“Il dio dei piloti è nero. Grazie #lewishamilton“. Con questo tweet Corrado Formigli ha omaggiato Hamilton dopo una vittoria che lo consegna alla storia della F1. Una frase che però ha attirato moltissime critiche: “Che commento intelligente! Come se il colore della pelle influenzasse capacità, intelligenza, doti morali. Se Lei avesse pelle nera sarebbe più intelligente e corretto? Ne dubito fortemente!“, “Vorrebbe gentilmente spiegarci il suo concetto di razzismo? Perché qui ce n’è molto. Credo che questo tweet vada segnalato“, “Senza rendersene conto ha sparato una frase razzista discriminando sul colore della pelle che non c’entra nulla sull’abilita’ di un pilota di F1“, “Ma, il senso di questa affermazione?? Il dio dell’arte è bianco ( Leonardo, Michelangelo, Verdi, Dante, Mozart ecc ecc) ma a nessuno è venuto in mente sta cosa“. Questi sono solo alcuni dei commenti apparsi sotto il tweet, quasi tutti di questo tenore. E il giornalista ha risposto attraverso il suo profilo Facebook: “Ho scritto che il dio della F1 è nero. Non è soltanto una constatazione, è anche il riconoscimento tributato a un campione che ha gareggiato in questo mondiale inneggiando a Black Lives Matter, impresso sulla sua tuta e parte del suo furore agonistico. Lewis Hamilton non è solo un grandissimo pilota. È un attivista per i diritti della minoranza nera, uno che ha chiesto e ottenuto che la maggioranza dei piloti del circus si inginocchiassero in memoria di George Floyd assassinato dalla polizia di Minneapolis. Qualcuno dirà che è facile farlo quando guadagni 50 milioni di euro l’anno. Non è così. Proprio perché può permetterselo, la gran parte degli sportivi evita di esporsi e battersi per i diritti di chi non ha voce. Lewis Hamilton lo fa, ponendo la questione della razza all’attenzione del mondo degli appassionati di automobilismo sportivo. Lo fa in uno sport tradizionalmente bianco. Per rendersi conto di cosa sia stata la questione razziale nel motorsport, consiglio di guardare “Il Primo”, lo stupendo documentario su Willy T. Ribbs su Netflix. Il primo pilota nero a gareggiare a Indy mentre ancora sventolavano in tribuna le bandiere del Klu Klux Klan. Definire Hamilton il dio nero della F1 significa dunque riconoscere non solo un campione del volante ma anche un uomo che ha saputo e voluto schierarsi. E che lo faccia dall’alto dei suoi compensi milionari merita un applauso in più”.
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