Politica

Renzi: “I pm che indagano sulla fondazione Open? Preferisco siano in malafede che superficiali”. Anm: “Delegittima magistratura”

Il leader di Italia viva in un'intervista al Dubbio contro i pm che lo indagano per finanziamento illecito ai partiti: "Mi viene da dire che paradossalmente preferirei che i pm fiorentini che indagano su Open fossero in malafede. Perché se invece di essere in malafede, fossero solo superficiali sarebbe peggio". Il sindacato delle toghe: "Inaccettabili prese di posizione che tentano di delegittimare la Magistratura". Al Csm una quindicina di consiglieri chiede di aprire una pratica a tutela dei colleghi fiorentini

Un attacco ai pm della procura di Firenze che lo hanno iscritto sul registro degli indagati. E l’Associazione nazionale magistrati costretta a intervenire per difendere le toghe dalle parole di Matteo Renzi, l’ex segretario del Pd sotto inchiesta nell’indagine sulla fondazione Open. “Io credo nella giustizia, nello Stato di diritto, credo nella magistratura, credo nell’avvocatura. Per cui sarà il Tribunale a dire l’ultima parola. Bisogna avere pazienza, credere nel sistema giustizia del Paese e nel fatto che la verità alla fine verrà a galla. Però mi viene da dire che paradossalmente preferirei che i pm fiorentini che indagano su Open fossero in malafede. Perché se invece di essere in malafede, fossero solo superficiali sarebbe peggio”, ha detto il leader di Italia viva, indagato per finanziamento illecito ai partiti.

Parole che hanno provocato la reazione del sindacato delle toghe. “Con riferimento alle dichiarazioni recentemente rese da esponenti politici contro i magistrati della Procura della Repubblica di Firenze, che conduce complesse indagini in materia di finanziamento illecito ai partiti, l’Anm ricorda che la legittimazione della Magistratura trova fondamento nella Costituzione e che sono inaccettabili, pur nella libertà di critica, prese di posizione che tentano di delegittimare la Magistratura”, è il comunicato diffuso dal Comitato direttivo centrale Anm. “Neppure è accettabile – si legge ancora – l’allusione alla ricerca di una visibilità, in realtà mai ricercata dai colleghi fiorentini, da sempre impegnati esclusivamente nell’attività di indagine. Queste dichiarazioni rischiano di creare un clima di avversione nei confronti dei singoli magistrati e di confondere l’opinione pubblica”.

La vicenda è arrivata anche al Csm, con una quindicina di consiglieri delle varie correnti che ha chiesto di aprire una pratica a tutela dei magistrati della procura di Firenze. La richiesta sarà vagliata dal Comitato di presidenza giovedì prossimo, 12 novembre, secondo quanto si legge in un comunicato. “I comportamenti” dell’ex premier e attuale senatore e leader di Italia Viva vengono definiti dai consiglieri “lesivi del prestigio e dell’indipendente esercizio della giurisdizione tali da determinare un turbamento al regolare svolgimento o alla credibilità della funzione giudiziaria”. Per i consiglieri del Csm quelle di Renzi sono “dichiarazioni che destano preoccupazione, in quanto con esse vengono attribuiti ai magistrati intenti e finalità diverse e distorte rispetto all’accertamento della verità. Per queste ragioni chiediamo, ai sensi dell’art. 36 del Regolamento Interno l’apertura di una pratica a tutela della Autorità Giudiziaria di Firenze”. La richiesta di apertura di una nuova pratica è firmata da tutti i Consiglieri togati di Area, Giuseppe Cascini, Elisabetta Chinaglia, Alessandra Dal Moro, Mario Suriano e Giovanni Zaccaro, dai togati di Autonomia e Indipendenza Sebastiano Ardita, Giuseppe Marra e Ilaria Pepe, dagli indipendenti Nino Di Matteo e Carmelo Celentano, dal togato di Magistratura indipendente Antonio D’Amato, dai togati di Unità per la Costituzione Concetta Grillo e Michele Ciambellini, dal consigliere laico Fulvio Gigliotti.

L’inchiesta toscana riguarda la fondazione che era considerata la “cassaforte” della corrente di Renzi ai tempi della scalata a Palazzo Chigi. Nei giorni scorsi l’avviso di garanzia inviato all’ex premier e stato spedito anche all’ex ministra (e attuale capogruppo di Iv) Maria Elena Boschi, al deputato del Pd Luca Lotti e all’ex presidente di Open Alberto Bianchi. Nello stesso fascicolo è indagato anche Marco Carrai, già iscritto nel filone principale dell’inchiesta. “Ci hanno mandato un avviso di garanzia in cui scambiano la Boschi con Guerini. Per capire le differenze tra Boschi e Guerini non è necessario aprire il codice penale, basta aprire un giornale”, sostiene sempre Renzi in un’intervista al Dubbio. L’ex premier dice di essere stato “danneggiato” dall’inchiesta e come presunta prova della sua fiducia nei confronti della magistratura si vanta di aver “promosso 70 azioni di risarcimento danni in sede civile“.

Non pago delle sue dichiarazioni al Dubbio, Renzi è tornato sull’argomento nella sua Enews: “Sotto il profilo giudiziario – dice – mi aspettavo le scuse dai pm fiorentini per lo scandalo delle perquisizioni annullate dalla Cassazione e, invece, è arrivato un avviso di garanzia multiplo“. Poi il leader di Italia viva ha sfruttato l’occasione per tornare ad appellarsi ai finanziatori del suo piccolo partito: “Con l’esplosione della vicenda Open, di nuovo, la nostra capacità di finanziamento è messa a dura prova. Per chi vuole e può, chiediamo un aiuto straordinario. Perché, nonostante ciò che pensano le anime belle, si può fare politica solo se si hanno le risorse. E, avendo abolito il finanziamento pubblico, l’unica strada è il sostegno dei privati, anche solo con piccoli versamenti per permettere a Italia Viva di continuare a combattere”.