Elezioni USA 2020

Elezioni Usa 2020, agenzie federali: “Sono state le più sicure della storia”. Pechino chiama Biden, che vince anche in Arizona

"Possiamo garantire di avere la massima fiducia nella sicurezza e nell’integrità delle nostre elezioni”, hanno dichiarato due agenzie federali che si occupano di sicurezza elettorale, smentendo le persistenti insinuazioni di Trump sui brogli. L'ultimo dem che aveva conquistato l'Arizona era stato Clinton nel 1996

Nell’ultima settimana sono arrivate decine di telefonate dei leader mondiali, inclusa quella del Papa. E ora Joe Biden e Kamala Harris incassano anche i complimenti della Cina. “Rispettiamo la scelta del popolo americano – ha detto il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Wang Wenbin in dichiarazioni riportate dal Global Times – e facciamo loro le congratulazioni”. “Comprendiamo – ha poi ribadito – che i risultati delle elezioni americane verranno stabiliti in conformità con le leggi e le procedure negli Usa“. Intanto, mentre i media riconoscono al ticket democratico la vittoria anche in Arizona, due agenzie federali, il Department of Homeland Security’s Cybersecurity & Infrastructure Security Agency (Cisa) e il National Association of State Election Directors, hanno dichiarato che le queste elezioni presidenziali sono state “le più sicure della storia americana”, contraddicendo così le persistenti e tuttora fondate insinuazioni di brogli elettorali avanzate da Donald Trump e dal suo staff.

“Non c’è alcuna prova che siano stati cancellati voti o che siano andati persi, che i voti siano stati modificati o che siano in qualche modo stati compromessi”, si legge in una nota. “Tutti gli stati con risultati in bilico nelle elezioni presidenziali del 2020 hanno i voti in formato cartaceo, in modo da poter ricontrollare ogni scheda se necessario”, prosegue il testo, aggiungendo che “questo è un ulteriore vantaggio per la sicurezza. Questo processo permette di identificare e correggere qualsiasi errore”. “Sebbene ci siano molte affermazioni infondate o disinformazione sul processo elettorale, possiamo garantire di avere la massima fiducia nella sicurezza e nell’integrità delle nostre elezioni”, hanno concluso le agenzie.

La vittoria di Biden in Arizona e la soddisfazione di Cindy McCain – Anche la Cnn ha decretato la vittoria di Joe Biden in Arizona, dove l’ultimo candidato presidenziale democratico a trionfare fu Bill Clinton nel 1996. Nella notte delle elezioni Ap e Fox avevano già proiettato il successo di Biden, ma la sua assegnazione era rimasta controversa. Biden ha vinto l’Arizona e i suoi 11 grandi elettori per circa 11 mila voti (40,40% a 40,06%). Prima di Clinton, l’ultimo democratico che era stato votato in questo stato come presidente fu Harry S. Truman nel 1948. Donald Trump aveva trionfato qui nel 2016 con un vantaggio del 3,5% su Hillary Clinton.

L’Arizona à lo ‘home state’ del defunto senatore repubblicano John McCain, fiero avversario del presidente, più volte insultato da Trump per essere stato catturato, tenuto prigioniero e torturato dai vietcong in una famigerata prigione di Hanoi per cinque anni e mezzo durante la guerra in Vietnam. E soprattutto per aver bloccato nel 2017 con il suo no decisivo la revoca dell’Obamacare, la riforma della sanità varata dall’uomo che lo aveva battuto alle presidenziali del 2008. La vedova Cindy McCain si è schierata con Biden ed è entrata nel suo transition team. “Mio marito sarebbe contento della vittoria”, ha detto.

Insulti, quelli arrivati negli ultimi anni dalla Casa Bianca, che ovviamente non sono andati giù a Cindy e alla sua famiglia. Al funerale del marito non ha invitato Trump nonostante fossero presenti tutti gli ex presidenti, da Obama a George W. Bush. E ora l’ultimo strappo: entrare nel transition team di colui che ha strappato la presidenza a Trump per facilitare e spianare la strada a quella transizione che lo staff dell’attuale presidente non vuole neanche avviare perché farlo significherebbe certificare una sconfitta che Trump non ha ancora ammesso.

Con McCain nella sua squadra, Biden tende una mano al partito repubblicano, o almeno alla sua ala moderata, cercando di stemperare le tensioni e aprire una nuova stagione di relazioni politiche, lasciandosi alle spalle la dura e velenosa campagna elettorale. Un passo che rischia di scontrarsi con il muro dei conservatori, molti dei quali hanno serrato le fila dietro a Trump e alle sue battaglie legali contro le frodi elettorali e per reclamare quella vittoria che non c’è stata.