di Giambattista Scirè*
Qual è la vera ragione per cui il nostro Paese arranca di fronte all’emergenza Covid, cioè una delicatissima situazione che necessiterebbe una titanica razionalità medica e la massima preparazione scientifica? La ragione è semplice: dipende soprattutto dal degrado del sistema universitario, dal modo clientelare e corporativo in cui viene reclutata la classe docente, che forma così un impreparato e poco qualificato personale medico a cui spettano decisioni esiziali per tutti. Mi spiego meglio.
In tutti i settori scientifici – ma in particolare in quelli di Medicina – i concorsi sono predeterminati, per cui secondo me la comparazione valutativa pubblica è una farsa. Non si premia il più meritevole tra i candidati, innalzando il livello scientifico, ma si fa vincere l’allievo interno, il parente, il servo di turno, abbassando drasticamente la qualità individuale e complessiva. Il messaggio che passa è che la competenza, il sudore della ricerca scientifica non serva, perché tutto ciò che conta è la bravura a farsi raccomandare, ad accattivarsi la benevolenza del potente di turno. Ci sono centinaia di sentenze dei tribunali che lo certificano.
Risultato? Di fronte all’emergenza ne usciamo con le ossa rotte e mettiamo a rischio il sistema sanitario e la vita stessa dei cittadini.
Un esempio concreto? Lo strapotere dei rettori in una materia che non gli compete, cioè la sanità.
Andiamo a dare uno sguardo nella sanità universitaria siciliana dove, evidentemente, qualcuno ha nostalgia del “Regno delle Due Sicilie” e vorrebbe alla guida dei RE…ttori.
In Sicilia può accadere benissimo che alcune norme nazionali di controllo e garanzia, che dovrebbero certificare la legittimità delle strutture sanitarie universitarie e la loro aderenza ai principi fondanti del Sistema sanitario nazionale (nella fattispecie i dlgs 502/92 e 517/99), non valgano più, e che un protocollo d’intesa (pubblicato sulla G.U.R.S. del 3 aprile 2020) siglato in tempo di lockdown tra un assessore regionale ed i rettori universitari (Catania, Messina e Palermo) possa tranquillamente non tenerne conto. Ed ancora può capitare che un rettore possa dare una interpretazione delle leggi del tutto personale e arrogarsi un diritto di nomina che non gli compete esclusivamente (dovrebbe toccare al direttore generale dell’azienda ospedaliera, ndr).
Il protocollo d’intesa siciliano non rispetta la normativa nazionale perché prevede, per la nomina dei commissari che dovranno selezionare gli aspiranti candidati a dirigere la Uoc (Unità operativa complessa), una valutazione fondata solo sul settore scientifico disciplinare al quale essi afferiscono e non considera, invece, criteri fondamentali che qualifichino le loro competenze clinico-gestionali nella disciplina ospedaliera. In poche parole, si sceglie non sulla base di una determinata specialità clinica e comprovata competenza medica ma sulla base di un teorico settore scientifico disciplinare (che prende in considerazione solo l’attività didattica e di ricerca, magari sperimentale), compromettendo la correttezza e l’affidabilità del procedimento valutativo.
In questo modo, un docente di Medicina dello sport potrebbe valutare un aspirante alla direzione di una Uoc di geriatria o di reumatologia, senza possederne la specializzazione, in quanto queste due discipline afferiscono allo stesso settore scientifico-disciplinare, Medicina interna. Peggio ancora, si potrà prevedere una figura di docente valutatore Uoc per Scienze mediche (area 6) che non abbia nemmeno la laurea in Medicina e chirurgia. L’esempio più eclatante è il settore Medicina legale dove afferiscono docenti sia medici sia avvocati, quindi un laureato in Giurisprudenza potrebbe giudicare le competenze cliniche, quelle per esempio inerenti agli esami necroscopici, e quelle gestionali di un docente medico. In due parole, uno scempio.
Il meccanismo di nomina sopra descritto, oltre a contenere norme “contra legem”, appare incongruo, pericoloso e lontano dai principi sanitari nazionali, ma soprattutto rischia di compromettere pesantemente il diritto dei cittadini alla salute, cioè ad avere, nelle strutture di ricovero affidate alle università, un’assistenza sanitaria qualificata, fondata sulla presenza di responsabili di struttura selezionati correttamente sulla base del merito e competenti nella pratica clinica.
È molto grave e pare che queste norme illegittime contenute nei nuovi protocolli di intesa regionale abbiano già trovato applicazione all’Università di Messina.
La speranza di Trasparenza e Merito è che, alla luce delle criticità emerse nei nuovi protocolli di intesa siciliani, delle recenti determinazioni assunte dall’ateneo messinese, il ministero della Salute e quello dell’Università
possano assumere una iniziativa rapida ed efficace di controllo, in maniera da fare chiarezza sulla legittimità degli atti assunti da vari pubblici ufficiali.
In tempo di emergenza Covid si tratta di problematiche che toccano da vicino la vita e la salute dei cittadini e vanno ben oltre la questione delle assunzioni nelle università e nei policlinici.
* Storico, amministratore e responsabile scientifico di “Trasparenza e Merito”