Entrata a far parte nel 2014 del gruppo “Cose belle d’Italia” come rappresentante dell’eccellenza italiana, oggi la Utet-Grandi Opere, la collana della casa editrice torinese dedicata a dizionari ed enciclopedie di pregio, è fallita (mentre continua l’attività di Utet-Libri).

Nata all’inizio dell’Ottocento dalla coraggiosa iniziativa del libraio e tipografo Giuseppe Pomba, quella che nel 1854 è diventata la Utet è sempre stata orientata a opere di ampio respiro culturale (e di grande impegno produttivo): già nel 1818 Pomba avvia la pubblicazione di una monumentale raccolta di classici latini annotati, la Collectio Latinorum Scriptorum cum notis (ultimata nel 1835), e a partire dal primo dopoguerra tra le Grandi Opere si contano imprese come il Grande dizionario enciclopedico fondato dallo storico Pietro Fedele (1933-1936) e il Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti diretto da Alberto Basso (1983-2005).

Ma soprattutto, all’interno della collana nascono imponenti imprese lessicografiche, dedicate a illustrare la storia e l’evoluzione della lingua italiana – come il Tommaseo-Bellini, il Dizionario della lingua italiana diretto dai due studiosi che uscì presso la casa editrice torinese già nel 1861-1874: dal Grande dizionario della lingua italiana diretto da Salvatore Battaglia (1961-2004), al Grande dizionario italiano dell’uso (1999-2007) di Tullio de Mauro, fino al Grande dizionario analogico della lingua italiana (2011) progettato da Raffaele Simone.

Questi dizionari sono strumenti indispensabili per chi di mestiere si occupa della lingua e della letteratura italiane, ma sono anche molto di più: una chiave d’accesso, disponibile a tutti, alla bellezza e alla straordinaria varietà del nostro patrimonio linguistico, al fondamento della nostra identità culturale e nazionale. E forse è soprattutto così, come grandi opere per tutti, che li avrebbe pensati Giuseppe Pomba, che nel 1828, quando ancora doveva concludersi un progetto “d’élite” come la Collectio di classici latini, dava il via a quella Biblioteca popolare che è stata la sua impresa più ambiziosa: una collezione “economica” dei grandi autori della letteratura italiana, da Dante a Tasso a Metastasio, rivolta a chiunque avesse voglia di leggere e di imparare, nella speranza che “colla scorta di perfetti modelli vieppiù si desti nella gioventù italiana il desiderio di studiare la nostra bella lingua”.

Oggi strumenti così preziosi come il Tommaseo e il Battaglia sono stati resi disponibili in formato digitale grazie a collaborazioni promosse dall’Accademia della Crusca: progetti benemeriti, che consentono un accesso insieme immediato e “critico”, attraverso le opzioni di interrogazione delle voci, del patrimonio raccolto in queste opere. Certo, l’informatizzazione della cultura ha giocato un ruolo non secondario nel processo che ha portato al fallimento della Utet-Grandi Opere: imprese lessicografiche come il Vocabolario del fiorentino contemporaneo, progettato nel 1994 da Giovanni Nencioni come “finestra” sull’uso vivo del fiorentino, oppure come il Vocabolario dantesco, che mira a illustrare il lessico di Dante in rapporto alla lingua del suo tempo e alla nostra, nascono direttamente come risorse informatiche, proprio per essere liberamente accessibili a chiunque sia spinto dalla curiosità per la bellezza dell’italiano.

Ma la notizia del fallimento delle Grandi Opere addolora tanto più perché arriva proprio nel momento in cui finalmente inizia a concretizzarsi il progetto del “Museo della lingua italiana”, promosso dalla Crusca: un museo un po’ diverso dal solito, con un allestimento all’avanguardia che permetterà ai visitatori di fare esperienza della storia e delle varietà della nostra lingua – uno straordinario omaggio a tutte quelle “cose belle” dell’italiano che le Grandi Opere si sono, nel tempo, incaricate di raccogliere e preservare per tutti noi.

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