Dopo la Procura di Reggio Calabria, anche quella di Cosenza ha aperto un’inchiesta sui ritardi dell’Azienda sanitaria provinciale nel processare i tamponi Covid. Al momento si tratta di un fascicolo di indagine conoscitiva. Prima di iscrivere qualcuno nel registro degli indagati, in sostanza il procuratore Mario Spagnuolo e i suoi pm vogliono vederci chiaro sui tempi necessari per accertare la positività dei tamponi. L’allarme era stato lanciato dalla stessa direzione sanitaria dell’Asp secondo cui “per processare un tampone servono tra i 7 e i 10 giorni”.
Troppi per garantire il tracciamento degli eventuali positivi e stamattina i carabinieri del Nas si sono presentati nel laboratorio di virologia dell’azienda ospedaliera “Annunziata” (dove confluiscono tutti i tamponi eseguiti in provincia) e nella sede dell’Asp di Cosenza. I militari dell’Arma, infatti, hanno già eseguito un’ispezione all’interno del laboratorio e negli uffici della task force dell’Azienda sanitaria guidata dal dottore Mario Marino che proprio ieri aveva chiesto alla Regione l’autorizzazione a trasferire parte dei tamponi in un laboratorio diverso da quello dell’ospedale. Al momento, infatti, vengono processati appena 6-700 tamponi al giorno. Eppure la provincia di Cosenza, assieme a quella di Reggio Calabria, è quella più colpita dalla seconda ondata del contagio. Fino a ieri, stando al bollettino della Regione, i soggetti positivi erano 1907 di cui un centinaio ricoverati. Tutti gli altri, circa 1800, sono in isolamento e aspettano di conoscere l’esito dei tamponi.
Ecco perché il procuratore Spagnuolo, adesso, sta cercando di verificare se sono stati rispettati i piani Covid e vuole non solo accertare il motivo dei ritardi ma anche capire se si sono verificate criticità nelle procedure che, di conseguenza, hanno portato a uno slittamento nella consegna dei referti. C’è, inoltre, un filone d’indagine che riguarderebbe l’attività di chi sta eseguendo i tamponi privatamente, ma a un costo superiore rispetto ad altre Regioni. Il problema sembra riguardare anche il resto della Calabria. L’inchiesta della Procura di Cosenza, infatti, segue di qualche giorno la notizia che la Procura di Reggio Calabria ha aperto un fascicolo nel mese di ottobre sul mancato tracciamento dei pazienti positivi al Covid da parte dell’Asp. In questo momento, nella provincia reggina, ci sono circa 2400 positivi in isolamento che si sentono abbandonati nelle loro abitazioni senza alcuna comunicazione o assistenza da parte dell’Azienda sanitaria.
I pm sospettano che uno dei motivi sia la carenza cronica di organico nell’Unità di igiene e sanità pubblica dell’Asl. Questo nonostante da marzo siano state autorizzate le assunzioni il cui iter, prima bloccato, è ripartito poche settimane fa. La realtà è che, tra medici e infermieri, il numero dei dipendenti incaricati di occuparsi dei pazienti in isolamento dovrebbe essere moltiplicato per quattro. Ciò ha rallentato tutto e, se si considera la disastrosa situazione del sistema sanitario regionale, ormai al collasso, è facile intuire il perché il governo ha deciso inserire la Calabria nella “zona rossa”: non solo per l’aumento dei contagi ma anche per la gestione della sanità.