Il reato contestato è quello previsto dall'articolo 483 del Codice penale: falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e la pena base va da due mesi di reclusione, ridotta per il rito e convertita in pena pecunaria
Iniziano ad arrivare i decreti penali di condanna per chi, durante il lockdown di marzo, ha dichiarato il falso nelle autocertificazioni. Come riporta ilsole24 ore.it, il reato contestato è quello previsto dall’articolo 483 del Codice penale: falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e la pena base va da due mesi di reclusione, ridotta per il rito e convertita in oltre duemila euro di multa. Non si tratta di una sanzione amministrativa, ma di una condanna convertita in multa che finisce nel casellario giudiziale.
Per la Corte di Cassazione le dichiarazioni sostitutive, se rese a un pubblico ufficiale, sono idonee a integrare il reato di falso ideologico commesso da privato in atto pubblico. Meglio allora dire la verità, cioè ammettere che non si ha un motivo per stare in giro: nel qual caso si rischia una sanzione amministrativa da 400 a 1.000 euro, come previsto dalla legge 35/2020 (di conversione del Dl 19/2020). Se si mente, invece, scatta il penale. Regola che vale non solo in periodo di lockdown, ma sempre quando si dichiara il falso a pubblici ufficiali.
L’ammontare della pena pecuniaria tiene comunque conto della condizione economica complessiva dell’imputato e del suo nucleo familiare. Ma comunque un giorno di detenzione non può mai essere inferiore a 75 euro di pena pecuniaria, anche se l’imputato è disoccupato o è uno studente. Se il decreto penale non viene impugnato entro 15 giorni dalla notifica, il giudice ne ordina l’esecuzione.
(immagine d’archivio)