Nel 2005 aveva perso tutte le partite del girone di qualificazione ai Mondiali (differenza reti -45), oggi si gioca l'accesso alla Lega B di Nations League ed è la Nazionale numero 95 al mondo. Una crescita dovuta agli investimenti nell'Accademia, ma soprattutto ai figli di immigrati che hanno "importato" la cultura calcistica in un Paese da 600mila abitanti
C’è una partita che si gioca su due campi diversi. In contemporanea. Perché mentre il Lussemburgo ospita l’Azerbaigian allo Josy Barthel, il piccolo stadio dedicato all’unico atleta del Granducato che è stato capace di vincere una medaglia olimpica, a millesettecento chilometri a sud-est il Montenegro riceve a domicilio Cipro. Una sfida a distanza fra le due padrone di casa che non mette solo in palio il primo posto nel Gruppo 1 della Lega C e la conseguente possibilità di salire di un gradino nel complicatissimo meccanismo della Nations League, ma che può soprattutto misurare l’ampiezza di una crescita tanto lenta quanto costante. Un percorso iniziato quindici anni fa e che ha portato il Lussemburgo a staccarsi una volta per tutte l’etichetta di peggior Nazionale d’Europa. Un titolo che aveva conquistato nel settembre del 2005, quando la selezione biancorossa aveva terminato un girone di qualificazione ai Mondiali tedeschi piuttosto umiliante. In 12 partite il Lussemburgo aveva racimolato soltanto sconfitte. Non poi una grande novità, se non fosse per un dato. Quello della differenza reti, inchiodata a un malinconico -43. Nessuno, nel Vecchio Continente, era riuscito a fare peggio. Un disastro sportivo che aveva confinato la piccola selezione alla posizione 195 (su 208) del ranking mondiale Fifa.
E visto che fare di peggio era obiettivamente complicato, per il Granducato è iniziato un percorso di relativa ascesa, culminato con le due partecipazioni consecutive del Dudelange all’Europa League (nel 2018/2019, quando riuscì addirittura a battere il Cluj nei preliminari, e nel 2019/2020). Senza dimenticare la promozione dalla Lega D alla C della Nations League che stasera, in caso di un successo del Granducato e di una sconfitta del Montenegro, potrebbe trasformarsi addirittura in un doppio salto. Per capire con precisione le proporzioni della crescita del Granducato si può ricorrere un’altra volta al ranking Fifa. In 15 anni, infatti, il Lussemburgo ha scalato ben 100 posizioni, attestandosi al novantacinquesimo posto. Un’impresa in miniatura che ora fa sognare un Paese di 600mila abitanti (meno della sola Palermo), convinto di poter diventare la nuova cenerentola del calcio europeo.
L’anno zero del calcio lussemburghese è stato il 2000. Allora la Federazione si era trovata a fronteggiare una situazione piuttosto desolante. Perché nessuna squadra del Granducato poteva vantare lo status di club professionistico. Così la Federcalcio ha deciso di investire nell’Accademia, un luogo far crescere i migliori prospetti nazionali in modo da poterli affiancare ai pochi calciatori professionisti che giocavano all’estero. Due anni più tardi è stato costruito il Centro Tecnico di Mondercange, struttura che è stata alimentata dalle entrate (esigue) dei biglietti e da quelle sempre più importanti dei diritti televisivi. E il piano sembra aver dato i suoi frutti. Almeno nel lungo periodo.
La vera chiave della crescita del Lussemburgo, tuttavia, sembra essere un’altra. “Siamo una Paese multiculturale e una terra che accoglie gli immigrati – ha raccontato a Marca Joel Wolff, da 30 anni segretario generale della Federazione lussemburghese – Più o meno la metà dei nostri abitanti affonda le sue origini fuori dalle nostre frontiere e molti di loro fanno già parte della seconda o terza generazione familiare che risiede in Lussemburgo. Questa è stata la svolta per il nostro calcio, una grande opportunità”. Sì, perché i ‘nuovi’ cittadini del Granducato hanno travasato la loro cultura calcistica nel Paese di adozione. “Abbiamo una immigrazione consistente dal Portogallo, Capo Verde, dai paesi della ex Yugoslavia – ha aggiunto Wolff – i figli di tutti questi immigrati sono cresciuti con la loro grande cultura calcistica e noi ne stiamo approfittando”.
La situazione si è praticamente rovesciata. Se vent’anni fa erano appena 4 i calciatori lussemburghesi che riuscivano ad andare a giocare fuori dai confini nazionali, ora sono 5 quelli che giocano nella Division Nationale. Un cambio di prospettiva che ha trasformato anche il Lussemburgo in un Paese esportatore di calciatori. La crescita del movimento del Granducato ha trovato il suo apice nel 2017, quando la Nazionale riuscì a calare un poker di vittorie (contro Albania, Bielorussia, Bulgaria e Ungheria), superando il numero dei successi ottenuti nei quattro anni precedenti. Il risultato più clamoroso, però, arriva a settembre 2017, quando a Tolosa la Francia viene fermata sullo 0-0 dalla selezione del Lussemburgo in una gara valida per le qualificazioni a Russia 2018. Uno smacco che porterà L’Equipe a titolare: “Ora ci riderà dietro tutta l’Europa”. Tre anni dopo lo scenario è molto diverso. E la crescita del Lussemburgo non ha nessuna intenzione di arrestarsi. “Vogliamo essere la prossima Islanda o Macedonia del Nord e giocare un grande torneo internazionale”, ha spiegato Wolff a Marca. Un obiettivo che, stasera, potrebbe essere un po’ meno lontano.