Sul Corriere della Sera Marco Demarco scrive un utilissimo abecedario dell’insulto come cifra espressiva della politica ingiuriosa, nel disastroso tempo in cui – languendo le idee – resistono solo le contumelie. Demarco si chiede perché sia così facile insultarsi anziché confrontarsi ma sa che a questa sua domanda lui ha già risposto.

L’ingiuria, la volgarità, anzi la cafonaggine, ottengono in qualunque condizione gli effetti sperati. Da Sgarbi in poi gli ingiurianti sanno che il lessico greve li affranca da qualunque dovere di verità.

Esistono però gli insulti di prima e seconda categoria. Quelli cafonissimi, alla De Luca, e quelli soft, che spesso trasmigrano nell’enorme registro della malevolenza e dell’accidia e che però non fanno meno male dei primi alla coscienza civile, al discorso pubblico.

E invece sarebbe per noi ascoltatori un bel giorno se, per esempio, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista opponessero le loro idee, e non se stessi, in un confronto televisivo. Un bel ring senza contumelie, ma solo fatti, idee, proposte. E potremmo essere interessati a seguire Silvio Berlusconi ingaggiare un duello propositivo con Matteo Salvini, Giuseppe Conte con Nicola Zingaretti, Matteo Renzi con Carlo Calenda. E Giorgia Meloni con qualcuno di Forza Nuova, per farci capire cosa divide la patria dal fascio.

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