A neanche 24 ore dall’avvertimento del ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia, che ha chiesto alle Regioni di non lanciarsi “nella corsa a chi esce prima” dalla zona rossa o arancione, il governatore Attilio Fontana rivendica il rallentamento del curva in Lombardia. “Il nostro Rt è sceso in maniera sostanziale, tanto che in base ai numeri noi rientreremmo oggi in una zona arancione“, ha dichiarato a Mattino 5. “Diciamo che siamo arrivati in cima al plateau, a questa sorta di montagna, adesso siamo in una fase in cui camminiamo in pianura e presto inizierà la discesa”. Parole che non sono affatto piaciute al sindaco dem di Varese, Davide Galimberti, alle prese con un tasso dei contagi nella sua provincia ancora altissimo: “Nessuno chieda di allentare le misure“, ha scritto su Facebook. Ma nei territori meno colpiti il pressing è già iniziato. Anche il governatore Alberto Cirio sostiene che “da venerdì scorso il Piemonte è potenzialmente in zona arancione”. “Se al 30 di novembre avremo mantenuto questi dati – dice a Buongiorno, su SkyTg24 – potremo uscire dalla zona rossa“. Entrambi non sembrano voler cambiare colore prima del tempo, ma pensano già al Natale e insistono sugli effetti delle restrizioni nei rispettivi territori per chiedere al governo di “rivedere il meccanismo dei 21 parametri“.

Numeri alla mano, risulta che ieri solo in Lombardia sono stati accertati altri 8.448 casi a fronte di 38.283 tamponi, con un tasso di positività (sui casi testati, quindi escludendo i test di controllo) che resta altissimo (48,6%). Crescono anche i morti, arrivati a 202 in un solo giorno. I pazienti in terapia intensiva sono 894, mentre i malati ricoverati in reparti Covid hanno superato quota 8mila. I cittadini lombardi attualmente positivi al coronavirus sono 156.567. Su base settimanale c’è un rallentamento dei nuovi casi (passati da incrementi del 200% di metà ottobre alla prima frenata degli ultimi sette giorni), ma dopo aver superato i 10mila contagi quotidiani è probabile è che nel breve periodo gli ospedali continueranno a riempirsi. Nell’ultimo monitoraggio della cabina di regia, inoltre, quello che va dal 2 all’8 novembre, sono due le allerte segnalate per la Regione: la percentuale di tamponi positivi sui casi testati, la più alta dopo la provincia di Bolzano e in aumento rispetto alla settimana precedente, e i positivi per cui è stata effettuata “una regolare indagine epidemiologica“. Ebbene, in Lombardia è avvenuto nel 50,6% dei casi. Il valore ideale è il 100%.

C’è poi il tema delle province: il coronavirus non corre allo stesso modo sul territorio. Il maggior incremento di contagi ieri si è registrato a Milano (+2.356), di cui 902 casi solo in città, anche se la più colpita per accelerazione della curva resta Varese (+1.830). È per questo che il sindaco Galimberti è intervenuto per frenare eventuali fughe in avanti del governatore (che in passato è stato a sua volta primo cittadino della città). “La situazione in provincia non è facile. Siamo impegnati su mille fronti diversi. Il capoluogo sta tenendo duro per reggere ad una prova veramente difficile, con tanti contagi e purtroppo anche con molti decessi. Dobbiamo resistere e passare questo momento”, ha scritto. Poi si è rivolto alle istituzioni. “Per favore però nessuno chieda di allentare le misure, non a Varese, non ora. Ciascuno di noi conosce troppe persone che in maniera diversa stanno combattendo il virus. Resistiamo per uscirne prima possibile e in via definitiva, facendo tesoro di quanto abbiamo vissuto in queste settimane“.

In Piemonte, invece, ieri sono stati registrati 2.606 nuovi casi e 73 morti. Qui l’indice di positività è più basso (24,64% sui casi testati) e l’incremento dei contagi su base settimanale è in rallentamento, ma resta altissimo il tasso di ospedalizzazione. Sono 5.150 i malati Covid ricoverati in ospedale, 384 quelli per cui è necessario ricorrere alla terapia intensiva. Secondo i dati di Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, in tutto il Piemonte i posti letto in rianimazione sono occupati al 61% da pazienti Covid, contro il 42% della media italiana. In area medica, invece, la percentuale sale al 92%, tra le più alte d’Italia. E questo è proprio uno degli indicatori su cui si basa l’inserimento di ciascuna Regione nelle diverse fasce di rischio. Tra le allerte segnalate dalla cabina di regia per il Piemonte c’è il tempo che intercorre tra la data di inizio dei sintomi da Sars-Cov2 e la diagnosi: in Regione il valore mediano è di 9 giorni, il più alto in assoluto.

Un tema, quello dei 21 parametri, su cui i governatori sono tornati a polemizzare, chiedendo al governo di ridurre i parametri da 21 a 5 per renderli “più comprensibili ai cittadini”. A partire dall’indice Rt, che invece secondo l’Iss resta “affidabile” per combattere la pandemia. “L’Rt che ci aveva messo in zona rossa era a 2.16 e oggi è 1.37, il livello di aumento quotidiano dei ricoverati è passato da 215 a 60 e soprattutto la pressione sui pronto soccorso è diminuita negli ultimi 15 giorni di un terzo. Sono dati oggettivi”, tuona Cirio. Fontana punta invece il dito contro l’indicatore del tracciamento dei positivi, proprio uno di quelli che è costato la zona rossa alla Lombardia: “Nel momento in cui si superano certi numeri è praticamente impossibile“. Stando alle sue parole, quindi, i tecnici del ministero non dovrebbero più tenerne conto quando il virus diventa incontrollabile.

“L’altro aspetto che noi riteniamo fondamentale – ha aggiunto Fontana – è che non si debba guardare ai dati di 15 giorni fa ma si deve fare una previsione di quelli che verranno in futuro”. Il governatore poi ostenta ottimismo, sottolinenando che “questi miglioramenti non sono determinati dal lockdown dello Stato, perché gli effetti di una misura si vedono dopo almeno 15 giorni. Adesso stiamo vivendo i risultati che derivano all’ordinanza della Regione Lombardia del 22 ottobre“. In ogni caso, conclude, “è meglio avere un pò di cautela iniziale e cercare di metterci in sicurezza. Anche perché dobbiamo fare il Natale e dobbiamo farlo con una certa libertà“. Più cauto Cirio: “La mia paura è quella del Natale”, dice a SkyTg24. “Noi vogliamo vivere un Natale normale, ma, se immaginiamo di farlo come qualcuno ha vissuto le settimane dell’estate, a gennaio o febbraio ritorneremo in questa situazione e non possiamo permettercelo”.

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