L'infortunio di Marc Marquez ha segnato questo motomondiale. Senza più il dominatore, per tutti si era aperta la prospettiva di conquistare il titolo. La candidatura del 23enne iberico non era tra le più forti ma lo è diventata di gara in gara: un trionfo figlio del talento, della capacità di saper cogliere il momento opportuno
Talento, tanto. Ma soprattutto costanza: Joan Mir è il nuovo campione del mondo della MotoGp. Vent’anni dopo Kenny Roberts Junior, lo spagnolo riesce nell’impresa di riporta la Suzuki a vincere il titolo iridato. Il settimo nella storia della scuderia giapponese. Quello di Mir è un successo sorprendente, il timbro del protagonista meno atteso. Prima di questo 2020, infatti, non era mai riuscito a salire sul podio nella classe regina, mentre la prima vittoria è di appena una settimana fa. Un trionfo figlio della capacità di saper cogliere il momento opportuno, di correre da pilota esperto, restando l’unico a centrare sempre piazzamenti importanti che lo hanno mantenuto nelle posizioni di vertice. Il 23enne iberico ha sovvertito anche le gerarchie interne contro Alex Rins, riuscendo a centrare un obiettivo che sembrava impossibile fino a un anno fa: riportare in auge la casa di Hamamatsu. Una missione che non erano riusciti a compiere nemmeno Loris Capirossi e Maverick Vinales. I due deludenti decenni vissuti nelle retrovie sono stati cancellati di colpo. Mir, dopo appena due anni di MotoGp, è diventato il nuovo uomo immagine della Suzuki. Il pilota su cui fare affidamento per mantenere questa ritrovata supremazia anche nelle prossime stagioni.
La gara – Alla fine, chi più può rimpiangere un campionato accorciato dal Covid è Franco Morbidelli che ha conquistato la terza vittoria stagionale a Valencia, dopo un bellissimo duello con Jack Miller (Ducati Pramac). Il pilota italiano ha dimostrato alla fine di essere il più forte sulla Yamaha, più di Quartararo (caduto anche oggi), più di Vinales e Rossi, dati tra i dispersi nelle retrovie su una M1 che non sa risolvere i propri problemi. Terzo sul podio Pol Espargaro con una Ktm che si conferma una moto solida. Solidissima è stata la Suzuki per tutto il campionato e anche a Valencia: Alex Rins si piazza quarto, Mir si accontenta della settima posizione. Freddo, calcolatore, perfetto come in tutta la stagione: corre lontano dai rischi per andare a prendersi il titolo.
Nato il 1 settembre 1997 a Palma di Maiorca, Mir ha cominciato presto a mettere in mostra le sue doti. Sale per la prima volta su una minimoto a dieci anni ma già due anni dopo comincia a primeggiare nelle varie competizioni nazionali. Tra il 2009 e il 2011 è campione nelle categorie minimoto e minimotard, mentre nel 2013 si classifica nono al suo primo anno di Red Bull Rookies Cup, il campionato motociclistico riconosciuto dalla FIM (la Federazione internazionale di motociclismo). Ha appena 16 anni e il suo nome comincia a finire sui taccuini degli addetti ai lavori. Partecipa alla competizione anche l’anno successivo e diventa vice campione. Il salto ormai è inevitabile. Nel 2015 entra nelle fila della Leopard Racing partecipando al FIM CEV Repsol. Nella stessa stagione arriva anche l’esordio in Moto3. L’occasione è l’infortunio di Hiroki Ono. È alla Leopard Racing anche l’anno dopo, ma stavolta è promosso a guida titolare con una KTM. Diventa il rookie dell’anno e si piazza al quinto posto in classifica, centrando la prima pole position e la prima vittoria in Austria.
Nel 2017 la squadra è la stessa. A cambiare è invece la moto. Mir guida una Honda. Il binomio si rivela perfetto. Lo spagnolo vince ben undici gare e si laurea campione del mondo in Australia con due gare in anticipo. Mir sale in Moto2 con il team Marc VDS Racing guidando una Kalex. Sale quattro volte sul podio e finisce il campionato al sesto posto. Per la Suzuki è più che sufficiente. Nel 2019 il maiorchino debutta in MotoGp con la scuderia giapponese. Ottiene un quinto posto in Australia e nella seconda parte di stagione non si piazza mai sopra il decimo posto. La conferma per il 2020 non è mai in dubbio. L’infortunio di Marc Marquez scuote il motomondiale. Senza più il dominatore delle ultime stagione, per tutti si apre la prospettiva di conquistare il titolo. La candidatura di Mir non è tra le più forti ma lo diventa di gara in gara, fino al Gp d’Aragona, quando conquista la vetta. È il momento più importante della stagione insieme alla gara di Valencia, teatro della prima vittoria della stagione nonché in MotoGp.
Tutti si aspettavano Quartararo (grande favorito della vigilia, soprattutto dopo l’avvio di campionato con due vittorie nelle prime due gare) ed invece è spuntato il numero 36 di Mir. Per la Spagna è l’ennesima conferma di un movimento che non finisce mai di produrre talenti. Il titolo mondiale del giovane spagnolo rappresenta però una boccata d’ossigeno per tutto il motociclismo, ormai logorato da anni di dominio di Marquez. Con un Mir ormai consapevole dei propri mezzi, un Maverick Vinales alla ricerca costante dell’acuto mondiale e un Quartararo che vorrà rifarsi dell’occasione perduta, la speranza è avere un campionato ancora più combattuto. In attesa del ritorno di Marquez e senza dimenticare Alex Rins, con l’altra Suzuki. L’Italia avrà nello stesso team Rossi e Franco Morbidelli, oltre a Pecco Bagnaia in Ducati. La nuova generazione comincia ad intravedersi, tre Enea Bastianini, Luca Marini (fratello minore di Valentino Rossi), Celestino Vietti e Tony Arbolino.