In principio fu la manona gialla di Cippa Lippa che compila la schedina. Era il 18 novembre del 1990 e su Italia1 iniziava la rivoluzione del calcio in tv. Mai dire Gol esordì così: alle dieci di sera e per mezz’ora la Gialappa’s Band (Giorgio Gherarducci, Marco Santin e Carlo Taranto) assieme a Teo Teocoli/Peo Pericoli si misero a commentare diversi filmati di calcio giocato tra azioni fantozziane, lisciate pazzesche e gol sbagliati clamorosamente dai massimi protagonisti della serie A. La cronaca dell’epoca registra oltre un milione e mezzo di spettatori. Tanto che Mai dire Gol durerà fino al 2001. “Quella sera lì una delle cose più intoccabili, una delle barriere più inespugnabili della cultura italiana, cioè il gioco del calcio professionistico, finalmente poteva essere preso in giro”, racconta a ilfattoquotidiano.it Michele Mozzati, che in duo con Gino Vignali è stato “formica che nel suo piccolo s’incazza” e autore tra gli altri di Zelig e Su la testa!.
Che comicità facevano i Gialappi?
Era qualcosa di molto sofisticato: per certi aspetti era satira, per altri comicità pura. Diciamo che era una tradizione legata a Radio Popolare che avevamo aperto io e Gino con altre trasmissioni prima di loro. Questi tre disgraziati arrivarono a fare una tv di qualità giocando su quello che andava più di moda. Ebbero l’idea di non dare per scontato niente, ovvero qualsiasi cosa poteva diventare divertimento per la gente, perfino i grandi campioni del calcio.
Taranto, Santin, Gherarducci non sono proprio gocce d’acqua…
È un trio molto composito. C’è la trasgressione più cupa ma molto divertente del signor Carlo, quella più diretta e pop di Marco, e quella apparentemente, ma solo apparentemente, un po’ più intellettuale di Giorgio. Hanno smesso da pochissimo, ma per anni ci hanno sempre chiamati zii.
Un legame profondissimo…
Con Marco e Giorgio facciamo il Fantacalcio ininterrottamente da 30 anni, oltretutto assieme ai veri inventori del Fantacalcio italiano.
E chi vince?
Intanto Giorgio Gherarducci non vince mai… Io sono andato in B, che è poi arrivare ultimi, più volte.
Si racconta di grosse combine dietro le quinte…
La polemica nacque proprio nei primi anni novanta, quanto Mai dire Gol divenne popolare, perché pare che Gherarducci e Santin telefonassero negli spogliatoi per chiedere chi giocava per mettere in campo i giocatori giusti. Più volte abbiamo cercato di invalidare le loro vittorie, ma non abbiamo prove reali. Quando li incontravamo i giocatori negavano. Anche perché i Gialappa’s li ricattavano: se confessate vi sputtaniamo a Mai dire Gol”
Cosa la divertiva di più di Mai dire Gol?
Tutto. Erano dissacranti con i cazzoni da compatire, ma non era una roba alla Michele Serra. Io e Gino siamo sempre stati una via di mezzo tra Michele e i Gialappa. Loro hanno davvero segnato la comicità e la presa per il culo che arrivava direttamente alla gente. Basta guardare le analisi visive delle partite, gli svarioni grammaticali e sintassi. Poi ebbero la capacità di inventarsi personaggi straordinari che in parte condividemmo. Noi avevamo Zelig, il locale, e loro venivano a vedere gli sketch in viale Monza. Aldo, Giovanni e Giacomo o Antonio Albanese che noi avevamo utilizzato in altre trasmissioni, poi loro li portavano a Mai dire Gol. Avevano l’incoscienza e la sfrontatezza della generazione dopo la nostra, non si facevano troppe menate, noi siamo cresciuti con il politicamente corretto da rispettare. Loro no ed essendo ragazzi colti e intelligenti sapevano sempre dove andavano a parare.
Si creò poi una specie di Sindrome di Stoccolma: i calciatori facevano la fila per andare a Mai dire Gol…
Da un lato i calciatori erano permalosi, come tutti quelli che hanno avuto potere improvviso e sono diventate star; dall’altro rimangono dei ragazzotti. Così come andavano in discoteca gli faceva una grandissima libidine andare in tv, oltretutto presentandosi allo stesso pubblico che andava allo stadio a vederli. Mica andavano ad una trasmissione per massaie o a Domenica In. Loro volevano esserci e i Gialappa’s godevano a prenderli di più per il culo.
Gino e Michele hanno mai scritto qualche testo per i Gialappa’s?
No, semmai loro hanno scritto qualcosa per le nostre trasmissioni. Ad esempio le puntate di una sit-com nel 1991, che tra l’altro non va più in onda per motivi contrattuali non nostri ma di qualcuno dei protagonisti, intitolata Vicini di casa. I protagonisti erano Teo Teocoli, Silvio Orlando, Gene Gnocchi e Gabriella Golia. Era il grande scontro tra Nord e Sud, tra i fratelli con madri diverse Teo e Silvio. E poi i Gialappa’s fecero anche altro con noi.
Non ci risulta. Sveliamo l’arcano.
Io e Gino lavoravamo al Drive In e Antonio Ricci, che è un grande scopritore di talenti, ci chiese di contattare i Gialappa’s che lavoravano a Radio Popolare perché li voleva autori al Drive In. C’era anche Lorenzo Beccati, oggi a Striscia. Io e Gino eravamo molto autonomi e ci occupavamo di filmati politici da montare. I Gialappa’s anche loro arrivarono e portarono molta freschezza. Mentre per noi è stato l’inizio della televisione, per loro fu un mordi e fuggi.
Nel 1994 Teo Teocoli abbandonò Mai dire Gol: lei e Vignali scriveste una lettera per stigmatizzare le polemiche inventate dai giornali invitando i Gialappi a continuare…
Non me la ricordo nemmeno più. Con Teo e la Gialappa’s facevamo mille cose insieme. A Milano tra l’altro c’era un gruppo che si misurava alla fine delle trasmissioni andando in pizzeria, insomma cose semplici. Tavolate lunghissime con la Gialappa’s, io e Gino ma soprattutto Teo. Teocoli è una fucina di aneddoti comici. C’è una scuola a Milano fondata da Enzo Jannacci che si chiama La Tappezzeria, portata avanti anche da Cochi e Renato. Una scuola di comportamenti da pizzeria e chi la portava avanti raccontava cose che non si sapeva mai se fossero vere e false. Teo era campione in questo. Raccontava qualsiasi cazzata di vita, successa a lui o ad altri. Si passavano le ore. A volte si avvicinavano quelli dei tavoli vicini e nascevano degli spettacoli.
Ultimamente quando i Gialappa’s hanno portato in tv il loro ultimo programma, Mai dire Talk, hanno spiegato che oramai il web è diventato una tale fucina di comici che la tv serve sempre meno…
Siamo in un periodo di transizione. La comicità, e la satira in assoluto, hanno conosciuto sempre periodi di forza strepitosi e altri periodi più lenti. Questo è un momento di cauta attenzione a quello che sta succedendo. A parte me e Gino, che siamo due vecchi in pensione, credo che tutti gli autori in questi ultimi anni stiano cercando di capire dove può andare a parare il cambio di attenzione dalla tv al web. Comunque oggi è anche il momento in cui ognuno fa quel cazzo che vuole. Se uno ha culo, gli capita di azzeccare un personaggio che fa molto ridere sul web e diventa popolarissimo. Io sono però convinto che per durare a lungo ci voglia un buon gruppo di lavoro alle spalle.