Fresco vincitore del settimo titolo di campione del mondo di Formula 1, il pilota britannico ha eguagliato così il record di Schmacher ma, anche se è spesso stato accostato alla Ferrari, ha confessato che alla Rossa non è mai stato "davvero vicino"
“Da bambino sognavo che un giorno ce l’avrei fatta a correre. Ma quando guardavo i Gp in tv, restando esaltato da Schumacher, anche solo pensare di approdare in F1 era un obiettivo enorme. Aver conquistato tutti questi Mondiali ed essere nella posizione di continuare a vincere va oltre i miei sogni”. A dirlo è Lewis Hamilton, fresco vincitore del settimo titolo di campione del mondo di Formula 1 con la vittoria al Gran Premio di Turchia, eguagliando così la leggenda Michael Schumacher. “Quanto ho contribuito al dominio della Mercedes? Alla fine sono solo un ingranaggio. O meglio, sono il link che collega il lavoro di molte persone“, ha spiegato il pilota britannico in un’intervista a ‘La Gazzetta dello Sport’. “Mi piace pensare che il mio contributo sia stato più importante ancora quando non vincevamo, il mio primo anno in Mercedes. Faticavamo a stare nei primi dieci, c’era da combattere, ma amavo l’idea di poter far crescere il team. E quando credo in qualcosa e ho davanti una sfida, una vera battaglia con momenti duri da affrontare – ha sottolineato – mi ci dedico giorno e notte”.
“La nostra fame di vittorie? Non dipende da una sola persona, ma da un ambiente in cui ognuno spinge al massimo, vuol essere il migliore, far parte del successo. E tiriamo tutti dalla stessa parte, con la stessa passione”, ha continuato Hamilton che ha poi parlato del suo rapporto con Toto Wolff. Un rapporto unico “per il fattore umano, parliamo molto e profondamente. Gli uomini faticano a condividere i dolori e le questioni personali, ma noi abbiamo trovato un luogo in cui siamo completamente trasparenti uno con l’altro. Esiste una fiducia totale implicita, ed è la base di una unione che non è solo business ma famiglia e poi anche business, bilanciate in un modo straordinario”. Fra i suoi modelli Muhammad Ali’, Nelsfon Mandela, Serena Williams, “non solo perchè sono dei grandi della storia ma perchè sono del mio stesso colore. Li vedo e penso: ‘Hanno fatto qualcosa di grosso, posso riuscirci anch’io'”.
Il britannico da tempo conduce una battaglia contro il razzismo. “Non ho ancora trascinato l’intera F1 con me: sto sempre cercando di coinvolgere più persone, restano tanti quelli in silenzio. Ci vorrà del tempo per cambiare le opinioni di tutti, ma io posso contare su questa piattaforma mondiale dove corro ogni settimana o due”, ha dichiarato. “Non credevo mi seguisse così tanta gente e ne sono grato, perché interagiscono con me e hanno un grosso impatto sulla mia vita quotidiana. Tutti abbiamo un ruolo importante, ognuno di noi ha una voce, dobbiamo parlare e fare di più. Ci sono molti problemi nel mondo, posso smuovere le cose, portare consapevolezza e spero anche un cambiamento. Questo è il mio sogno: far parte della soluzione e non del problema. Perché per gran parte della mia vita sono stato parte del problema”.
Il pluricampione del mondo è spesso stato accostato alla Ferrari ma ha confessato che alla Rossa non è mai stato “davvero vicino. Abbiamo parlato in qualche occasione, ma non siamo andati oltre il capire che opzioni ci fossero sul tavolo, e non erano quelle giuste”. Infine una battuta sul futuro: “Sarò triste quando smetterò, mi mancherà. Spero sia un momento lontano. Per fortuna continuo a migliorare e vincere. E nel frattempo cerco di restare felice”.