Giustizia & Impunità

“Tu hai fatto un incontro dove c’era la politica, c’era la malavita e c’era l’imprenditore”: l’indagine top secret sulla ‘ndrangheta a Roma

Secondo la Procura di Trento, nella Capitale esiste una “locale” che dialoga con la politica, anche ad alti livelli. Un’associazione per delinquere capitolina “pre-esistente e precostituita” che gli investigatori definiscono “gruppo romano” e che sarebbe in collegamento con la cellula ‘ndranghetista trentina capeggiata dal boss Innocenzio Macheda. L’indagine condotta dai carabinieri del Ros ha già portato alla cattura e all’arresto di 18 persone. Le 2000 pagine di informativa consegnata dagli investigatori al procuratore di Trento, Sandro Raimondi, ricostruiscono l’intera vicenda

Un incontro nella sede della Regione Lazio, avvenuto il 18 dicembre 2017, dove – a detta di uno dei partecipanti – “c’era la politica, c’era la malavita e c’era l’imprenditore”. Episodio sul quale ora gli inquirenti vogliono vederci chiaro. Non solo. Una presunta cena in un ristorante di Centocelle fra l’attuale numero due di Nicola Zingaretti, Daniele Leodori, e Alessandro Schina, imprenditore romano in carcere con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso per i suoi presunti legami con la ‘ndrangheta in Trentino. E ancora, contatti con esponenti della direzione romana del Pd e con nomi noti della criminalità romana. Secondo la Procura di Trento, a Roma esiste una “locale” che dialoga con la politica, anche ad alti livelli. Un’associazione per delinquere capitolina “pre-esistente e precostituita” che gli investigatori definiscono “gruppo romano” e che sarebbe in collegamento con la cellula ‘ndranghetista di Trento capeggiata dal boss Innocenzio Macheda. L’indagine condotta dai carabinieri del Ros di Trento ha portato, il 15 ottobre scorso, alla cattura e all’arresto di 18 persone, fra cui Schina – impegnato nel settore del trasporto farmaci – il commercialista reatino Fabrizio Cipolloni e il carabiniere Fabrizio De Santis. Anello di congiunzione fra Roma e Trento, secondo gli inquirenti, è Domenico Morello, calabrese e socio occulto delle aziende guidate da Schina e Cipolloni e dalle loro “teste di legno”. Le 2000 pagine di informativa consegnata dai carabinieri del Ros al procuratore di Trento, Sandro Raimondi, ricostruiscono l’intera vicenda.

L’incontro tra l’imprenditore e “l’amico” di Carminati – Siamo alla fine del 2017. Schina e Morello hanno in mente di far partire un ambizioso progetto di digitalizzazione e archiviazione di documenti e cartelle cliniche. Ma servono degli agganci politici. Il 1 dicembre Schina incontra Marco Vecchioni, personaggio noto negli ambienti criminali romani, “pluripregiudicato per reati contro la persona in materia di stupefacenti e associazione di tipo mafioso”, annotano i carabinieri. Vecchioni, nel presentarsi a Schina, gli racconta dell’attentato subito nei pressi della sua villa di Formello – se ne parla nelle carte dell’inchiesta sul Mondo di Mezzo – “accollato a Carminati che quello, poveraccio, è amico mio e non c’entra proprio niente”. Vecchioni mette in contatto Schina con Fortunato Mangiola, ex consigliere municipale di area moderata, romano ma di origini calabresi. L’imprenditore organizza una cena presso un noto ristorante di Centocelle, il 13 dicembre 2017, alla quale partecipano, oltre a Schina e Vecchioni, anche Massimo Lanata (imprenditore genovese con precedenti di polizia), Alessio Zaratti (dipendente di Schina) e anche Gino Puma, cavaliere del lavoro e presidente della nota società di vigilanza Puma Security, interessato al “progetto”, in quanto “lui ha 25 Procure e il suo progetto lo vorrebbe far partire da lì”.

La cena a Centocelle con “il calabrese” – Durante la cena, Mangiola si vanta delle sue conoscenze con il clan Morabito e conferma ai commensali di conoscere anche Bruno e Vincenzo Vadalà, detto ‘Cecio’. Mangiola, scrivono i carabinieri del Ros, in passato “parrebbe si sia adoperato a favorire i contatti tra il clan calabrese dei Tripodi e la politica romana per l’aggiudicazione di lavori pubblici d ingente valore in cambio di un suo guadagno economico”, fra cui “i lavori della tangenziale”. “Lunedì a mezzogiorno e mezzo, con questo personaggio vado a fare la Regione e presentiamo il nostro progetto”, dirà poi Schina a Morello, aggiornandolo sull’andamento della cena. In cambio Mangiola ottiene l’appoggio politico alle prossime elezioni nazionali in favore della moglie, Alessandra D’Antoni, sul punto di candidarsi – dice Mangiola nei dialoghi intercettati – con Noi con L’Italia (il partito di centrodestra che faceva capo a Raffaele Fitto), insieme all’ex deputato Giuseppe Galati. Candidatura evidentemente poi sfumata (o forse solo millantata). Morello vuole vederci chiaro e approfondisce le conoscenze vantate da Mangiola, che si riveleranno attendibili.

Il gancio del consigliere Pd e l’incontro in Regione – L’obiettivo è la Regione Lazio, cui il gruppo in pochi giorni arriva. Mangiola, secondo la ricostruzione dei Ros, mette in contatto Schina con Antonio Pietrosanti, vicepresidente del Municipio Roma V ed esponente del Pd, il quale – si legge nell’informativa – organizza l’appuntamento presso la sede del Consiglio regionale alla Pisana, dove si recano il 18 dicembre Schina, Lanata, Mangiola e lo stesso Pietrosanti. A questo punto c’è un vuoto nelle intercettazioni riportate nelle carte dell’inchiesta trentina. I dialoghi riportati riprendono solo a incontro finito. Con Lanata che dice a Schina: “Adesso si tratta che poi gli diano corso questa gente qua, perché minchia, sono politici, non te lo dimenticare”. E Schina che gli risponde con una delle frasi chiave di tutta l’inchiesta: “Oggi tu hai fatto un incontro dove c’era la politica, c‘era la malavita, c’era l’imprenditore”. I due poi prendono in giro Mangiola: “Il calabrese con le scarpe rosse si è presentato dal presidente, hai visto? Giubbotto e scarpa rossa – dice Lanata – Che schifo d’Italia ragazzi”. Chi hanno incontrato i quattro alla Pisana? Il 19 dicembre, Schina chiama Puma e gli racconta dell’incontro. Annotano gli inquirenti: “Schina lo informa che il progetto è andato avanti e l’hanno presentato in Regione, incontrando Teodori e Zingaretti”. Fonti investigative confermano al fattoquotidiano.it che in realtà con “Teodori” Schina si riferisce all’allora presidente del Consiglio regionale, Daniele Leodori (dal 2019 vicepresidente). “Dice – continua lo stralcio – che il progetto gli è piaciuto, ma si sono riservati di capire se alle prossime elezioni saranno ancora al proprio posto”.

Zingaretti e Leodori: “Mai incontrati e conosciuti questi personaggi” – L’incontro desta la curiosità degli inquirenti. Il 15 ottobre scorso, in occasione dell’esecuzione dell’ordinanza cautelare nei confronti – tra gli altri – di Morello, Schina e Cipolloni, i carabinieri perquisiscono le abitazioni e i device di Mangiola e Pietrosanti, ma non possono accedere in Regione Lazio, in quel momento chiusa per un focolaio Covid. A una richiesta di spiegazioni de ilfattoquotidiano.it, Nicola Zingaretti risponde: “Non conosco nessuno dei protagonisti di questa inchiesta” e “riguardo a riferimenti su presunti incontri avvenuti nel dicembre 2017 specifico di non aver mai partecipato a nessun incontro con le suddette persone e non ho alcuna contezza del progetto di cui si parlerebbe negli atti”, affermando che quel giorno il governatore del Lazio non era nemmeno in sede. C’era invece Leodori, che conferma “l’incontro con il solo Pietrosanti, per motivi politici come successo in altre occasioni” ma afferma “di non conoscere le persone descritte”. Il 19 ottobre i Ros tornano alla Pisana e acquisiscono i registri: sul momento non si trovano riscontri dell’accesso in sede del gruppo, visto che tra gli ingressi registrati c’è il solo Pietrosanti. Poi però gli investigatori hanno trovato altri riscontri – al momento top secret – che confermano la presenza degli altri in Regione. Lo stesso giorno, Schina dal carcere di Perugia scrive un memoriale affidato al suo avvocato, Daniele Francesco Lelli, dove conferma l’incontro “avvenuto in Regione con Daniele Leodori” ma rigetta l’accusa di associazione mafiosa: “Io non faccio parte dei mafiosi di merda, te lo giuro Daniele…”, scrive di suo pugno l’indagato.

Cipolloni, Morello e il giallo della cena con Leodori – Il progetto presentato in Regione pare non aver avuto seguito. Facendo un salto temporale nei fatti raccontati dalle informative, ci si imbatte in altre intercettazioni che riannodano il filo del dicembre 2017. È il 13 novembre 2019, parlano Cipolloni (il contabile) e Morello, l’uomo che fa da trait d’union con il clan. “Cipolloni – si legge nell’informativa – accenna ai contatti con la politica laziale e alla partecipazione ad appalti pubblici ed affari in cui è coinvolto Marco Vecchioni che, in combutta con Schina, vorrebbe trarne profitto in maniera illecita. Solo l’arresto del primo ha interrotto le trattative ma Cipolloni lascia trasparire la sua preoccupazione per le scelte di Schina”. Qui vengono riportate le frasi di Cipolloni: “Là da Marco (il ‘solito’ ristorante di fiducia di Centocelle, ndr) fece una cena col vicepresidente della Regione Lazio attuale… (…) ci stava uno che non poteva il vicepresidente della regione adesso… prima era un consigliere (…) e questo gli ha promesso i lavori e tutto e lui gli ha… voleva… farlo entrare… con le promesse di lavoro di altra gente”. E ancora: “Poi vengo a sapere che mo’ è venuto (abbassa la voce) il vicepresidente della regione Lazio Leodori (…) è venuto a chiedermi delle cortesie per il discorso informatico… per le società di San Cesareo… io faccio… ma senti ma io ti ho pure sponsorizzato all’epoca quando hai fatto le elezioni (…) ha detto ah sì con Schin… sì adesso mi ricorda qualcosa dovevamo fare delle cose insieme delle persone… vedi il mondo com’è piccolo? E che pensi che io me sto fermo… e lui si incazza in tutto questo e gli ho detto sempli… sai che mi sono visto con quello del… della regione e dice come fai a conoscere quello?”.

La frase di Cipolloni su Zingaretti e le mire su Alfonso Papa – C’è un’altra intercettazione su cui i Ros vogliono fare chiarezza. È il 13 marzo 2018. A Bolzano Cipolloni incontra un’altra persona. Dal dialogo emergono, annotano gli inquirenti, “le interessenze delle società a lui riconducibili con elementi della criminalità organizzata calabrese, facendo riferimento alla famiglia Tripodo di Latina, nonché ai contatti con i Morabito della zona Centocelle (…) e riferisce, in tal senso, anche dell’atteggiamento rispettoso per questi ambienti del socio Morello”. Cipolloni dice, dei “calabresi”: “Mai chiesto un favore in vita mia… non gli puoi neanche dire di no… ma finché sono piaceri così… perché poi loro sono immischiati con tutto… con Zingaretti… con… te lo chiamano davanti eh… sono tutti in busta paga secondo me… ma pensa dopo se tu… e si presentano questi… ti porto 20… non è che tu prendi i 20 e poi…”. Quella di Cipolloni in questo caso sembra più una chiacchiera da bar, una sbruffoneria destituita di fondamento, ma gli investigatori vogliono comunque approfondire la questione. Anche perché Cipolloni dimostra di saper costruire i propri agganci politici e non solo. “Nonostante le controversie penali che sta affrontando – si legge nelle carte – è attivo e prodigo di contatti tanto che allaccia rapporti con Clarissa La Porta che gli consentirebbe di avvicinare l’ex parlamentare Alfonso Papa”, ex deputato del Pdl condannato in primo grado nell’inchiesta sulla P4 (reati poi prescritti durante l’Appello).

La posizione delle persone citate: i politici non sono indagati – Nei prossimi giorni, si apprende da autorevoli fonti inquirenti, Daniele Leodori verrà ascoltato dai carabinieri del Ros per chiarire le intercettazioni che lo riguardano e la natura degli incontri, mentre Cipolloni sarà interrogato nuovamente dai carabinieri. Il vicepresidente del Lazio è estraneo all’inchiesta e dunque non indagato, così come non lo è – ovviamente – Zingaretti. “I presunti rapporti con esponenti della criminalità – spiega Leodori a ilfattoquotidiano.it – sono destituiti di ogni fondamento. L’attenzione massima sui temi della legalità è una costante del mio impegno istituzionale ed è sotto gli occhi di tutti. Sono certo di essermi comportato sempre in modo assolutamente corretto”. Continua Leodori: “Anche rispetto alla supposta richiesta di favori da parte mia si tratta solo di millanterie senza alcun fondamento. Rispetto all’incontro di cui si parla, posso escludere con assoluta certezza di avere avuto rapporti diretti con la persona menzionata, al di là della eventualità di averla incrociata in contesti pubblici o istituzionali, come è possibile per chi riveste un ruolo pubblico, ma non associo il nome ad alcun volto a me noto e non ho intrattenuto alcun rapporto di alcun tipo, né di consuetudine, né di altro genere”. Poi conclude: “I miei legali sono al lavoro per valutare ogni azione a tutela della mia reputazione”. Non risultano per ora indagati – seppur oggetto di perquisizione – nemmeno Fortunato Mangiola e Antonio Pietrosanti, così gli imprenditori Gino Puma e Massimo Lanata. Fabrizio Cipolloni e Fabrizio De Santis sono agli arresti domiciliari per associazione a delinquere di stampo mafioso; per Alessandro Schina e Domenico Morello la custodia cautelare è in carcere. Il Tribunale del Riesame di Trento ha confermato la misura per Cipolloni, mentre l’udienza per Schina è fissata per martedì 17 novembre: in quella sede, l’avvocato Lelli chiederà la scarcerazione o, in seconda istanza, i domiciliari, e lo stralcio dell’inchiesta sul “gruppo romano” con trasferimento del fascicolo nella Capitale.