Lo sciopero dei dipendenti pubblici, proclamato per il 9 dicembre dai sindacati insoddisfatti dei fondi stanziati in manovra per il rinnovo contrattuale, fa scattare la reazione del governo. Martedì la ministra Fabiana Dadone di era detta “attonita” per la scelta “esorbitante data la situazione del Paese”, con “le partite Iva in difficoltà” e “chi non ha un lavoro fisso in notevole difficoltà”. E sottolineando che per i rinnovi sono stati stanziati 3,8 miliardi ad hoc e “non è che si possano recuperare 10 anni di blocco contrattuale in un anno complesso e delicato come questo”. Mentre il premier Giuseppe Conte, intervenendo all’assemblea Fipe Confcommercio, non ha citato lo sciopero ma ha sottolineato: “Dobbiamo essere consapevoli che si stanno creando nuove diseguaglianze e che ci sono categorie che godono di una maggiore protezione, fasce sociali che riescono anche ad accumulare maggior risparmio rispetto al passato, pensiamo ai pubblici impiegati”, che “non devono spostarsi per andare a lavoro” e grazie allo smart working “risparmiano soldi e tempo“.
La manovra incrementa di 400 milioni, dal 2021, le risorse stanziate per il rinnovo, portandole a 1,8 miliardi l’anno prossimo e 2,17 nel 2022. In più stanzia 500 milioni per l’indennità di esclusiva della dirigenza medica e 335 milioni per indennità agli infermieri, prevede assunzioni in polizia e tra il personale Ata.
Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Uil Pa – che oggi parlano di “attacchi pretestuosi” – hanno proclamato lo sciopero dopo aver “preso atto dell’esito del confronto tra Governo e le Confederazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, in mancanza delle necessarie risorse per lavorare in sicurezza, per avviare una vasta programmazione occupazionale e di stabilizzazione del precariato e per il finanziamento dei rinnovi”. Per l’ultimo rinnovo arrivato nel 2018, ricordano, “le risorse del fondo previsto dal governo (85 euro medi), insieme all’indennità di vacanza contrattuale (20 euro), furono una prima risposta ad un blocco salariale imposto dal 2009″. Ma le indennità “sono ferme da oltre 10 anni, non si sbloccano le risorse per la contrattazione decentrata”. Insomma “dal Governo si ripropone una ricetta vecchia come il cucco e che ad oggi ha fallito: burocrazia difensiva, nessun cambiamento, provvedimenti di legge che bloccano qualsiasi dinamismo organizzativo”. La situazione nel paese, continuano, “desta forte preoccupazione e i lavoratori pubblici hanno agito con grande responsabilità: settore educativo, assistenti sociali, polizia locali, dipendenti degli enti che si occupano di previdenza e assistenza, medici, infermieri, tecnici, operatori sanitari e sociosanitari, lavoratori della sicurezza, a tutti questi lavoratori che sono parte del funzionamento meritano un rinnovo dignitoso”.
Per la ministra Dadone “qualcuno pensa di bloccare l’Italia e mettere a rischio la già fragile tenuta sociale. Ciascuno si assumerà le proprie responsabilità”. Critiche alla decisione di scioperare sono arrivate da Vincenzo Garruti, vice presidente M5s della commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama – “appare lunare l’atteggiamento dei sindacati, il rischio, serissimo, che corrono è quello di apparire davvero fuori dal mondo” – e da Italia viva: per Gianfranco Librandi “i sindacati italiani hanno purtroppo scelto di essere fuori dalla storia. In un momento drammatico per la vita nazionale, con milioni di lavoratori bloccati, aziende in crisi e il rischio di povertà che avanza, lo sciopero dei lavoratori più garantiti e tutelati è semplicemente irresponsabile”.
Il sindacato Ugl dal canto suo ritiene lo sciopero “inopportuno in questo momento di emergenza sanitaria ed economica” ma aggiunge che “i pubblici dipendenti, nonostante un vero e proprio accanimento nei loro confronti, hanno sempre dato il massimo nei comparti di appartenenza: Sanità, Scuola, Autonomie locali, Ministeri. Sarebbe ingiusto penalizzare anche oggi tali categorie del lavoro pubblico, le quali, insieme ad altre del lavoro privato, si trovano in prima linea nella lotta al Covid-19, sebbene con diverse modalità e diverse problematiche. Le istituzioni dovranno dare risposte tangibili e i lavoratori impiegati nella grande macchina dello Stato dovranno interpretare un ruolo determinante che non può essere più sottovalutato né dimenticato”.