Nella prima fase della pandemia ammonta a 21mila e 500 euro il totale dei “bonus spesa Covid” distribuiti dal Comune di Africo, in provincia di Reggio Calabria. Soldi pubblici che sono stati incassati da 98 cittadini, ma di questi 91 lo hanno fatto indebitamente grazie ad autocertificazioni false. A scoprirlo è stato il comando provinciale della guardia di finanza di Reggio Calabria che, assieme alla compagnia di Melito Porto Salvo, ha eseguito gli accertamenti su tutti i percettori del contributo destinato dal governo alle famiglie in difficoltà, in evidente stato di bisogno e maggiormente colpite dagli effetti economici derivanti dall’emergenza coronavirus.
Stando alle ispezioni delle fiamme gialle, infatti, i percettori del “bonus spesa” ad Africo hanno dichiarato di trovarsi in condizioni di difficoltà economica e di indigenza, tali da non consentire nemmeno il minimale approvvigionamento di generi alimentari e di prima necessità. I controlli sulla documentazione presentata al Comune, però, hanno dimostrato il contrario per la maggior parte dei soggetti che hanno beneficiato del contributo. Solo 7 persone, infatti, avrebbero dichiarato la verità nelle richieste del “bonus spesa”: gli altri nuclei familiari, addirittura 91 su 98, hanno taroccato le domande per assicurarsi ognuno poche centinaia di euro di soldi pubblici.
Le verifiche dei finanzieri, per esempio, hanno dimostrato che uno o più componenti dei nuclei familiari, a seconda dei casi, avevano ricevuto lo stipendio, anche per importi cospicui. Tra i percettori, infatti, c’era chi aveva un rapporto d’impiego regolare, chi il reddito di cittadinanza, l’indennità di disoccupazione o prestazioni sociali agevolate. Omettendo queste entrate, i soggetti sanzionati sono riusciti a entrare nella graduatoria degli aventi diritto. C’è stato, addirittura, chi non si è creato alcun problema ad alterare il proprio stato di famiglia, indicando soggetti fittizi o non residenti per incrementare la somma da percepire. Adesso tutti dovranno pagare il triplo (64mila e 500 euro) in sanzioni e rimborsi al Comune guidato dai commissari prefettizi dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose.
A proposito del Comune, considerato il regno della cosca Morabito, quando il governo ha previsto i “buoni spesa covid” il criterio di distribuzione deciso dai commissari prefettizi aveva creato qualche polemica. Nell’avviso dell’amministrazione, infatti, c’era scritto che chi chiede al Comune i buoni spesa per l’acquisto di generi alimentari “dovrà riportare il numero dei familiari conviventi all’interno del proprio nucleo familiare e che rispetto a ciascuno di essi non sussistono condanne definitive ai sensi dell’articolo 416 bis (associazione mafiosa, ndr), né condanne per reati contestati con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, né carichi pendenti per gli stessi reati”.
Giustizia & Impunità
Bonus spesa Covid, nel Comune di Africo 91 domande su 98 erano false: così hanno preso i soldi destinati alle famiglie in difficoltà
Gli accertamenti della guardia di finanza nel Paese in provincia di Reggio Calabria: solo 7 persone avrebbero dichiarato la verità nelle richieste del beneficio. Gli altri nuclei familiari hanno taroccato le autocertificazione per assicurarsi i buoni, nonostante alcuni ricevessero lo stipendio, altri il reddito di cittadinanza o l'indennità di disoccupazione. Adesso dovranno pagare il triplo (64mila e 500 euro) in sanzioni e rimborsi
Nella prima fase della pandemia ammonta a 21mila e 500 euro il totale dei “bonus spesa Covid” distribuiti dal Comune di Africo, in provincia di Reggio Calabria. Soldi pubblici che sono stati incassati da 98 cittadini, ma di questi 91 lo hanno fatto indebitamente grazie ad autocertificazioni false. A scoprirlo è stato il comando provinciale della guardia di finanza di Reggio Calabria che, assieme alla compagnia di Melito Porto Salvo, ha eseguito gli accertamenti su tutti i percettori del contributo destinato dal governo alle famiglie in difficoltà, in evidente stato di bisogno e maggiormente colpite dagli effetti economici derivanti dall’emergenza coronavirus.
Stando alle ispezioni delle fiamme gialle, infatti, i percettori del “bonus spesa” ad Africo hanno dichiarato di trovarsi in condizioni di difficoltà economica e di indigenza, tali da non consentire nemmeno il minimale approvvigionamento di generi alimentari e di prima necessità. I controlli sulla documentazione presentata al Comune, però, hanno dimostrato il contrario per la maggior parte dei soggetti che hanno beneficiato del contributo. Solo 7 persone, infatti, avrebbero dichiarato la verità nelle richieste del “bonus spesa”: gli altri nuclei familiari, addirittura 91 su 98, hanno taroccato le domande per assicurarsi ognuno poche centinaia di euro di soldi pubblici.
Le verifiche dei finanzieri, per esempio, hanno dimostrato che uno o più componenti dei nuclei familiari, a seconda dei casi, avevano ricevuto lo stipendio, anche per importi cospicui. Tra i percettori, infatti, c’era chi aveva un rapporto d’impiego regolare, chi il reddito di cittadinanza, l’indennità di disoccupazione o prestazioni sociali agevolate. Omettendo queste entrate, i soggetti sanzionati sono riusciti a entrare nella graduatoria degli aventi diritto. C’è stato, addirittura, chi non si è creato alcun problema ad alterare il proprio stato di famiglia, indicando soggetti fittizi o non residenti per incrementare la somma da percepire. Adesso tutti dovranno pagare il triplo (64mila e 500 euro) in sanzioni e rimborsi al Comune guidato dai commissari prefettizi dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose.
A proposito del Comune, considerato il regno della cosca Morabito, quando il governo ha previsto i “buoni spesa covid” il criterio di distribuzione deciso dai commissari prefettizi aveva creato qualche polemica. Nell’avviso dell’amministrazione, infatti, c’era scritto che chi chiede al Comune i buoni spesa per l’acquisto di generi alimentari “dovrà riportare il numero dei familiari conviventi all’interno del proprio nucleo familiare e che rispetto a ciascuno di essi non sussistono condanne definitive ai sensi dell’articolo 416 bis (associazione mafiosa, ndr), né condanne per reati contestati con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, né carichi pendenti per gli stessi reati”.
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(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.