Come in tutti i bildungsroman all’inizio del racconto c’è una sorta di perdita. Ed è quella di papà Lino che abbandona il tetto coniugale romano, quartiere Prati, quando il nostro ha otto anni. Tanto Capolicchio senior è stato il re del libertinaggio anni settanta, quanto Capolicchio junior è cresciuto timido e introverso
Quel gran figlio di un… Capolicchio. Il bildungsroman, o romanzo di formazione, è schema antico. C’è chi lo affronta tremante ed accigliato e chi se la gioca sul registro del tragicomico. Tommaso Capolicchio, figlio di Lino, star italiana anni Settanta alla quale ci inchiniamo da sempre (Il giardino dei Finzi Contini, La casa dalle finestre che ridono), ha optato per l’autobiografia oscillante tra il buffo, il nostalgico, il dolorosissimo. Figlio di un sex symbol… e altri disastri (Clueb) è un grazioso esempio di ingresso sentimentale accidentato nell’età adulta che, seguendo i termini di paragone esplicativi dell’autore, sembra un continuo approccio all’altro sesso, e a se stesso, tra il Woody Allen brillante fine Settanta e la disinvoltura pop di uno frizzante young adult contemporaneo. Come in tutti i bildungsroman all’inizio del racconto c’è una sorta di perdita. Ed è quella di papà Lino che abbandona il tetto coniugale romano, quartiere Prati, quando il nostro ha otto anni. Tanto Capolicchio senior è stato il re del libertinaggio anni settanta, quanto Capolicchio junior è cresciuto timido e introverso. Tanto il babbo faceva sciogliere sfilate di ammiratrici, quanto il figliolo ha tergiversato attorno a strategie lunghe e fallimentari per conquistare le amate.
Capolicchio si auto ridicolizza in una spiritosa bastonatura precoce del Super Io e poi fa riemergere l’insofferente calibratura del rapporto con le donne descrivendo, con languida poetica truffautiana, il cambio di appartamenti, l’andirivieni di convivenze, occhi verdi, riccioli biondi, cinquantenni giovanili e amiche di un’estate. Il testacoda compositivo si appoggia sicuro ad una giocosa dialettica socio-culturale continua degli opposti: i Clash che incontrano Strehler, Hitchcock il Gioca Jouer, Bruno Conti il cinema d’autore “infoiatissimo”. Il magma delle indecisioni è ossatura e pongo dell’interiorità. Scherzi del destino, dolori dell’anima, infine l’osservazione di mezza vita (Tommaso è del ’72) che tutto sommato valeva la pena di essere vissuta. Succosissimi gli aneddoti su papà Lino, soprattutto quella partita di poker notturna in casa Capolicchio con presenti, tra gli altri, Flavio Bucci, Milva e un Alessandro Haber che perde un miliardo secco (e che mai ripagherà al povero Lino).