Negli ambienti della ‘ndrangheta si faceva chiamare Mico u curtu o Mico di Mario dal nome di suo padre, altro pezzo da novanta della cosca di Rosarno. Il boss latitante Domenico Bellocco è stato catturato a Mongiana, in provincia di Vibo Valentia. I finanzieri del Goa e i carabinieri delle Aliquote di Primo Intervento e dello squadrone “Cacciatori di Calabria” lo hanno scovato in un casolare di campagna. L’arresto di Bellocco non è avvenuto a caso ma è il risultato di alcuni elementi raccolti dal Gico, nell’ambito dell’operazione “Tre croci”. Elementi che, intrecciati con le indagini del Nucleo investigativo dell’Arma, hanno spalancato le porte del carcere al latitante accusato di associazione mafiosa e narcotraffico. Bellocco era alla macchia dal novembre 2019 quando riuscì a fuggire al blitz dell’inchiesta “Magma”, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri e dall’aggiunto Gaetano Paci.
Da un sequestro, nel 2016, di 400 chili di cocaina gettata in mare dall’equipaggio di una motonave, i magistrati erano riusciti a ricostruire le varie articolazioni dei Bellocco operanti nel centro e nord Italia. Quel traffico internazionale di droga, secondo gli inquirenti, era gestito da Domenico Bellocco. Era lui, 44 anni e ormai due latitanze alle spalle, che coordinava le operazioni di importazione di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente giunti in Italia attraverso il porto di Gioia Tauro. Dall’Argentina e dal Costarica, i suoi uomini riuscivano a far arrivare in Italia, con la tecnica del rip-off, cocaina nascosta all’interno di borsoni che poi venivano occultati nei container. Prima però, i Bellocco inviavano i loro emissari in Sudamerica per visionare lo stupefacente e contrattare con i narcos al fine di poter organizzare gli aspetti logistici dell’importazione. Nella stessa inchiesta era emerso che da Rosarno all’Uruguay erano volati 50mila euro per far scarcerare Rocco Morabito, il boss detto “Tamunga” che era stato arrestato nel 2018.
Dal giorno dell’operazione “Magma”, il cui processo è iniziato in queste settimane, di “Mico u curtu” si erano perse le tracce. Gli investigatori e il pm Francesco Ponzetta non hai mai smesso di cercarlo. Finalmente sono riusciti a girare le manette ai polsi del boss ritenuto il capo dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta. Stando a quanto riferito da due collaboratori di giustizia Salvatore Albanese e Giuseppe Tirintino, infatti, era stato direttamente il patriarca Umberto Bellocco a dare la reggenza della cosca di Rosarno al latitante. Al momento dell’arresto, Domenico Bellocco era solo e con un documento falso sul quale, adesso, la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha avviato degli accertamenti. Il documento, infatti, sembrerebbe che corrisponda all’identità di una persona realmente esistente e gli investigatori stanno cercando di capire eventuali collegamenti con il boss. “È stato catturato un personaggio di spicco della criminalità organizzata di stampo ‘ndranghetista della zona tirrenica della provincia di Reggio Calabria”. Il procuratore Giovanni Bombardieri è entusiasta: “L’approfondimento e la cura delle indagini della Dda nella ricerca dei latitanti sono stati ancora una volta premiati da un risultato molto importante. Domenico Bellocco è ritenuto il reggente della potente cosca”. La ministra dell’Interno Luciana Lamorgese si è complimentata con i magistrati reggini, la guardia di finanza e i carabinieri. “La cattura di questa sera – ha affermato – dimostra la capacità delle forze di polizia di operare in una stretta e costruttiva sinergia contro le organizzazioni criminali, lavorando insieme con professionalità e determinazione per garantire la sicurezza e la legalità”.