Wall Street potrà reggere ad un Cigno Nero che non si era mai presentato prima, e cioè un presidente in carica, perse le elezioni, che non se ne vuole andare?
L’ultimo esempio della follia alla Caligola di Donald Trump lo ha rivelato Axios: il tycoon sconfitto sta valutando la possibilità di avviare una propria società media, digitale e televisiva al solo scopo di far concorrenza a Fox News. “Ha in programma di distruggere Fox, non ci sono dubbi” ha raccontato un suo amico. The Apprentice in Chief, come viene chiamato, è furioso con la rete via cavo di Rupert Murdoch perché Fox aveva assegnato praticamente subito l’Arizona al suo avversario Joe Biden (la proclamazione ufficiale è di oggi). Con questo atteggiamento da perdente rancoroso, Trump ha dunque varie settimane per provocare danni a destra e a manca, compreso il mercato azionario.
Nessuno vuole un crollo a Wall Street, in un anno che più movimentato, stressante e inquietante non poteva essere. Per dirla con Karl Rove, strategist politico repubblicano, “un virus mortale ha colpito senza preavviso e ha causato quasi 250.000 morti americani; il lockdown ha demolito le routine personali di ciascuno e ci ha lasciato senza fiato aspirando alla normalità; un’improvvisa, profonda recessione ha strappato la ritrovata prosperità a molte famiglie; e ora la ripresa solleva economicamente alcuni ma ne lascia a terra molti altri”. Come dire: in questo terribile 2020 un presidente Usa sconfitto, autocratico e incapace di perdere ci sta pure.
Pur in questo scenario distopico i grandi investitori che muovono miliardi sono rimasti finora calmi. Certo, molti esprimono preoccupazioni per il fatto che la strategia di Donald Trump, volta a contestare l’esito delle presidenziali senza fornire prove, potrebbe incidere creando in borsa volatilità e ribassi. Ma vero è che pochissimi scommettono sul fatto che quest’ultima sua disperata sfida (lui è anche in difficoltà con 400 milioni di debiti in scadenza per un settore disastrato come l’alberghiero) possa avere qualche chance di successo.
Sembra grottesco che prima delle elezioni le grandi banche d’affari affermassero che un ‘rischio chiave’ per la stabilità dei mercati era proprio la possibilità che Trump non accettasse il risultato o si fosse rifiutato di lasciare la Casa Bianca. Tuttavia, anche se questo ipotetico scenario lo stiamo vivendo davvero, l’indice S&P 500 è aumentato di circa il 6% dal 3 novembre. Corollario: calma e gesso da parte dello smart money, broker e operatori globali.
Se Trump deve ancora “concedere” la vittoria, rompendo con una tradizione americana di lunga data, e se finora ha bloccato milioni di dollari di finanziamenti per il comitato per la transizione di Biden, ostacolando anche la capacità del ‘presidente eletto’ di incontrare i responsabili delle agenzie di intelligence e dei principali dipartimenti dell’amministrazione, tutti danno per assodato che l’ex vice di Barack Obama si avvia ad una vittoria netta, con oltre 5 milioni di voti in più rispetto al presidente repubblicano “da un solo mandato” [al 12 novembre: 77,558,792 voti per Biden (50.8%) e 72,349,982 voti per Trump (47.4%)].
I settori del listino che avrebbero dovuto sovraperformare con Biden sono infatti in crescita, come le azioni di società che commercializzano la cannabis e quelle del settore energia pulita ed economia green. I titoli di aziende che gestiscono carceri private sono invece in calo dell’8% o più, riflettendo la proposta del presidente eletto di voler porre fine all’uso federale di strutture private.
Il giorno in cui è stata annunciata la notizia dell’efficacia del vaccino di Pfizer, poi, Wall Street e tutte le borse hanno reagito con forti rialzi, in boom le azioni di compagnie aeree, catene di cinema, società di crociere, settori per mesi penalizzati dal virus e quindi ringalluzziti dall’ottimismo ispirato dall’annuncio del vaccino, in verità fin troppo visto che la fine dei lockdown nel mondo è lontana. Male i titoli di aziende che hanno prosperato durante il Covid: da Zoom a Netflix, per citarne due.
La sconfitta di Trump e i progressi sul fronte farmaceutico anti-Covid, proprio mentre l’epidemia raggiunge ovunque nuovi picchi, hanno tenuto su il mercato. Wall Street ritiene improbabile che la vittoria di Biden venga ribaltata dalle cause farlocche di Trump. E la performance degli indici è coerente con la preferenza dei grandi investitori per un chiaro vincitore piuttosto che per un lungo contenzioso come accadde nel 2000.
In quel caso, il risultato restò appeso per cinque settimane fino a quando la Corte Suprema degli Stati Uniti decise che la Florida andava assegnata a George W. Bush, il quale ottenne così la Casa Bianca. Al Gore “concesse” subito dopo la vittoria, come appunto è prassi. Quell’anno l’indice S&P 500 registrò un ribasso di -7,8% tra il giorno delle elezioni e la fine di dicembre, anche se lo stallo nella proclamazione del vincitore si sovrappose alle avvisaglie di scoppio della bolla dot.com di fine anni ’90.
Un’ultima considerazione. Wall Street sale e anzi è a un passo dai massimi storici (il Dow Jones a una manciata di punti da quota 30.000) anche nell’anno della peggiore pandemia globale degli ultimi 100 anni (52,3 milioni di contagiati e 1,30 milioni di morti) e perfino con un presidente vendicativo asserragliato a 1600 Pennsylvania Avenue, in sostanza per due motivi:
1) è the only game in town per gli investitori alle prese con tassi negativi e rendimenti sottozero;
2) è sotto l’effetto della droga monetaria dei trilioni di dollari e di euro iniettati sul mercato dalle banche centrali, Federal Reserve e Bce, con il loro Quantitative Easing all’infinito.
Azioni alle stelle anche se le economie di decine di paesi sono in crash, milioni di persone hanno perso e perderanno il posto di lavoro e un numero infinito di aziende piccole e medie annaspano ridotte a zombie, prima di chiudere. Il mercato azionario non rispecchia più da tempo l’andamento dell’economia reale, ha assunto le caratteristiche di un universo parallelo o realtà alternativa. In questi mondi, chi siede nell’Oval Office è irrilevante.