Bisogna sempre ricordarsi che le qualificazioni - ma anche le amichevoli - sono la condizione per avere Mondiali ed Europei, a cui tutti teniamo. Per questo le soste vanno capite e difese. Certo, non ora, mandando calciatori in giro per l’Europa in piena pandemia. Ecco perché questa volta è stata un autogol
In una triste serata di novembre in semi-lockdown, mercoledì scorso oltre quattro milioni di italiani hanno assistito alla mirabolante vittoria della nazionale per 4-0 contro l’Estonia: sono degli eroi. Ci è voluto coraggio per sorbirsi novanta minuti di un’amichevole che definire partita è un complimento, dove in campo non c’era l’Italia A o B ma quasi C. Non c’era neppure il ct Roberto Mancini (assente per Covid) ma il suo vice Evani, che ha schierato gente del calibro di Sirigu, Calabria, Gagliardini, Soriano, Grifo, Lasagna, Pellegri, una formazione che in Serie A veleggerebbe a fatica nella seconda metà della classifica, contro una squadra da Lega Pro. Che senso ha tutto questo? Se lo sono chiesti in tanti, anche fra quelli incollati davanti alla tv. Da due settimane in assenza della Serie A non si parla d’altro. Quanto è inutile quest’assurda pausa delle nazionali, per giocare match di scarsa o nulla valenza calcistica, mandando calciatori in giro per l’Europa in piena pandemia. La risposta, forse, non è così scontata come sembra.
Certo, Italia-Estonia è un monumento all’inutilità della sosta del campionato. Un po’ meglio è andata con il match di domenica contro la Polonia, vinto 2-0 dagli Azzurri, anche se nemmeno la Nations League riesce a scrollarsi di dosso quell’aura di competizione un po’ finta. In questa finestra, però, c’erano anche gli spareggi di qualificazione a Euro 2021, che hanno visto la storica prima volta della Macedonia del Nord o il ritorno della Scozia a distanza di 25 anni. Partite vere, che meritavano di essere giocate.
L’equilibrio fra club e nazionali è precario (e infatti ogni occasione è buona per provare a spostare l’asticella da una parte o dell’altra). La sosta dei campionati potrà non far impazzire i tifosi, specie quando c’è poco o nulla in palio, ma bisogna sempre ricordarsi che le qualificazioni sono la condizione per avere Mondiali ed Europei, a cui tutti teniamo quanto o forse più che alla Champions. E che amichevoli e Nations League servono per raccogliere sponsor e diritti tv, le risorse che poi permettono di svolgere quei grandi tornei. È un pacchetto completo, non ci può essere uno senza l’altro. Per questo le soste vanno capite e difese, se non amate. Certo, non ora, non così.
Nello scontro fra padroni del pallone, il n.1 della Uefa Ceferin non è da meno quanto ad egoismo e così, dopo aver accettato l’estate scorsa lo slittamento degli Europei non ha voluto più fare concessioni, pretendendo di confermare in blocco la finestra e addirittura recuperare le partite saltate in precedenza. In questo momento specifico, con tutte le difficoltà legate al Covid e all’intasamento del calendario, una follia. Sarebbe stato molto più ragionevole pensare a una finestra ridotta, limitando gli spostamenti almeno alle gare ufficiali e tutelando i playoff.
Così invece la sosta è diventato un clamoroso autogol, l’assist migliore per quelli che vorrebbero uccidere le Nazionali. Non sono i tifosi, che devono sorbirsi la noia di Italia-Estonia e genuinamente si lamentano, senza troppi retropensieri. Sono i potenti club che si riuniscono nell’associazione che fa capo ad Andrea Agnelli, quelli che concepiscono il pallone come un redditizio gioco fra ricchi, in cui dovrebbero incontrarsi solo ricchi (magari nella famosa SuperLega), mentre le favole calcistiche come l’Atalanta in Champions sono un fastidio da evitare. E le Nazionali, semplicemente, una perdita di tempo da cancellare. Però in Macedonia quell’inutile giovedì di novembre un intero popolo, milioni di persone e non solo tifosi, se lo ricorderà per sempre. Andatelo a dire a loro che la sosta per le nazionali non serviva a nulla.