I negozi di generi non alimentari sono tra i grandi perdenti dell’emergenza Covid. Nei primi nove mesi dell’anno hanno visto le vendite crollare del 13,5%, mentre gli alimentari aperti anche durante il lockdown registravano una crescita (+3,1%) e l’e-commerce prosperava, mettendo a segno un +29,2%. Sono i dati emersi durante l’audizione del direttore centrale Istat per gli studi e la valorizzazione tematica nell’area delle statistiche economiche Gian Paolo Oneto in commissione Attività Produttive della Camera. Il quadro si completa con le ripercussioni sull’occupazione: nel secondo trimestre gli occupati nel commercio sono diminuiti del 5,8%, con una flessione di circa 191mila unità rispetto all’anno precedente, un calo quasi doppio rispetto a quello osservato per il complesso dell’occupazione (pari al 3,6%). Gli indipendenti sono crollati del 9,3% e gli autonomi senza dipendenti del 12,7%. L’impatto più pesante, con una diminuzione dell’8,7%, ha riguardato la fascia di età tra i 35 e i 49 anni, mentre gli occupati ultracinquantenni, che rappresentano circa un terzo della manodopera del settore, sono calati di appena l’1,6%.
A partire dal mese di marzo, rileva l’Istat, “la dinamica delle vendite ha subito fluttuazioni di ampiezza mai registrata in precedenza, dovute alla chiusura di molte attività nei mesi del lockdown cui è poi seguita una fase di fisiologico recupero alla fine della primavera. L’indice totale destagionalizzato è caduto bruscamente in marzo e aprile, scendendo di circa il 30% nell’arco dei due mesi, per poi segnare un repentino rimbalzo e tornare a giugno a un livello di poco inferiore a quello dei primi mesi dell’anno; dopo un nuovo calo a luglio, il livello ha segnato un pieno recupero ad agosto e una lieve diminuzione a settembre quando è risultato comunque superiore dell’1,3% rispetto allo stesso mese del 2019″.
Tra le forme distributive solo il commercio elettronico presenta risultati positivi con una crescita continua che ha condotto ad un aumento del 29,2% nell’arco dei nove mesi. Un quadro che il premier Giuseppe Conte, pur senza citare i dati, ha commentato nel suo intervento all’assemblea della Fipe Confcommercio: “Penso che un’alterazione delle abitudini di vita dei cittadini potrebbe arrivare dal fatto che si sta facendo grande ricorso agli acquisti online: questo può ridefinire alcune filiere economiche. Dobbiamo mantenere in equilibrio il settore commerciale, altrimenti sarà difficile intervenire dopo”.
Solo la grande distribuzione è tornata a registrare variazioni tendenziali positive a partire dal mese di agosto. Tra gennaio e settembre, all’interno della grande distribuzione è in crescita il settore alimentare (+3,9%) grazie all’aumento delle vendite negli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, in particolare Discount (+6,6%) e supermercati (+5,3%). Ma questo aumento non riesce a controbilanciare l’andamento negativo per oltre il 15% del settore non alimentare. Sono gli esercizi specializzati e quelli non specializzati a prevalenza non alimentare a subire forti contrazioni, con cali rispettivamente del 19,9% e del 12,5%. Nel caso della grande distribuzione specializzata la tendenza resta negativa anche nei mesi più recenti, con una diminuzione del 4,6% a settembre.
Quanto alle tipologie di prodotti, sembrano aver risentito particolarmente il settore “Calzature, articoli in cuoio e da viaggi” e “Abbigliamento e pellicceria” (rispettivamente -24,7% e -24,5%), per i quali si erano registrati un livello di vendite minimo nei mesi di marzo e aprile e un recupero solo parziale nei mesi recenti: le variazioni tendenziali risultano ancora negative a settembre. Diminuzioni marcate anche per ‘Foto-ottica e pellicole, supporti magnetici, strumenti musicali (-18,2%), “Giochi, giocattoli, sport e campeggio (16,5%) e Cartoleria, libri, giornali e riviste (15,7%).
Per quanto riguarda l’andamento delle vendite al dettaglio per classe di addetti, nei primi nove mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019 si registra un calo per tutte le categorie dimensionali. La caduta è più marcata per le imprese fino a 5 addetti e quelle da 5 a 49 (rispettivamente dell’8,1% e del 7,7%) ma anche quelle con 50 addetti e oltre presentano una diminuzione (-4,6%).