Alleanze scoppiate e amicizie finite, grandi manovre e trame segrete. Le elezioni per la Figc si avvicinano ed il pallone italiano è nel caos. Pare che nell’ultimo consiglio federale, Gabriele Gravina, presidente uscente che anela alla difficile riconferma contro il suo vice Cosimo Sibilia, si sia sfogato: “Basta, non vedo l’ora di votare, almeno la finiamo con questo stillicidio”. Non dev’essere così convinto, se è vero che lo stesso Gravina ha firmato una lettera a Coni e Ministero dello Sport, ed esprime tutte le sue “perplessità” sulla possibilità di svolgere l’assemblea in tempi di pandemia. Sembra quasi che, con la scusa del Covid, la FederCalcio non voglia più votare. Peccato che il governo abbia già detto il contrario e che siano andate alle urne senza troppi patemi circa venti Federazioni, anche grandi e importanti, con numeri vicini a quelli del calcio, come nuoto, tennis o da ultimo il basket di Petrucci.

Palazzo Chigi infatti è stato chiaro: al Coni che aveva chiesto di estendere la finestra elettorale a tutto il 2021, in modo da poter votare sia prima che dopo i Giochi di Tokyo, Spadafora aveva risposto che le elezioni si possono e si devono tenere entro i termini previsti dalla legge. Parere per altro recentemente ribadito dopo gli ultimi dpcm. Quindi Coni alle urne entro il 30 giugno, e a cascata Federazioni entro il 15 marzo. Questa è proprio la data indicata da Gravina per il pallone, prendendosi tutto il tempo concesso. Una tempistica, tra l’altro, che gli ha permesso di auto-proporsi per un posto nell’esecutivo Uefa, poltrona che vale 150mila euro (lordi) l’anno di stipendio.

Adesso, forse, nemmeno il 15 marzo va più bene. Nel documento la Figc contesta l’equiparazione fatta dall’ufficio per lo Sport fra le assemblee elettive e le riunioni, che permette lo spostamento per “esigenze lavorative”. Sottolinea i grandi numeri del movimento, citando le 207 sezioni dell’Associazione italiana arbitri (non a caso anche il n.1 dei fischietti Marcello Nicchi da qualche giorno ha cominciato ad accampare presunte difficoltà a rinnovare gli organi) o le 1.300 società del Comitato Lombardia della Lega Dilettanti (curiosità: è lo stesso comitato dove vorrebbe ricandidarsi Tavecchio). Conclude evidenziando diverse “criticità”, una su tutte: la difficoltà a individuare locali adeguati, dove rispettare il distanziamento, “perché i proprietari non li mettono a disposizione”. Insomma, nessuno vuole più affittare un hotel alla Figc.

Gravina non lo dice apertamente ma mette le mani avanti: la FederCalcio “potrà incontrare difficoltà nello svolgimento delle assemblee” e invita a “verificare il quadro normativo”. Una mossa per avvisare le istituzioni, sperando magari in un loro intervento, una piccola deroga. Ma in questo non è solo: sono diversi i presidenti in difficoltà che sperano di rinviare il voto con la motivazione del Covid. Una lettera simile l’ha scritta anche il n.1 del ciclismo, Renato Di Rocco, indirizzata addirittura al ministro della Salute Speranza e a quello dell’interno Lamorgese, oltre che al Coni. “Non vorremmo – dice – che a creare forte pericolo o elementi di contagio fossero proprio i dirigenti e gli aventi diritto a voto obbligati a muoversi e riunirsi per ottemperare all’obbligo della presenza nelle assemblee”. Si è già detto degli arbitri di Nicchi, che ora potrebbe veder finire il suo dominio decennale. Nel tennis tavolo il presidente Di Napoli dopo aver rinviato le elezioni a marzo vorrebbe addirittura rifare le candidature. A tanti, forse, le urne fanno paura più del Covid. Ma se non voti, non puoi perdere: il ragionamento non fa una piega.

Twitter: @lVendemiale

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