Brutte giornate al quartier generale francese di Amazon, il colosso statunitense dell’e-commerce. Nel paese si moltiplicano le iniziative di disturbo ai danni del gruppo. L’ultima in ordine di tempo è la petizione #NoëlSansAmazon, Natale senza Amazon, in cui i sottoscrittore invitano a non usare la piattaforma di Jeff Bezos per comprare i regali privilegiando invece i negozi locali. La lista dei firmatari è lunga, comprende personalità del mondo della cultura, politici, associazioni. Ci sono, tra gli altri, l’ex membro del partito di Macron Matthieu Orphelin, l’ex ministro dell’Ambiente Delphine Batho, la scrittrice Christine Orban, , i sindaci di Parigi, Grenoble e Poitiers, Anne Hidalgo , Eric Piolle e Léonore Moncond’huy, Greenpeace,France Nature Environnement.
Nel documento si esprimono forti preoccupazioni per le conseguenze fiscali, economiche, occupazionali ed ambientali del dilagare di Amazon. L’azienda replica ricordando di aver creato oltre 9mila posti di lavoro nel paese. Ma secondo il documento per ogni posto di lavoro creato da Amazon ne scompaiono almeno 2,6. Inoltre, si legge, Amazon sostiene di aiutare le piccole imprese locali favorendone le vendite ma le aziende francesi presenti sulla piattaforma sono appena il 4,7% del totale e il gruppo preleva una commissione del 15% su ogni vendita. E poi c’è la solita questione fiscale che non riguarda solo la Francia ma tutti i paesi dove opera il colosso.
In sostanza Amazon, come molte altre multinazionali, riesce, grazie ad operazioni infragruppo, a spostare gran parte dei suoi profitti nei paesi con tasse bassissime o inesistenti. Al contrario i costi vengono dirottati nei paesi dove è possibile ottenere i maggiori benefici fiscali. In questo modo la società è riuscita per anni a non pagare un solo dollaro di tasse negli Usa o a versare al fisco dei paesi europei pochi spiccioli. In Francia, sottolinea la petizione, il gruppo realizza ricavi per quasi 8 miliardi di euro ma riesce a pagare poco o nulla.
Nella petizione si chiedono anche interventi legislativi per limitare lo strapotere di Amazon, riprendendo i temi di un dibattito che va avanti da tempo in Francia e che coinvolge librai, editori, sindacati, politici e commercianti. Si chiedono norme che “pongano fine alle concorrenza sleale e all’ingiustizia fiscale”.
Come se non bastasse pochi giorni fa è scattata l’offensiva del gigante francese della grande distribuzione Intermarché che ha messo gratuitamente a disposizione la sua piattaforma di vendite on line alle piccole aziende colpite dalle chiusure dovute al lockdown. L’iniziativa è stata pubblicizzata con il titolo “Sorry Amazon”, sottolineando come il servizio di distribuzione gratis on line riguarderà inizialmente soprattutto le librerie locali per poi estendersi via via ad altri prodotti.
Durante i mesi primaverili i ricavi di Amazon sono cresciuti di circa il 40% anche grazie al boom dell’e-commerce favorito dalle chiusure degli esercizi tradizionali, e il valore di borsa della società nell’ultimo anno è quasi raddoppiato. L’Antitrust europeo ha da poco annunciato l’avvio di un’indagine per comportamenti concorrenziali scorretti dell’azienda di Jeff Bezos. In sostanza il gruppo utilizzerebbe anche i dati delle vendite di soggetti terzi che utilizzano la sua piattaforma per favorire i propri prodotti.