Lewis Carl, nato a Stevenage il 5 gennaio 1985. Quando Anthony Hamilton e Carmen Larbalestier hanno battezzato il loro bambino con il nome del “figlio del vento” dell’atletica, certo non poteva immaginare che uno giorno questo avrebbe fatto della velocità il suo marchio. Hamilton ha vinto sette titoli mondiali. Tanti quanti ne ha vinti Michael Schumacher. Un record che oggi è condiviso ma che tra un anno potrebbe non esserlo più. Nel 2021 l’obiettivo è uno solo: diventare il più iridato di tutti. Il titolo di più vincente è già suo. Il 25 ottobre scorso, in Portogallo, è salito per la 92esima volta sul gradino più alto del podio. Una volta in più del tedesco. Il record di pole position invece è arrivato molto prima, durante il gran premio di Monza 2017. Un dominatore, anche sul bagnato del Gp di Turchia, dove è arrivato l’ennesimo trionfo.
La gara – Sul circuito dell’Istanbul Park Hamilton si sarebbe potuto accontentare di un piazzamento onorevole. Con Bottas nelle retrovie fin dalla partenza, il titolo non era più in pericolo. L’inglese invece ha voluto ribadire di essere il più forte, nonostante la settima posizione in griglia, l’errore al primo giro e la quinta posizione in cui si è ritrovato. Ha fatto durare la sua gomma intermedia per un’eternità, portandosi lentamente in prima posizione per poi non lasciarla più, come fa da anni. In un gara pazza, grazie al circuito bagnato, lui è rimasto la costante. Dietro si sono dati battaglia i giovani, ma alla fine sul terzo gradino del podio l’ha spuntata un altro “vecchio”, Sebastian Vettel, rinato con la Ferrari. Charles Leclerc infatti ha sbagliato proprio all’ultima curva, perdendo il podio. Secondo Sergio Perez con la Racing Point, solo sesto Max Verstappen con la Red Bull. Sono coloro che dal prossimo anno rilanceranno l’assalto a Hamilton, apparso oggi – se possibile – ancora più imbattibile.
Lewis meglio di Michael? Hanno la stessa cattiveria nell’abitacolo e la stessa incapacità di accettare la sconfitta. In più Hamilton ci mette una maggiore abilità sul bagnato. Oltre ai record e alle caratteristiche sportive, i due condividono molto di più. Entrambi sono figli della periferia. Cresciuto a Kerpen il tedesco, a Stevenage l’inglese. Nati in famiglie modeste, lontane da quella agiatezza economica che rappresenta una parte fondamentale quando ci si avvicina al mondo dei motori. I due però avevamo qualcosa di molto più importante: il talento. Tutti e due ispirati dalla stessa fonte, Ayrton Senna. Ma gli aspetti che li differenziano non mancano. Hamilton abbina l’aggressività in pista a una lucidità pressoché totale. Quella lucidità che a Schumacher è invece mancata all’inizio della carriera. Ancora tutti ricordano l’incidente ad Adelaide con Damon Hill nel 1994 e, soprattutto, quello di Jerez con Jacques Villenueve nel 1997. E poi c’è una gestione dell’immagine fuori dal paddock diametralmente opposta. Hamilton negli anni si è fatto testimonial di messaggi contro il razzismo. Attivo sia in ambito sociale che politico. Il tedesco, invece, non si è mai esposto pubblicamente, trincerando le sue opinioni così come la sua vita privata.
Il sorpasso compiuto da Hamilton è iniziato tredici anni fa, il 18 marzo 2007 a Melbourne. Ha solo 22 anni e viene dal titolo mondiale in Formula 2. Ron Dennis lo ha voluto come titolare nell’abitacolo della McLaren insieme al due volte campione mondiale Fernando Alonso. Parte per fare il gregario ma nessuno crede che lo sia davvero. Infatti ci mette appena cinque gare a prendere le misure alla nuova realtà. Alla sesta, in Canada, è già sul gradino più alto. La scena si ripete negli Stati Uniti, in Ungheria e in Giappone. Quattro vittorie e sei pole position. Nonostante i rivali e gli attriti con Alonso, nell’ultima gara in Brasile è in testa al campionato. Ma l’inesperienza viene fuori. Hamilton chiude settimo e la Ferrari di Raikkonen diventa campione del mondo per un solo punto.
Nel 2008 Alonso torna alla Renault ed Hamilton viene riconosciuto ufficialmente come la prima guida. Lo scenario però è lo stesso. Hamilton vince in Australia, Monaco, Gran Bretagna, Germania e Cina e si presenta in Brasile ancora una volta in vetta. L’avversario è ancora un ferrarista, Felipe Massa. All’inglese basta un piazzamento. Tutto pare andare per il meglio quando, a cinque giri dal termine, sul circuito di Interlagos comincia a diluviare. Subisce il sorpasso di Vettel e apre uno spiraglio inatteso per Massa. Quando il brasiliano taglia il traguardo, Hamilton ha ancora due curve da fare. Davanti a lui c’è Timo Glock con la sua Toyota in evidente difficoltà sul bagnato. Il sorpasso è inevitabile. È l’ultima curva prima del rettilineo conclusivo. Hamilton chiude quinto, quanto basta. È campione del mondo per la prima volta.
L’anno successivo il regolamento viene stravolto. La McLaren non ha le prestazioni degli anni precedenti. Hamilton vince solo a Singapore e chiude al quinto posto in graduatoria. Comincia così un lungo periodo di transizione che relega Hamilton lontano dalle posizioni di vertice. Nel 2010 chiude quarto, vincendo in Turchia, Canada e Belgio. L’anno successivo invece termina con un anonimo quinto posto, portando a casa le gare in Cina, Germania e Abu Dhabi. Il 2012 le delusioni continuano. Hamilton vince quattro gare (Canada, Ungheria, Italia e Stati Uniti) ma la vetta è troppo lontana. Chiude ancora una volta quarto. Dopo quindici anni è arrivato il tempo di cambiare. Lascia la McLaren.
Il suo approdo in Mercedes rappresenta simbolicamente un passaggio di consegne. Va infatti a sostituire proprio Michael Schumacher. Le Frecce d’Argento sono una scuderia dal sapore pionieristica nel panorama della Formula 1. Prima della rifondazione del team nel 2010, hanno gareggiato solo nel biennio 1954-1955, vincendo due titoli piloti con Juan Manuel Fangio. Dopo sessant’anni l’obiettivo è tornare a trionfare. Il 2013 è però un anno interlocutorio. Hamilton fatica e vince soltanto in Ungheria. È ancora una volta quarto, ma il distacco da Vettel, stavolta, è di 200 punti. Sono in molti a credere che l’inglese abbia fatto la scelta sbagliata. Ma nel 2014 le cose cambiano radicalmente. Un nuovo dominio sta per iniziare. Bastano pochi test invernali per far capire l’andamento del campionato. Il mondiale è una sfida interna alla Mercedes. Hamilton vince undici gare. Rosberg solo cinque. Sono 67 i punti che dividono i due compagni. Sei anni dopo la prima volta, Hamilton è campione del mondo. Il lungo periodo di transizione è giunto al termine. L’anno successivo il copione non cambia. Vince dieci gare contro le sei del finlandese. Il titolo è ancora suo: 381 a 322. È il terzo. Tanti quanti quelli del suo mito Ayrton Senna.
Il 2016 però non inizia nel migliore dei modi. Rosberg vince le prime quattro gare e costringe Hamilton ad inseguire. Alla fine le vittorie sono nove per entrambi ma a fare la differenza sono due ‘zero’ dell’inglese nei Gp di Spagna a Malesia. Quest’ultimo ritiro gli costa il mondiale. Prova una rimonta nelle ultime quattro gare ma Rosberg arriva sempre secondo, perdendo il minimo in classifica. Quando i due tagliano il traguardo dell’ultimo appuntamento ad Abu Dhabi Hamilton è dietro di cinque punti. Rosberg ha vinto. Per Lewis è un duro colpo. A scuoterlo parzialmente giunge però una notizia inattesa. Il compagno annuncia il ritiro. Dal 2017 sarà il capitano unico della propria scuderia. In carriera non è successo molto spesso.
Senza Rosberg l’avversario più temibile diventa Sebastian Vettel. La Ferrari viene da cinque anni deludenti ma l’inizio di stagione è di quelli importanti. Vettel trionfa tre volte in sei gare e balza in testa al mondiale. Anche Hamilton trionfa in tre Gp ma la differenza la fanno un quarto posto in Russia e un settimo a Montecarlo. Poi arriva l’estate e un altro campionato prende forma. Vince sei gare e approfitta di due ritiri di Vettel a Singapore e in Giappone. In Messico c’è la prima occasione per chiudere. È sufficiente il nono posto per vincere il quarto iride. La delusione dell’anno prima è superata. Da adesso in poi è tempo di aprire il libro dei record. Nei due anni successivi Hamilton e la Mercedes dominano, inanellando vittorie su vittorie. Nel 2018 sono undici per un totale di 408 punti. Undici sono le vittorie anche nel 2019. L’annata si rivela interessante solo per un motivo. Dopo quattro anni Hamilton non primeggia nelle pole position. A superarlo ci ha pensato un giovane monegasco appena arrivato in Ferrari. Si chiama Charles Leclerc. Per molti il futuro della Formula Uno se lo divideranno lui e Verstappen. Ma appunto: quando arriverà il dopo-Hamilton?
L’inglese ha 35 anni, eppure sembra non essere mai stato così in forma, mentalmente e fisicamente. Anche nell’incertezza generata dalla pandemia Covid-19 (ben 13 le gare annullate), Hamilton e la sua Mercedes rappresentano la costante (sette titoli costruttori consecutivi tra il 2014 e il 2020). L’unica incognita di un binomio perfetto è quella del contratto. Hamilton non ha ancora rinnovato l’accordo che scade alla fine di quest’anno.