Non è lontano il record di fine 2017 sopra i 20mila dollari. Cosa spinge la moneta digitale? Ancora speculazione e forse un rinnovato interesse di grossi investitori che vedono nel bitcoin un modo per diversificare gli investimenti e difendersi da una ipotetica ripresa dell'inflazione
Zitto zitto ,il bitcoin si avvicina al suo record storico. Ormai tutt’altro che un miraggio visto che la regina delle valute digitali ha ormai superato i 18mila dollari, per segnare un nuovo primato ne servono altri 2mila. Nel dicembre del 2017 era stata infatti superata la soglia dei 20mila dollari a pezzo. Pochi mesi dopo ne valeva meno di 10mila, a conferma della fortissima volatilità, e quindi rischiosità, di questo asset. L’ultima corsa è cominciata circa un mese fa. Lo scorso 18 ottobre la quotazione era ancora di 11mila e 500 dollari. Da allora, un incremento del 56%.
Difficile dire cosa ci sia dietro a questa nuova fiammata. Se sia molta speculazione, come accaduto in passato, o il fatto che la moneta digitale si stia parzialmente affermando come opzione per diversificare gli investimenti. Secondi alcuni osservatori rosicchiando qualche posizione all’oro, nei portafogli di grossi investitori. Quel che è certo è che per ora il bitcoin rimane un prodotto estremamente speculativo, in quest’ottica incapace di affermarsi come strumento di pagamento alternativo alla moneta tradizionale. Quello che era invece l’obiettivo primario dei suoi (o del suo) misteriosi creatori. Questo è anche il motivo per cui, tutto sommato, le autorità monetarie e i regolatori hanno sinora chiuso un occhio sull’universo delle monete digitali. La controprova è l’esperimento “libra”, di Facebook e altri pesi massimi del web e dei mercati finanziari. Quando la società di Mark Zuckerberg ha presentato il suo progetto di moneta virtuale è immediatamente partita la controffensiva dei veri detentori della sovranità monetaria.
Purtroppo l’altro grande utilizzo delle valute digitali rimane quello delle transazioni illegali che avvengono sul web. Innanzitutto il pagamento di “riscatti” per liberare sistemi informatici colpiti da virus.