Il ministro si è distratto?
Probabilmente al ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, già ingegnere edile, hanno preparato la dichiarazione e l’hanno pure diramata sui media ed i social network senza neppure fargliela vedere. Cose che capitano – è l’alibi del momento – nell’era del social media management gestito in outsourcing. “Quel post non è stato scritto da me” è diventata la giustificazione più ricorrente.
Azzardo questa ipotesi perché le enfatiche dichiarazioni del senatore del M5S relative ai successi del governo e alla efficienza del sistema bancario nella gestione dei fondi da erogare alle imprese nell’ambito del decreto liquidità forse meritavano una analisi più approfondita.
Patuanelli si è soffermato solo ed esclusivamente su un numero: 100 miliardi di liquidità!
Una cifra che, in valore assoluto e comunicata con la tipica pomposità del linguaggio populista, suona ridondante e fa audience. Ma produce un enorme fastidio a tanti, tantissimi imprenditori che si sono sentiti presi in giro.
Mentre può sembrare, sebbene infondato, giustificato e coerente il peana al governo, al contrario l’endorsement al sistema bancario ci sembra un tantino incongruente e contraddittorio con la linea politica del partito (M5S) che ha sempre (teoricamente) combattuto le banche e la malafinanza. Evito di citare Andreotti sugli effetti della gestione del potere perché sarebbe, in questo caso, puro esercizio stilistico.
Ad ogni modo, a prescindere da questo piccolo preambolo, andiamo ad analizzare i dati.
Secondo i dati del Fondo di garanzia, negli ultimi 8 mesi (dal 17 marzo al 9 novembre), i 101miliardi di euro sono stati erogati a 1.252.662 di imprese che, così come previsto, rappresentano solo il 25% del totale delle partite Iva del nostro paese.
In altri termini solo una impresa su quattro ha ricevuto un finanziamento previsto dal decreto liquidità!
Inoltre si osservi, fondamentale per ciò che verificheremo tra poco, che il 78% delle imprese beneficiarie di un prestito, la stragrande maggioranza ha ottenuto (non sempre richiesto) un finanziamento fino a 30.000 euro, cioè uno di quei mutui che sulla carta dovevano essere erogati dal sistema bancario in modalità “costume da bagno”, per come erano stati presentati dal presidente del Consiglio dei ministri in pieno lockdown.
Cioè con quella che doveva essere una analisi del merito creditizio semplice, veloce e poco burocratica!
Non solo. Ma al ministro non hanno forse detto che le banche aderenti al fondo (e che quindi potevano erogare i finanziamenti del decreto) sono circa 300 e che gli sportelli presenti sul territorio italiano (dati Bankitalia) sono circa 25.000 di cui, più o meno, 18.000 appartengono alle banche medie e grandi.
Bastava una semplice operazione aritmetica per capire che ogni banca coinvolta, in questi ultimi 8 mesi, ha erogato una media di 26 pratiche al giorno.
Un numero, anche questo, che può sembrare a prima vista soddisfacente soprattutto se rapportato alle banche di piccole dimensioni, quelle che cumulano in totale circa 7.000 filiali e che quindi hanno erogato mediamente circa una pratica al giorno per sportello.
Un numero che diventa ridicolo se correlato ai parametri delle banche medie e grandi che hanno, invece – secondo le dichiarazioni del ministro – sudato tanto per lavorare una richiesta ogni 2,5 giorni!
Un bel insuccesso per il quale riporto al ministro i ringraziamenti delle oltre 3,5 milioni di partite Iva che, per effetto delle lungaggini burocratiche e dei deliri di onnipotenza delle banche ma anche e soprattutto per l’incertezza del dettato legislativo, anche questo previsto, non hanno ricevuto neppure un euro.
E probabilmente si sono rivolte a gente poco raccomandabile.