L'ex premier ha dato mandato agli avvocati e twitta: "Credo talmente nella magistratura che ho deciso di agire in sede civile". Ecco cos'ha detto l'ex pm
Il senatore e leader di Italia Viva Matteo Renzi ha dato mandato ai propri avvocati di citare in giudizio Pier Camillo Davigo, ex componente del Csm e storico magistrato del pool di Mani pulite, per alcune frasi pronunciate a DiMartedì, il programma di Giovanni Floris su La7. “Credo talmente nella magistratura – ha scritto su Twitter l’ex premier – che ho deciso di agire in sede civile contro il dottor Davigo per le sue affermazioni a DiMartedì. Vedremo i suoi colleghi giudici cosa faranno davanti alle evidenti falsità delle affermazioni del dottor Davigo”.
Cos’è che Renzi contesta a Davigo? Di aver ricordato una vecchia vicenda tirata fuori dall’Espresso esattamente un anno fa. Domanda di Floris (in un dibattito in cui si parlava di garantismo o presunto tale): “Lei ha anche paragonato la vicenda che riguardava la casa di Renzi a quello che succedeva in Germania dicendo che il presidente tedesco si è dimesso per molto meno. Perché?”. Risposta di Davigo: “Certo, perché il presidente della Repubblica federale di Germania ha chiesto un prestito a un suo amico, come ha fatto Renzi. La differenza è che Renzi l’ha anche nominato nel consiglio di amministrazione della Cassa depositi e prestiti questo amico”. Floris chiede ancora: “Però, dottor Davigo, sa che prima era stato nominato poi è arrivata la casa. C’è uno sfasamento temporale, non c’è un collegamento”. Spiega ancora l’ex pm: “Ma io non ho mica detto che è un reato di corruzione. Dico solo che i funzionari pubblici non hanno solo il dovere di essere onesti, ma anche di apparire tali“.
In precedenza Floris aveva ricordato a Davigo che dopo Silvio Berlusconi il magistrato si era attirato anche le antipatie di Renzi che l’ha definito il “portabandiera dei giustizialisti”. L’ex giudice ha risposto così: “Ma intanto io mi sono chiesto se Renzi sa di cosa parla. Per esempio ha detto che io violo la costituzione, in particolare la presunzione di innocenza perché ho detto che ci vorrebbe cautela quando uno è raggiunto da indizi o prove di reati. Lui quando era presidente del Consiglio fece approvare una legge per il licenziamento immediato dei furbetti del cartellino, io mi aspettavo solo la cautela, lui il licenziamento in tronco senza giudizio. Poi sono io quello poco garantista. Mah”.
L’ufficio stampa di Renzi – che ha dato la notizia della querela – non ha spiegato quale elemento di questa frase sia passibile di querela. Quello che è possibile dire è che la ricostruzione dei fatti è quella spiegata da Davigo e Floris. A fine novembre 2019 sull’Espresso uscì la notizia di un’inchiesta sull’acquisto dell’abitazione fiorentina di Renzi, una villa del valore di 1,3 milioni di euro. Secondo quanto ricostruirono i giornali, nel giugno del 2018 Renzi avrebbe ricevuto per acquistare la casa un prestito da 700mila euro attraverso un bonifico eseguito dalla madre di Riccardo Maestrelli, imprenditore tra i finanziatori della fondazione Open e anche nominato da Renzi nella cda di Cassa depositi e prestiti tre anni prima. La somma è stata poi restituita, ma l’operazione sarebbe stata segnalata come “sospetta” dall’Unità antiriciclaggio, facendo scattare le indagini. All’epoca il senatore Renzi spiegò che “la vicenda di casa mia non c’entra niente con la fondazione Open. Ma non ho problemi ad essere trasparente su tutti i fatti miei. Ho comprato casa a Firenze per 1.300.000 euro e ho venduto la mia casa di Pontassieve per 830mila euro. Prima che si perfezionasse la vendita – in attesa di avere la disponibilità finanziaria – ho chiesto un prestito nel giugno 2018 a una conoscente, prestito che ho prontamente restituito nel novembre dello stesso anno”.
Secondo un successivo numero dell’Espresso l’ex premier restituì la cifra a Maestrelli con i guadagni del documentario Firenze secondo me: quasi mezzo milione di euro pagato dalla società di Lucio Presta, l’agente delle star, che lo ha prodotto con la sua società Arcobaleno Tre. “Bonifici – scrisse ancora l’Espresso all’epoca – che coprono per due terzi il prestito offerto dall’imprenditore Riccardo Maestrelli, nominato dal governo Renzi in una controllata di Cassa depositi e prestiti e grande finanziatore della fondazione Open. Il documentario, con l’ex premier che racconta la storia della città, è stato poi acquistato dal canale Discovery Italia che per metterlo in onda ha pagato meno di 20mila euro. Una somma, quindi, 22 volte inferiore a quella versata da Presta sui conti del senatore Renzi”.