L’Asia balla da sola. Anzi, con la Cina. Quindici Paesi dell’Asia-Pacifico hanno firmato il più grande accordo di libero scambio al mondo, visto come un’occasione per la Cina di estendere la sua influenza sull’area. Il Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep) include le 10 economie dell’Asean insieme a Cina, Giappone, Corea del Sud, Nuova Zelanda e Australia, rappresentando il 30% circa del Pil globale.
Proposto per la prima volta nel 2012, l’accordo è stato siglato nel weekend alla fine di un vertice dei Paesi del sudest asiatico, con diversi leader impegnati a risollevare le economie colpite dalla pandemia del Covid-19. L’India non ha firmato sui timori di un aumento del suo deficit commerciale con la Cina, ma potrebbe esplicitamente aderire in un secondo momento. I progressi negoziali sono stati particolarmente lenti nei primi anni, ma le discussioni hanno preso slancio dopo che Donald Trump è diventato presidente degli Stati Uniti nel 2017 ritirando gli Usa dal Tpp, il trattato di libero scambio proposto dall’amministrazione di Barack Obama composto da 12 Paesi.
Ora, nel mezzo di una crescente tendenza globale al protezionismo, i Paesi partecipanti sono diventati più motivati. L’accordo comprende 20 capitoli di regole che coprono dal commercio di beni, investimenti e commercio elettronico alla proprietà intellettuale e agli appalti pubblici, con l’obiettivo di aumentare l’interazione economica basata su regole tra i membri, con la prospettiva di entrare in vigore quando tutti i firmatari lo avranno ratificato. È il secondo grande accordo commerciale multilaterale per l’Asia, dopo quello globale e progressivo per la partnership transpacifica (Cptpp), la versione a 11 del Tpp senza gli Usa: sette Paesi fanno parte anche dei 15 del Rcep.
Per Cina e Giappone, rispettivamente prima e seconda economia asiatica, il Rcep è il primo accordo di libero scambio a metterle in contatto. L’intesa è considerata una significativa pietra miliare per la regione, a maggior ragione in vista della ripresa post pandemia. “La firma del Rcep non è solo un traguardo epocale nella cooperazione nell’Asia orientale, ma è anche una vittoria del multilateralismo e del libero scambio”, ha commentato il premier cinese Li Keqiang.
Si sono spinti oltre i media ufficiali di Pechino: il successo del “mega accordo Rcep è una vittoria per il multilateralismo e il libero scambio, con Paesi, compresi gli alleati degli Usa, che hanno assestato un colpo al protezionismo e al bullismo economico perseguito dagli Usa e da altri”, ha scritto il tabloid nazionalista Global Times, aggiungendo su Twitter che “il Rcep aiuterà la regione dell’Asia-Pacifico a prendere la leadership globale nella ripresa post Covid-19 e a ridurre l’egemonia Usa nella regione”.
“Paesi diversi, ed anche rivali politicamente e commercialmente tra loro trovano il coraggio di capire che il benessere comune supera le divergenze passate. La presenza di Cina, Giappone e Corea (rivali storici), ma anche di Australia con cui la Cina ha avuto turbolenze in un unico accordo, è sensazionale e cambierà gli equilibri mondiali del commercio”, commenta all’Ansa Michele Geraci, professor of Practices in Economic Policies alla Nottingham University a Ningbo e adjunct professor alla New York University a Shanghai, testimone diretto dell’osservatorio privilegiato Asia e Atlantico.
Per l’Italia “è una buona notizia, certamente non dobbiamo essere immobili e il nostro governo deve stimolare e favorire i rapporti commerciali. Il nostro export totale è di 43 miliardi di dollari in questi 15 Paesi. Abbiamo una forte crescita in Giappone (13%) con cui abbiamo firmato accordi di libero scambio già in vigore dallo scorso anno che sta producendo i suoi primi frutti. Il Vietnam è ancora problematico nonostante abbiamo altri accordi, il nostro Paese deve essere dinamico e non dormiente, questa nuova alleanza può permetterci di penetrare più facilmente gli altri mercati dell’area asiatica”.
E aggiunge: “Geopoliticamente questo sensazionale accordo è una vittoria per la Cina e l’Asia Pacifico. Si nota chiaramente che, l’occidente è necessario, ma questi territori asiatici possono procedere in autonomia, questo sarà il tema dei prossimi 5 anni, e il significato della Dual circulation di cui parla Xi. L’accordo di oggi è la prima pietra di questo Dual circulation. A breve si aggregherà anche l’India“.