"Sentivo il bisogno di dire alle persone che nella vita mi hanno amato e insegnato tanto, che gli volevo bene. Che sono parte di quello che sono". Tra le chiamate che il presidente del Centro studi internazionali ha fatto dall'ospedale Il Celio, convinto che fossero le ultime, anche quella al giornalista: "Non avrei mai fatto quello che ho fatto negli ultimi vent'anni senza questa trasmissione"
“Sapevo che stavo per morire“. “Gliel’avevano detto?”, chiede Bruno Vespa nella puntata del 18 novembre di Porta a Porta. “Non ce n’è stato bisogno” gli risponde il presidente del Centro studi internazionali, Andrea Margelletti, che continua “lo vedi da come ti senti, dalle reazioni che hai all’antivirale, dai valori che vanno già, dal fatto che sei meno reattivo“. “Lo vedi da come ti guarda tua moglie”. Il consigliere del ministro della Difesa, già cavaliere, racconta su Rai 1 i suoi 22 giorni “da sopravvissuto” nel reparto Covid del Celio, l’ospedale dell’esercito italiano a Roma. Giorni in cui Margelletti ha avuto coscienza del fatto che “i giochi erano fatti” e, spinto da questa consapevolezza, ha fatto delle telefonate di addio. Una pure allo stesso Vespa. “Sentivo il bisogno di dire alle persone che nella vita mi hanno amato e insegnato tanto, che gli volevo bene. Che sono parte di quello che sono”.
Dal momento che non poteva parlare, in realtà ha fatto delle videochiamate. “Avevo la maschera, ma ci siamo parlati con gli occhi. Ho chiamato spesso mia sorella, che era a Genova e che ha vissuto l’incubo di vedere ogni giorno il fratello morire”. Margelletti, finito anche il precoma glicemico, all’ospedale ha sempre avuto sua moglie affianco, anche lei positiva e sintomatica. “Il Covid è come il cancro”, continua Margelletti, “non ti fa vivere la malattia da solo, colpisce tutta la famiglia”. Tra le chiamate fatte alle persone che “hanno pesato umanamente” sulla sua vita, Margelletti ha deciso di chiamare anche Vespa per averlo accolto come ospite quando ancora “non era nessuno”. Il conduttore “lì per lì” ha ammesso di aver sottovalutato quella che doveva essere “una telefonata di addio“.