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Lorenzo e la sua drammatica esperienza col covid-19: “Ero in perfetta forma e sono stato attento ma ho visto il mio compagno di terapia intensiva morire”

Il 35enne di Montevarchi ha raccontato la sua esperienza con un lungo post Facebook: "Non ho patologie pregresse godo (godevo) di ottima salute. Sono sempre stato molto attento a disinfettare correttamente le mani ed ho sempre tenuto la mascherina; eppure il virus è riuscito a passare. Poi la terapia intensiva"

di F. Q.

Si chiama Lorenzo, ha 35 anni e vive a Montevarchi, provincia di Arezzo. Lorenzo ha raccontato sui social la sua esperienza con il covid-19, significativa come lo sono tutte ma forse ancora di più perché monito per i giovani a fare la massima attenzione. Perché Lorenzo inizia il suo lungo post su Facebook specificando di “essere in ottima forma fisica. Non ho patologie pregresse godo (godevo) di ottima salute. Sono sempre stato molto attento a disinfettare correttamente le mani ed ho sempre tenuto la mascherina; eppure il virus è riuscito a passare. Poi la terapia intensiva. Quando è morto il mio compagno di stanza sono crollato”. Lorenzo è manager di Galateo Ricevimenti di Firenze, amico e collaboratore del sindaco di Terranuova Bracciolini (Ar), Sergio Chienni. Si trova ancora ricoverato nell’ospedale San Donato di Arezzo. La sua foto racconta tante cose, per esempio di come abbia perso “12 kg” in questi giorni “terribili”. Un racconto, il suo, che ha lo scopo di “sensibilizzare coloro che ancora si ostinano a portare la mascherina sotto al naso e fare le cene con gli amici. Penso al ragazzo di 39 anni di Livorno che è morto per un ritardo, penso al mio compagno di stanza, a tutti quelli che pur lottando non ce l’hanno fatta. Bisogna prevenire il virus a tutti i costi, fare sensibilizzazione e convincere gli scettici. Perché anche loro se ne renderanno conto quando una persona vicina è in fin di vita, ma sarà già tardi”.

E la storia di Lorenzo rendo conto anche di quanto sia “semplice” per il virus “passare”: “Il 19 ottobre sono dovuto andare al pronto soccorso oculistico dell’ospedale di Arezzo per una lesione alla cornea. C’erano moltissimi pazienti in attesa, tutti forniti di mascherina e gel igienizzante. Ma purtroppo in qualche modo il virus, o grazie alle difese immunitarie abbassate o per il fatto che inconsciamente mi toccavo spesso l’occhio, è riuscito a passare. Dopo 5 giorni, mentre ero in ufficio, è arrivato un leggero mal di testa e quando sono arrivato a casa avevo la febbre a 37.3. Automaticamente mi sono isolato. La mattina successiva sono andato, privatamente, a fare il test seriologico che è risultato negativo. Ma una volta a casa, la febbre era salita a 38.5″. E così è arrivato il ricovero: Lorenzo racconta di essere andato di nuovo, da solo, a fare il tampone e poi “una volta tornato, mio babbo mi ha fatto trovare il saturimetro che avevo preso su Amazon qualche giorno prima… La mia saturazione era a 91 con una frequenza a riposo di 109. Troppo poco ossigeno con troppi battiti”. Ospedale, e terapia intensiva: “Durante le notti infinite, ho avuto delle incontrollabili crisi di pianto. Un pianto di disperazione che non mi sarei mai aspettato da me, sempre cinico e razionale. Il quarto giorno hanno chiamato i miei per dirgli che mi avrebbero intubato. Non stavo migliorando ed era l’unica via percorribile. Entrambi i miei genitori in quel momento sono invecchiati. Mia mamma ha passato la notte a piangere e vomitare. Quella notte, il medico della rianimazione ha provato a farmi stare a pancia sotto, che tra casco e tutto il resto era una situazione allucinante, ma per fortuna ero sedato. Miracolosamente gli alveoli hanno cominciato a riaprirsi. Da lì è cominciata la lenta ripresa”. Ora, per Lorenzo c’è un’altra lunga fase, quella del recupero: “Mi hanno riportato in malattie infettive con il casco, e da quel momento sto facendo una sorta di svezzamento da ossigeno… I polmoni sono ripartiti grazie ai volumi altissimi di ossigeno ed ora devo reimparare a respirare normalmente. Nel frattempo ho avuto delle complicazioni dovute alla degenza, e voglio puntualizzare non alla negligenza di chi mi ha assistito e salvato la vita, semplicemente sono cose che possono succedere in queste situazioni. In terapia intensiva provavo a dire che mi faceva male il catetere vescicale ma mi rispondevano che non ero abituato ed era un fastidio e che non avrei avuto lo stimolo della pipì perché la vescica si sarebbe automaticamente svuotata nel tubicino. Io invece avevo lo stimolo e mi venivano dei crampi fortissimi, dopodiché mi trovavo tutto bagnato… Quando mi hanno tolto il catetere si son resi conto di avermi lesionato la vescica. Molto dolore e sangue nella pipì. Poi per non farsi mancare nulla, le due dosi di eparina al giorno per evitare la trombosi polmonare hanno fluidificato molto il sangue. Questo mi ha causato fortissime emorragie dal lato B. Una sera mi sono perfino impaurito perché non sapevo come fare a fermare il sangue ed alla fine ho dovuto anche pulire il pavimento del bagno perché mi vergognavo. Rispetto ai polmoni collassati sono cazzatine. Ma dopo tutti questi giorni, ogni intoppo pesa sul morale come un macigno”. La conclusione di Lorenzo, amara ma piena di speranza: “Piano piano sto migliorando, la saturazione sale, l’Ega migliora ed anche io mi sento meglio. Certo, se tolgo l’ossigeno per andare in bagno o mangiare dopo qualche minuto mi torna la tosse e l’affanno, ma sto meglio e sono sulla strada della guarigione“.

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