significa bypassare la sicurezza”

I rischi ovviamente ci sono e la fattibilità dello studio al momento dipende dalla decisione della commissione etica. "Utilizzare volontari già infettati con il virus può farci capire in modo rapido quali siano i vaccini più efficaci" dice Kate Bingham presidente del U.K. Vaccine Taskforce. E anche avere questa risposta un solo giorno prima può contare, Tra i 40mila volontari anche anche 196 italiani

Il futuro della pandemia nelle mani o meglio nelle vene, di giovani, sane e consenzienti cavie umane. L’Inghilterra si sta preparando a varare la prima “sfida umana” (human challenge) sul Covid-19: il primo studio sui vaccini effettuato contagiando deliberatamente ragazzi dai 18 ai 30 anni con il virus. Il governo britannico ha investito 33.6 milioni di sterline per finanziare la partnership tra Imperial College London che condurrà lo studio, la casa farmaceutica hVIVO che produrrà le dosi minime di Covid con il quale saranno infettati i volontari, ed il Royal Free London NHS Foundation Trust dove questi saranno ospitati e monitorati 24 ore su 24 per tutta la durata della ricerca. Inizialmente i ricercatori britannici studieranno le dosi di Covid da somministrare perché i volontari possano sviluppare il contagio, nella fase successiva questi saranno inoculati con il virus, attraverso uno spray nasale, dopo essere stati precedentemente iniettati con un vaccino per studiare come questo lavori all’interno del corpo nel bloccare o prevenire il contagio.

Emergenza Covid sulla bilancia etica – I rischi ovviamente ci sono e la fattibilità dello studio al momento dipende dalla decisione della commissione etica (Medicines and Healthcare products Regulatory Agency) del Regno Unito dove i protocolli sui test clinici si sono irrigiditi soprattutto alla luce del sensazionale incidente del 2006 in cui sei volontari nel testare un nuovo farmaco della TeGenero svilupparono gravissimi effetti avversi (ma per fortuna reversibili). L’aggravarsi dell’emergenza e il nuovo lockdown incidono sulla bilancia dei rischi – benefici della ‘sfida umana’. “La legge non disciplina questo tipo di studi in modo diverso rispetto ai test clinici sui farmaci nei quali le cavie umane vengono esposte a rischi sconosciuti. Sembrerà allarmante ma questo processo è un elemento chiave di qualsiasi ricerca farmaceutica – dice Katherine Wright Vicedirettrice del Nuffield Council on Bioetichs – Non tutti sono consapevoli che le cosiddette ‘sfide umane’ non sono una novità, risalgono ormai ad un secolo fa, pensiamo allo studio su vaiolo, colera o ebola, ma accelerare la sperimentazione non vuol dire bypassare gli standard di sicurezza“. Da Imperial College London ci dicono che se riceverà l’approvazione del comitato etico lo studio comincerà già a gennaio e i risultati sono attesi a maggio 2021. Ci dicono che ancora non sono stati confermati i tipi di vaccini che saranno usati nello studio, ma tra i capofila potrebbe esserci proprio il vaccino sviluppato ad Oxford da AstraZeneca, uno dei 12 che hanno raggiunto le fasi conclusive, tra i circa 200 in via di sviluppo.

“La sperimentazione clinica su alcuni dei vaccini in prima linea potrebbe essere completata già a novembre, ma la prima generazione di questi vaccini molto probabilmente non sarà efficace al 100% contro il Covid-19” spiega Kate Bingham presidente del U.K. Vaccine Taskforce secondo la quale il problema è che non si sa se la sperimentazione sia stata condotta su un numero sufficiente di contagiati per dimostrare che chi riceve il vaccino sia protetto. “Fare sperimentazione tradizionale sulla dozzina di vaccini candidati richiederebbe migliaia di partecipanti e molti anni di lavoro. Utilizzare invece volontari già infettati con il virus può farci capire in modo rapido quali siano quelli più efficaci e avviare per questi i processi clinici convenzionali, coinvolgendo pazienti con diversi livelli di rischio” ci dice Dominic Wilkinson dell’Oxford Uehiro Centre for Practical Ethics.

Avanti i giovani… – Il tempo è prezioso e si potrebbero salvare migliaia di vite umane se si riuscisse a mettere in commercio un vaccino anche soltanto un giorno prima. Con questa convinzione il 1 Aprile è nata l’organizzazione indipendente 1Day Sooner, appunto, che in tutto il mondo ha già reclutato 40mila volontari, giovani e meno vulnerabili, per partecipare a sfide umane come quella di Imperial College London. “Questo studio ci consentirà di capire meglio come si comporta il virus negli stadi iniziali del contagio – dice Abie Rohrig, Direttore della Comunicazione di questa sorta di “sindacato dei volontari” – la sfida Covid si protrarrà per il 2021 e il 2022 perché gli scienziati dovranno studiare seconde e terze generazioni di vaccini più efficaci. Occorre testare un vaccino quando il tasso di trasmissione è alto e noi stiamo lavorando con ricercatori e case farmaceutiche per lo sviluppo di protocolli sul consenso informato in modo che i volontari abbiano chiari i rischi dell’esporsi al virus, e capiscano che ci sono anche fattori ignoti, come ad esempio gli effetti a lungo termine del cosiddetto “long covid”. Abie, che a soli 20 anni ha già esperienza di rischi calcolati perché ha donato un rene, sostiene che il Regno Unito abbia rotto il ghiaccio e altri paesi presto seguiranno l’esempio per testare i vaccini. 1DaySooner è già in contatto con il Jenner Institute dell’Università di Oxford, con l’Istituto Nazionale della Sanità negli Stati Uniti, con il Canada, e stanno discutendo anche con Johnson&Johnson.

Nessuna collaborazione invece con il nostro paese, anche se 1DaySooner ha arruolato anche 196 volontari italiani, tra cui Agnese Lanzetti che ora lavora al National History Museum di Londra. “Mi sono iscritta perché ritengo di poter essere una buona candidata, sono giovane e senza problemi di salute. Human challenge ha maggiori rischi perché si è esposti direttamente al virus ma il contagio può comunque avvenire ogni giorno quando usciamo di casa – dice Agnese. “In Italia sfortunatamente abbiamo regole sulle sperimentazioni scientifiche molto stringenti, bisognerebbe cambiare alcune leggi ma anche il generale atteggiamento nei confronti degli investimenti sulla scienza e verso la scienza in generale. Vorrei che si imparasse da questa crisi – continua la geologa con un importante curriculum internazionale – in Italia siamo molto bravi a gestire le emergenze ma dopo ci dimentichiamo dei problemi. Le pandemie non si possono evitare ma ci si può preparare: bisogna fare investimenti nella Scienza, nell’Università nella Scuola perché tutto parte di lì”.