In questa pandemia cosa c’è di meglio che seguire 4 ore di dibattito in cui 30 oratori fanno dei superpipponi su piattaforma Rousseau e Gianroberto Casaleggio.

Nonostante questo, quello che è accaduto nel fine-settimana è un fatto politico importante perché il Movimento 5 Stelle è la prima forza in Parlamento. Nel 2018 ho avuto un exploit pazzesco alle Politiche raggiungendo il 33%, nelle successive votazioni europee e regionali non si è confermato anzi è addirittura naufragato alle ultime elezioni amministrative di settembre.

Il MoVimento 5 Stelle resta comunque una forza anti-sistema, o almeno non compromessa ancora con il sistema (rischio altissimo) e per questo la necessità di una verifica.

All’intera iniziativa do un voto 6. Il M5s è uno dei pochi partiti che si rimette in discussione ogni volta. C’è stata molto autocritica, un elemento narrativo classico in questo tipo di eventi è l’attivista che dall’ultima fila prende la parola e ne dice di tutti i colori ai dirigenti, è accaduto anche in questa kermesse ma andiamo con ordine. Ho dato un voto soprattutto alle loro doti comunicative (in politica la comunicazione vale almeno il 50%, ed è una regola che non ho scritto io). Premetto che da ognuno di loro comprerei una macchina usata, un orologio, una motosega, qualsiasi cosa.

Il primo a cui devo dare un voto è lui Vito Crimi che per otto mesi si è ritrovato catapultato in un ruolo che non è il suo, quello di capo, un reggente per caso senza evidenti doti comunicative. Voto 4.

Usa parole come “Stekolder Assessment”, innovativo, innovazione, innovativi, quelle parole da manager di una srl non da leader politico.

Il secondo, in ordine di apparizione su cui mi devo esprimere è il premier Giuseppe Conte: voto 3. Nelle sue parole quanto distacco, quanta ingratitudine, parla dei 5 Stelle come un partito qualsiasi e non come il partito che lo ha voluto per ben due volte premier di governo. Ho visto più trasporto emotivo in lui negli interventi a Confindustria. Durante il suo collegamento dice ”Beppe rimane la mente più giovane e curiosa del MoVimento 5 Stelle”. Parla come un presidente della Repubblica non del Consiglio, carica più alta a cui potrebbe davvero ambire.

Il primo intervento in ordine alfabetico dei 30 oratori è quello di Lucia Azzolina, la tanto criticata ministra della scuola, spreca 30 secondi solo per presentarsi – come se non la conoscessimo. Non me la sento di giudicarla e quindi la lascio senza voto. Sappiamo in che condizioni versa la scuola italiana e incaponirsi sulla riapertura delle scuole non è stata una mossa vincente: io avrei lavorato di più sulla formazione dei docenti per la didattica a distanza. Non basta proporre online quanto si fa in aula.

Paolo Bernini dice di sé che si è battuto per la legalizzazione della canapa. Ringrazia gli animalisti che lo hanno votato e vuole far sentire la loro voce. Intervento apprezzabile ma sappiamo tutti che non si vincono le elezioni con questi temi. La salute degli animali è importante, sia per chi ci vive insieme ma anche per chi se ne nutre. Voto 5.

La prima voce veramente critica arriva da Matteo Brambilla, il consigliere comunale di Napoli dice: “Non sono Stati generali ma Stati dei generali, escluse voci contro”, e al grido di #cambiaterotta si rivolge ai vertici del MoVimento 5 Stelle affinché riflettano sui loro errori e alla perdita di credibilità e consenso. Pensate che persino i giornali del gruppo Caltagirone gli ha dedicato un articolo, dovete sapere che le voci più critiche (da Pizzarotti in poi) vengono osannate dai mainstream media. Voto 6, però più proposte.

Stefano Buffagni con i suoi capelli può dire davvero tutto (come del resto già fa nei suoi memorabili collegamenti al Tg1), apprezzabile il suo intervento su nomine e meriti ma voto zero su l’inconsistente richiamo a giovani e donne. Voto 5: governista.

Alessandro Caramiello, altra voce dal basso ma parla come un democristiano. Bella la collegialità ma per vincere le elezioni ci vuole un leader vero. E’ così che funziona la politica da duemila anni a questa parte. Voto 2

Gianluca Corrado parte in anticipo e nei suoi 5 minuti recita il solito mantra, anche se dal look ricorda tantissimo Gianroberto Casaleggio. Voto 6: integralista.

Alessandro Di Battista, finalmente Dibba, intervento arrabbiato ma nemmeno poi così tanto. Non vede l’ora di rimettersi “in prima linea” ma detta le sue sei condizioni e la prima naturalmente è il ritiro alla concessione ai Benetton. Le altre sono: limitare il conflitto di interesse mediatico-finanziario, no alla deroga del doppio mandato, andare da soli alle prossime elezioni, una legge elettorale con le preferenze (non senza preferenze, come ha scritto Roberto Arditti su Huffington post, gli stessi che poi fanno le campagne contro le fake news), un comitato di garanzia senza membri del governo. Per tornare a vincere la sua energia la ritengo ancora necessaria, voto 7.

Luigi Di Maio, l’antagonista numero 1 di Dibba parla dopo il suo amico amico-rivale, rivendica totalmente i risultati del governo. Almeno a parole su nomine pubbliche, doppio mandato e revoca ai Benetton sembrano pensarla allo stesso modo. Senza voto.

Manlio Di Stefano cita il Buddha (da un fan di Putin è la prima cosa che ti aspetti). Voto 2.

Paolo Ferrara fa una bella metafora sportiva sugli allenamenti e la medaglia al petto. Consigliere comunale di Roma con un passato da sportivo dice che la medaglia la si conquista prima di tutto negli allenamenti poi la gara resta solo una formalità. Non ho ben capito a cosa si riferisse. Voto 4.

L’oratore numero 11 è Roberto Ferrara da Alghero che ribadisce i concetti fondativi ma ammette “abbiamo commesso degli errori”.

Roberto Fico se la prende con quegli “ipocriti del ritorno alle origini” e “le strategie acchiappalike”, con un leader come lui il M5S sarebbe davvero destinato a diventare una corrente del Partito Democratico, anzi peggio, un rigagnolo di Articolo Uno. Voto zero spaccato.

Barbara Floridia si iscrive con il suo intervento si dialoganti. Senza voto.

Luigi Gallo parla di una comunità di 11 milioni di persone ma per lui il tempo si è fermato al 2018. Invita ad uscire dal Movimento gli urlatori. Voto 2

Alessandra Gianotti, portavoce M5S del consiglio Municipio 9 di Milano, auspica un organo collegiale in cui si dia più voce agli esponenti locali e non solo i big. Si dice contraria ai finanziamenti pubblici, possibilità questa emersa dai tavoli di lavoro della due giorni. Senza voto.

Giulia Grillo quasi commossa ricorda Gianroberto Casaleggio e gli esordi al governo. Voto 4.

Dino Giarrusso fa un intervento senza fare nomi, si appella a tutto il MoVimento 5 Stelle, di cui sottolinea la chiave anti-sistema. Gli avrei dato un voto 7, ma ieri sera è stato citato da Report, speriamo non faccia la fine di Antonio Di Pietro.

Quello dei finanziamenti potrebbe aprire un altro pericoloso fronte per il M5S. Perché rinunciare ai legittimi finanziamenti pubblici e poi fare campagna elettorale con i soldi degli imprenditori?

Michele Gubitosa si perde in ringraziamenti e si schiera con i governisti e addita il “troppo senso di responsabilità” . Ragionamento contorto, voto 2.

Luigi Iovino ringrazia Casaleggio, Grillo, gli iscritti a Rousseau che lo hanno portato in Parlamento a 27 anni. Senza voto.

Antonella Laricchia dalla Puglia, un’altra voce critica su organizzazione e vertici ribadisce il no ai finanziamenti pubblici. Non sono ancora noti i voti ricevuti ma sicuramente sono da sommare a quelli della “mozione” Di Battista. Senza voto.

Elena Mazzoni ha imparato a memoria il suo intervento ribadisce il mantenimento del limite del doppio mandato. Senza voto.

Crescenzo Muto tra un tribuno e un tributario è il numero 23 a parlare tra gli oratori. Credo abbia avuto un collegamento 56K. Voto: sgranato.

Vincenzo Presutto parla di rivoluzione culturale che però, a me e a molti non risulta ci sia ancora stata nessuna rivoluzione per giunta culturale. Senza voto.

Andrea Quartini sgranato con un audio pessimo poi ci mette del suo e parla latino mi ricorda il Melandri di Amici Miei. Dalla Toscana con furore, sono quei personaggi che tengono in vita il legame con i territori. Voto 6

Paola Taverna senza voto. Con i capelli raccolti, senza accento romano, non mi piace più.

Angelo Tofalo, parlamentare al suo secondo mandato, dice di sé che va poco in TV ed è orgoglioso di aver restituito 260mila euro del suo stipendio e felice di passare il testimone a qualcun altro. Io non mi vanterei troppo di non andare in tv, purtroppo in Italia buona parte del consenso si costruisce ancora lì, altro che Rousseau e rete. Senza voto.

Danilo Toninelli vuole un unico portavoce nazionale. Giustissimo ma lui non sembra avere chance di riuscirci da ex ministro dei Trasporti ribadisce la revoca ai Benetton e dice “Avevamo ragione dall’inizio”. Voto 6.

Daniela Torto parla di temi: sanità, riforma del Titolo V più varie ed eventuali. Poi fa un richiamo al “lavoro di squadra” e alle necessarie riforme nell’organizzazione. Voto 2.

Antonio Trevisi traccia un “vasto programma”. Senza voto.

L’ultima a parlare (per via di un problema tecnico), ironia della sorte, la numero 30 tra gli oratori è l’ex ministro della Difesa, Elisabetta Trenta. Ha provato ad accendere un lanciafiamme, ma dopo 4 ore ero stanco e non mi sono accorto se è riuscita a dare fuoco a qualche reazione. Senza voto.

Inoltre voto zero spaccato a l’odioso stacchetto musicale stile sit-com tra un intervento e un altro degli oratori.

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