Il 28 novembre prossimo Papa Francesco nominerà tredici nuovi cardinali. In quel momento e fino alla fine di febbraio 2021, i porporati elettori in un eventuale conclave, ovvero con meno di ottant’anni di età, saranno centoventotto. Ovvero otto in più del limite fissato da San Paolo VI e confermato da San Giovanni Paolo II. Ma è da tempo che viene ventilata l’ipotesi che Francesco porti il tetto dei cardinali elettori a centocinquanta, anche se, almeno fino a oggi, il Papa latinoamericano non ha attuato questa storica riforma.
È innegabile, però, che da sempre tutto ciò che ruota intorno al conclave e ai porporati che ne fanno parte suscita notevole interesse anche per il mistero che avvolge ciò che avviene nella Cappella Sistina a ogni morte o dimissione di Papa. Un mistero che riscontra grande curiosità ben al di là della stretta geografia cattolica. Per conoscere in modo approfondito il mondo cardinalizio è preziosa la lettura del volume del vaticanista dell’agenzia Aci Stampa, Marco Mancini. Si intitola Usque ad sanguinis effusionem (Tau) riprendendo l’antica formula latina che prevede che i porporati siano disposti a difendere la Chiesa fino a dare la vita per essa.
Quello di Mancini è un vero e proprio manuale che ripercorre le biografie di tutti i cardinali da San Pio X a Francesco. Emerge così il volto della Chiesa di ieri e di oggi attraverso la vita dei suoi “principi”, ma soprattutto il ritratto fedele delle scelte, assai diverse, effettuate dai Pontefici dell’ultimo secolo. Nel volume di Mancini, la storia vince sul gossip e si afferma con la sua forza incontrovertibile, superando la polvere del tempo e soprattutto il rischio sempre in agguato, in particolar modo per i cronisti contemporanei, dell’assolutizzazione dell’ultimo pontificato.
Leggendo, infatti, il testo di Mancini si comprende come nella recente storia della Chiesa tanti Pontefici hanno fatto scelte a dir poco inaudite per il loro tempo, rompendo di volta in volta tabù e tradizioni che si erano andati consolidando. Anche in questo, Francesco, sotto certi aspetti, non è innovativo nella scelta degli uomini ai quali concedere la berretta rossa a prescindere dai loro incarichi e soprattutto dalle cosiddette sedi cardinalizie, soprattutto in Italia.
Bergoglio ha, infatti, recuperato il senso originale del cardinalato come segno di benevolenza del Papa regnante. Ciò al di là dei ruoli ricoperti. Così tante periferie del mondo hanno avuto per la prima volta un porporato, seguendo quanto iniziato da San Giovanni XXIII e proseguito dai suoi diretti successori nel corso negli ultimi settant’anni. Ma con Francesco si è registrata anche la nomina di un vescovo ausiliare divenuto cardinale, mentre il suo diretto superiore non lo è. Oppure la scelta di diversi sacerdoti che sono stati subito insigniti della porpora prima della nomina episcopale.
Numerosi con Bergoglio sono anche i cardinali che provengono dagli ordini religiosi. Del resto sarebbe strana una scelta diversa visto che Francesco stesso proviene dalla Compagnia di Gesù. Il libro di Mancini aiuta però a contestualizzare bene queste decisioni papali e a leggerle alla luce delle scelte effettuate dai suoi diretti predecessori.
Come scrive il cardinale Angelo Bagnasco, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, nella prefazione, “il progressivo ampliamento del Collegio cardinalizio non è un elenco di persone investite di onore, ma è soprattutto la geografia del progressivo allargamento delle comunità cristiane, e il riconoscimento della loro fede, e della testimonianza che spesso ha chiesto il sangue che la porpora esprime in modo simbolico e severo per chi ne è rivestito”.
Per Bagnasco, “dietro ad ogni nome possiamo intravvedere non solo il cammino della Chiesa attraverso il volto del Collegio cardinalizio, che ha il dovere di collaborare con il Papa nel suo altissimo servizio, ma anche si manifesta la storia di uomini che, rivestiti di porpora, sono chiamati a vivere la fedeltà dell’amore, il servizio e la testimonianza evangelica fino ‘all’effusione del sangue’, come recita la liturgia di investitura”.
Lo ricorda Francesco a ogni nuovo porporato: “Mantenersi in umiltà nel servizio non è facile quando si considera il cardinalato come un premio, come culmine di una carriera, una dignità di potere o di superiore distinzione. Di qui il tuo impegno quotidiano per tenere lontane queste considerazioni, e soprattutto per ricordare che essere cardinale significa incardinarsi nella diocesi di Roma per darvi testimonianza della risurrezione del Signore e darla totalmente, fino al sangue se necessario. Molti si rallegreranno per questa tua nuova vocazione e, come buoni cristiani, faranno festa (perché è proprio del cristiano gioire e saper festeggiare). Accettalo con umiltà. Solo fai in modo che, in questi festeggiamenti, non si insinui lo spirito di mondanità che stordisce più della grappa a digiuno, disorienta e separa dalla croce di Cristo”.