Un fallimento per l’italiana Avio, l’ennesimo colpo alla politica spaziale del nostro Paese. C’è molto di più di una missione flop nel 17esimo lancio di Vega, il razzo dell’Agenzia spaziale europea realizzato in Italia e finito fuori rotta dopo pochi minuti dal decollo. Partito dalla base di Kourou, nella Guyana francese, doveva portare in orbita due satelliti: Seosat-Ingenio, progettato dalla Spagna per l’osservazione della Terra, e il francese Taranis per l’osservazione di fenomeni negli strati più alti dell’atmosfera. Otto minuti dopo l’inizio dell’operazione, però, il vettore ha deviato dalla traiettoria prevista. L’incidente, fa sapere l’azienda, è avvenuto “dopo il completamento nominale della propulsione del primo, secondo e terzo stadio e la prima accensione del motore del quarto stadio“. E non è nemmeno la prima volta che accade: già nel luglio 2019, dopo 14 lanci senza problemi, il razzo era precipitato dopo due minuti dal decollo a causa di “una grave anomalia”. Il titolo di Avio è subito crollato in borsa, perdendo a fine mattinata più del 16%. Un disastro che arriva in un momento delicatissimo per i rapporti di potere nell’ambiente dell’aerospazio: proprio oggi all’Esa si svolgeranno i colloqui per individuare il nuovo direttore generale dell’Agenzia. E l’Italia, che a causa di una candidatura debole è già fuori dai giochi nonostante sia il terzo Paese Ue per contributi al settore, rischia di perdere anche la sua leadership industriale.

I giochi di potere per l’Esa – Da mesi in tutta Europa è partita la corsa per strappare la guida della “Nasa europea”, che nel prossimo triennio potrà amministrare un budget record di 14,4 miliardi di euro in vista di missioni cruciali verso la Luna e Marte. Il mandato dell’attuale direttore generale, il tedesco Jan Worner, scadrà infatti a fine giugno 2021, per cui i 22 Stati membri che fanno parte dell’organizzazione hanno subito avviato le trattative per scegliere il successore. L’Italia era data per favorita: l’ultimo dg italiano è stato Antonio Rodotà, in carica dal 1997 al 2003, e i due principali competitor per peso economico e politico, cioè Francia e Germania, sono entrambi esclusi dalla partita in base agli attuali equilibri di potere nell’Unione. Angela Merkel arriva dal quinquennio di Worner, mentre la Francia ha appena ottenuto in Commissione Ue la delega allo spazio per Thierry Breton. Ma le ambizioni del nostro Paese sembrano già tramontate. A inizio ottobre il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, che in base alla riforma varata quando al suo posto c’era il leghista Giorgetti si occupa in prima persona della politica spaziale nazionale, ha annunciato che la candidata italiana al vertice dell’Esa sarebbe stata Simonetta Di Pippo. Una scienziata di tutto rispetto, su cui però pesa un precedente incarico già svolto all’Esa. Come se non bastasse, è emerso che l’ex presidente dell’Asi Roberto Battiston (fatto fuori dal governo M5s-Lega) ha presentato una candidatura autonoma, potendo ancora contare su una certa autorevolezza nell’ambiente. Il risultato è che i due si sono fatti concorrenza a vicenda, azzoppando definitivamente le possibilità dell’Italia che nel frattempo non sembra aver pensato ad alcun piano B.

Le ambizioni della Germania – I nomi che restano in piedi sono due: l’attuale ministro della Scienza in Spagna Pedro Duque, con un passato da astronauta e il supporto della Francia, e l’austriaco Josef Aschbacher, che attualmente dirige i Programmi di osservazione della Terra dell’Esa e può contare sul supporto della Germania. Sembrano ormai fuori dai giochi, invece, il norvegese Christian Hauglie-Hanssen e l’ex ministro dell’Economia in Lussemburgo Etienne Schneider. La situazione sembra in stallo, dal momento che il Paese guidato da Merkel per ora non vuole saperne di appoggiare il candidato spagnolo. Ma il fallimento del lancio di Vega avvenuto oggi rischia di sparigliare le carte. Nel mercato dei lanci spaziali di piccoli carichi, infatti, l’Italia finora è stata la regina incontrastata. Il razzo prodotto da Avio è il lanciatore satellitare dell’Esa, mentre le operazioni vengono gestite dalla francese Arianespace. I tedeschi praticamente non hanno voce in capitolo, anche se è da almeno un decennio che a Berlino si tenta di entrare in partita. Negli ultimi anni sono tre le startup nel settore dei microlauncher fondate in Germania: HyImpulse Technologies, Rocket Factory Augsburg e Isar Aerospace, destinatarie peraltro di un finanziamento di 1,5 milioni di euro proprio dall’Esa per supportarne lo sviluppo. Le intenzioni di Merkel sono state confermate durante il vertice di Siviglia avvenuto a fine 2019, quando gli Stati membri dell’Agenzia si sono riuniti per definire il prossimo triennio del programma spaziale europeo: con 3,294 miliardi la Germania è diventata il primo finanziatore, scalzando la Francia dal podio.

Cosa resta all’Italia – Cosa c’entra con la direzione dell’Esa? Ambienti dell’aerospazio fanno sapere che proprio sul tema dei vettori Francia e Germania potrebbero raggiungere un’intesa. In cambio del supporto a Pedro Duque, che tanto piace all’Eliseo, i tedeschi potrebbero ottenere l’appoggio di Macron per lo sviluppo di un vettore made in Berlin. Tutto a discapito dell’Italia, nonostante Palazzo Chigi abbia investito nell’Esa 2 miliardi e 288 milioni di euro, raddoppiando i fondi stanziati negli scorsi anni. La speranza è che il nostro Paese, forte di un peso economico-industriale nel settore che resta indiscutibile, riesca quantomeno a pareggiare i conti. Ad esempio strappando un altro direttorato, cioè la guida di uno degli ambiti di ricerca dell’organizzazione, in aggiunta al Centro europeo per la ricerca e la tecnologia spaziale – situato in Olanda – al cui vertice attualmente c’è Franco Ongaro. Una delle caselle che potrebbe liberarsi è quella dell’Esrin, il centro di Osservazione della Terra di Frascati. Ma solo se il suo attuale direttore, l’austriaco Josef Aschbacher, riuscisse a vincere la corsa alla guida dell’Esa. Una missione che appare sempre più in salita.

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