Classe 1983, l'artista si è raccontato al Fattoquotidiano.it dopo la pubblicazione del suo ultimo disco: ha inciso per Brilliant Classics tutte le Sonate di Anton Eberl musicista viennese oggi pressoché sconosciuto ma artista di successo ai tempi di Mozart e Beethoven. "Perché il trasferimento in Germania? Per trovare lavoro. Offre di più a un libero professionista"
Ha 37 anni ed è uno dei talenti “di casa nostra” emigrati in altri Paesi. All’estero, dice al Fattoquotidiano.it, soprattutto in Germania dove lavora, “un libero professionista della musica”, come lui, ha più chance di trovare lavoro. Nato a Como nel 1983 Luca Quintavalle è un giovane e acclamato clavicembalista. Nonostante la fuga oltralpe, però, la sua formazione è tutta italiana, con studi sia in clavicembalo che in pianoforte. Per Brilliant Classics (2 Cd, numero di catalogo 95929) ha inciso di recente tutte le Sonate di Anton Eberl (1765-1807) , musicista viennese oggi pressoché sconosciuto ma artista di successo ai tempi di Mozart e Beethoven, e sicuramente “da riscoprire”. L’esecuzione è con uno strumento particolare, il “fortepiano” e cioè, di fatto, il pianoforte in uso tra fine Settecento e inizio Ottocento, più piccolo di quello moderno, un po’ asprigno nel suono, ma anche capace di morbidezze inaudite.
Luca Quintavalle, perché è emigrato in Germania?
Per trovare lavoro: la Germania offre di più al concertista libero professionista; soprattutto nella musica antica e contemporanea.
C’è differenza tra il pubblico italiano e quello tedesco?
Per i tedeschi il concerto è un avvenimento culturale-sociale scontato, per gli italiani è soprattutto un evento. L’esecuzione musicale in Germania è più capillarmente diffusa: città, piccoli centri, teatri, chiese. Non è raro che l’organista sia stipendiato dalla chiesa: in Italia ciò è inconcepibile.
Perché ha inciso le Sonate di Eberl?
Volevo mettermi alla prova come ‘fortepianista’. Ho proposto alla casa discografica un autore poco noto, ma tutt’altro che debole. Mi affascinano i compositori ‘di cerniera’. Eberl è potente nel messaggio ed esalta la bravura tecnica dell’esecutore.
Ci dica i caratteri salienti…
Un po’ più giovane di Mozart, è un classico con ombreggiature Sturm und Drang e atteggiamenti quasi beethoveniani. L’afflato romantico, le ambientazioni armoniche visionarie fanno presagire perfino Schubert.
Queste musiche servono alla didattica?
Sì, un autore poco noto può spingere ad un approccio interpretativo non condizionato dalla tradizione. Con le Sonate di Eberl, più che con altre, gli studenti possono esercitarsi nell’ornamentazione dei tempi lenti.
Eberl ebbe vita breve e intensa, poi scomparve dall’orizzonte musicale…
Visse a Vienna, fu invitato a Pietroburgo, tornò in patria. Fu osannato dalla critica, apprezzato da Haydn, Cherubini, Mozart: nel 1805 la sua Sinfonia op. 33 fu giudicata migliore dell’Eroica di Beethoven… Forse, dopo la morte, proprio la strabordante grandezza di Beethoven contribuì al suo offuscamento.
Ingiustamente dimenticato?…
Non voglio ribaltare il giudizio storico (ride). Mi piace mostrare che c’è stato anche lui nella Storia della musica. E che alcuni suoi pezzi sono belli da suonare in concerto anche oggi.
A proposito di oggi, che programmi ha?
Ho in corso un progetto discografico: musiche per clavicembalo scritte appositamente per me da compositori italiani contemporanei – Vacchi, Baboni Schilingi, Montalti, Capogrosso – assieme ad altre già composte, ma non incise, di Solbiati, Fedele, Morricone eccetera.
Un omaggio all’Italia?
In un certo senso sì… Ma anche al clavicembalo, che va valorizzato nella musica dei nostri giorni. Sono un clavicembalista, no?